Gli autori del San Gallicano: «Non possiamo escludere che la paura di infezione da Sars-CoV-2 abbia ridotto i rapporti sessuali, ma anche che i pazienti abbiano rinviato le visite». Iss: «In generale, aumentate del 40% negli ultimi 27 anni»
L’emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus ha influenzato in modo significativo l’epidemiologia delle malattie a trasmissione sessuale (MST) e, in particolare, della sifilide. A dimostrarlo è un lavoro osservazionale appena pubblicato su Sexually Trasmitted Infections dal gruppo del Centro MST/HIV dell’Istituto San Gallicano (IRCCS) diretto da Alessandra Latini.
«Dall’inizio del lockdown – spiega Latini – abbiamo osservato una drastica riduzione delle diagnosi di infezioni a trasmissione sessuale, in particolare della sifilide». Il dato è in netto contrasto con il trend di aumento del numero di casi di sifilide registrato negli ultimi due anni, soprattutto nel periodo immediatamente precedente all’isolamento, e in particolare tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini e le persone che vivono con l’HIV. Aldo Morrone, direttore scientifico del San Gallicano sottolinea che: «I servizi di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive a trasmissione sessuale, rimangono sempre aperti, gratuiti e “in sicurezza”, per garantire la continuità assistenziale a questa tipologia di pazienti fragili».
Tra il 1° gennaio 2020 e il 9 marzo 2020, nel Centro di MST del San Gallicano sono stati diagnosticati 68 nuovi casi di sifilide, mentre nel primo trimestre del 2019 il numero di diagnosi di sifilide è stato di 25. Rispetto al primo trimestre dello scorso anno, nel primo trimestre 2020 le diagnosi di sifilide sono raddoppiate nelle persone che vivono con l’HIV, e addirittura quadruplicate tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini. «Si è trattato – evidenzia Alessandra Latini – di un risultato coerente con le tendenze epidemiologiche evidenziate dalla letteratura, che segnalavano un aumento dell’infezione negli ultimi anni».
«Tuttavia – sottolinea Antonio Cristaudo, direttore della Unità di Dermatologia Clinica – tutte le diagnosi relative al mese di marzo sono state effettuate prima del lockdown, e nessun caso è stato più osservato dopo il 9 marzo. È probabile che la paura di infezione da SARS-CoV-2 abbia ridotto i rapporti sessuali conducendo a un vero e proprio declino delle infezioni ad essi correlati». Non si può escludere, inoltre, che i pazienti abbiano rinviato le visite a causa dei timori legati all’accesso in ospedale durante la pandemia, e che sia anche questa la causa di diminuzione di diagnosi, come è accaduto per altre patologie. «È indispensabile – conclude Latini – incoraggiare i pazienti a cercare assistenza nei casi in cui sospettino una malattia a trasmissione sessuale. Il nostro Centro non ha mai sospeso le attività».
Prima dell’inizio del lockdown, le infezioni sessualmente trasmissibili seguivano un trend diverso. Sono infatti aumentate del 40% negli ultimi 27 anni (soprattutto dal 2000 al 2018) e rimangono in costante aumento soprattutto nella popolazione maschile, con alcune di queste che sono addirittura raddoppiate o triplicate. Lo dicono i dati appena aggiornati ed elaborati dal Centro Operativo AIDS (COA) dell’Iss.
L’impennata dei casi di infezione dal 2000 al 2018 riguarda soprattutto la Chlamydia trachomatis, con una percentuale del 30% più nel 2018 rispetto all’anno precedente. Casi che riguardano soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni che mostrano una prevalenza di infezione tripla rispetto ai soggetti di età superiore. In aumento anche la gonorrea, i cui casi di infezione sono raddoppiati negli ultimi tre anni.
I condilomi ano-genitali, triplicati rispetto al 2000, si sono invece stabilizzati negli ultimi quattro anni probabilmente grazie alla vaccinazione anti HPV. La sifilide è raddoppiata nel 2018 rispetto al 2000 negli uomini eterosessuali e nelle donne, mentre nei MSM (maschi che fanno sesso con maschi) si è assistito a un incremento di circa dieci volte. Sono in lieve aumento anche l’herpes genitale e altre IST.
La prevalenza di HIV appare in diminuzione dopo il picco del 2016. Ciononostante nel 2018, tra le persone con una IST confermata, la prevalenza di HIV è stata circa cinquantacinque volte più alta di quella stimata nella popolazione generale italiana. Questi risultati confermano come le persone con IST costituiscano una popolazione ad alto rischio per HIV e sottolineano l’urgenza di una proposta attiva del test HIV alle persone che afferiscono ai centri IST.
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