«Si è sprecata un’occasione, la tregua estiva doveva servire ad approntare sistemi robusti. Ora mi aspetto ulteriori aumenti»
La situazione epidemica italiana non è positiva. Intendiamoci, la metrica dei casi in Italia, parlando dei valori assoluti, potrebbe essere peggiore; e gli ospedali, ad oggi, anche se i casi stanno salendo, non sono sotto eccessiva pressione. La sensazione però è quella di “un’occasione perduta”: l’arrivo dell’autunno sembra averci trovati meno preparati di quel che avremmo voluto, e i dati danno l’impressione di una costante e spiacevole avanzata dell’epidemia. Un quadro che può essere meglio precisato e spiegato facendo ricorso ai numeri.
La soglia di riferimento è quella del 3%: per non destare eccessivi allarmi, il rapporto fra il numero di positivi accertati e il numero totale di tamponi effettuati dovrebbe dare come risultato 0,03; tre positivi accertati, dunque, ogni cento tamponi fatti. Le statistiche dimostrano invece che da qualche giorno l’Italia è stabile sul 4%. Un numero dunque eccessivo: ne ha parlato su Facebook Giorgio Sestili, fisico e apprezzato divulgatore di analisi statistiche diffuse dalla pagina “Coronavirus – Dati e analisi scientifiche”.
L’immagine scelta da Sestili è quella di una diga, di un argine che, si teme, potrebbe non tenere: se non possiamo avere il controllo del numero dei positivi accertati, che per sua natura è aleatorio, dobbiamo necessariamente avere il controllo del denominatore, ovvero il numero dei tamponi. E farne di più, molti di più.
«I numeri mostrano senza equivoci che i Paesi che hanno meglio contenuto la diffusione del virus sono stati quelli capaci di mantenere il rapporto tra casi positivi e persone testate al di sotto del 3%. Abbiamo di recente toccato il record dei tamponi fatti in Italia con 125mila prove», spiega Sestili a Sanità Informazione.
«Faccio presente che Paesi come Regno Unito, Germania, Spagna sono stabilmente al di sopra dei 200mila al giorno – aggiunge -. Dobbiamo testare molto, molto di più. C’è ancora troppa timidezza e ritardo riguardo all’uso dei tamponi rapidi, si pensa che diano dei falsi negativi, ma è necessario correre il rischio perché sono degli strumenti in grado di monitorare una larghissima fascia della popolazione in poco tempo. Questo migliorerà la nostra attività di screening e ci aiuterà, in caso serva, a ripetere il test sui soggetti che pensiamo essere falsi negativi».
«Non conta poi solo il numero di tamponi, qui c’è un più generale problema di organizzazione. Il numero dei casi accertati nelle scuole va tenuto sotto controllo – continua Sestili -. Serve un protocollo specifico e separato per le fasce giovanili che, giustamente, hanno una vita relazionale intensa e sono più a rischio. Serve potenziare il ricorso ai tamponi salivari, agli antigenici oltre a quelli molecolari».
Le prospettive però, ad oggi, non appaiono rosee: «Sono d’accordo con chi dice che non si è approfittato della tregua estiva per approntare dei sistemi robusti e che si sia sprecata un’occasione. Se non aggrediamo subito il problema dei tamponi effettuati mi aspetto che i contagi continuino a salire, che non ci sia una stabilizzazione. E potrebbe esserci anche un aumento molto repentino. È come una diga – chiude il fisico – Se un pezzetto viene compromesso. gli argini cedono e viene giù tutta insieme».
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