Dalle mutazioni del recettore ACE2 alle differenze nel sistema dell’antigene leucocitario umano, le ipotesi in campo
Covid-19 è una malattia estremamente selettiva. Non nel contagio: è ormai chiaro a tutti che anche persone giovani e sane possono essere vittima del Coronavirus. È altresì evidente che l’eventualità di sviluppare complicazioni ed il tasso di mortalità siano più alti negli anziani e in chi soffre di patologie preesistenti. Tuttavia, l’evoluzione della malattia può essere molto diversa nei giovani e nelle persone altrimenti sane. Un dato, questo, su cui gli studiosi iniziano ad interrogarsi: perché in alcune persone contagiate il virus non si manifesta affatto o al più causa una ‘banale’ influenza, e in altre invece la malattia si sviluppa sino a rendere necessario il ricovero in terapia intensiva e a portare, in alcuni casi, alla morte?
La risposta risiede probabilmente nei geni. Ed è quindi il DNA di migliaia di persone che ricercatori da tutto il mondo stanno raccogliendo e analizzando. Come evidenziato da Science, i risultati di questi studi serviranno ad identificare chi è più a rischio di sviluppare una malattia seria e chi al contrario è maggiormente protetto, ma potrebbero emergere dati interessanti anche per la ricerca di nuovi trattamenti.
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Ma quali sono i sospetti degli studiosi? Quali potrebbero essere le cause di sviluppi tanto diversi della malattia in persone giovani e sane? Per alcuni, come l’immunologo Philip Murphy del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, potrebbero essere le mutazioni del recettore ACE2, utilizzato dal coronavirus per entrare nelle cellule, a rendere l’ingresso del virus più o meno semplice.
Tra le altre ipotesi in campo, ci sono anche differenze nel sistema dell’antigene leucocitario umano, che influenza la risposta del sistema immunitario a virus e batteri. Inoltre, altri centri di ricerca come l’università di Stanford intendono approfondire un’analisi condotta da un team cinese per la quale le persone con gruppo sanguigno 0 sembrerebbero protette dal virus.
Quel che è certo, è che per poter portare avanti questi studi è necessario un numero consistente di geni da analizzare. Da qui, la richiesta di Andrea Ganna dell’Istituto finlandese di medicina molecolare ai responsabili delle biobanche di tutto il mondo di contribuire alla “COVID-19 Host Genetics Initiative”. I primi risultati delle ricerche, secondo Ganna, saranno disponibili tra un paio di mesi.
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