Colleoni (professore di Sociologia dell’ambiente e del territorio): «Le province più anziane non sono le più colpite»
Il Covid non è scomparso, ma è meno aggressivo, anche se in alcune regioni è ancora in aumento. Le zone con la popolazione più anziana non sono state travolte dal Covid come ipotizzabile, e le province di Imperia, Aosta, Trento, Pesaro Urbino hanno ampiamente superato il Veneto per numero di contagi. Queste sono le principali realtà emerse dai dati analizzati e tradotti in mappe dall’Osservatorio socio-territoriale Covid-19, unico nel suo genere, dell’Università di Milano Bicocca.
«Le misure di lockdown messe in campo dal Governo e dalle Regioni a partire dal mese di marzo – spiega Matteo Colleoni, professore di Sociologia dell’ambiente e del territorio e responsabile del progetto – sono state molto efficaci per contenere la propagazione del virus, per quanto, anche in questa seconda fase, i casi non siano scomparsi ed il rischio di contaminazione sia ancora presente. Come sostengono molti medici e virologi, però, la pericolosità del virus è diminuita. E lo possiamo osservare dal fatto che i contagi non si traducono in ricoveri in terapia intensive e di conseguenza in mortalità».
«Un secondo dato significativo emerso – aggiunge Colleoni – è che sono state colpite le province indipendentemente dalla distribuzione demografica. È evidente che una provincia con molte persone anziane è più esposta, perché gli anziani sono soggetti che possono avere delle altre patologie concatenate che in caso di virus portano ad una maggiore mortalità. Tuttavia, non sono state le province più anziane ad essere colpite, perché infatti sono state interessate maggiormente province lombarde che presentano una equa distribuzione di carattere socio-demografico. Sarebbe stato ben peggio se fossero state colpite a questi livelli province delle aree interne degli Appennini del centro-sud Italia».
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«Un terzo dato significativo – prosegue nella disamina il responsabile dell’Osservatorio – è la capacità di reazione dei territori. È stata molto importante la presenza di presidi sociosanitari diffusi. Infatti, nelle province con un maggior numero di posti letto distribuiti nei presidi sanitari si è avuta una maggiore capacità di reazione e quindi di cura delle persone».
Incrociando i dati quali densità, longevità della popolazione, distribuzione dei redditi e dei servizi sanitari con i numeri riguardanti contagio, morbilità e mortalità, per i ricercatori della Bicocca è stato possibile descrivere l’evoluzione del virus e misurare la capacità di risposta dei territori.
«La provincia di Cremona, che sapevamo essere tra le più colpite, ha visto negli ultimi tempi aumentare i casi, questo anche in relazione all’aumento dei tamponi. Ciò significa che la lettura dei numeri deve essere fatta con attenzione in termini comparativi. Quindi sappiamo, da questo punto di vista, che i dati più affidabili sono quelli relativi alla mortalità che oggi ci dicono essere in forte decrescita, per quanto ancora elevata nelle province lombarde. Alla luce di tutti i numeri incrociati possiamo dire che nei prossimi mesi ci sarà un calo della diffusione del virus, grazie anche alla capacità di relazione delle strutture socio-sanitarie e del territorio, e se dovesse riprendere in autunno come ipotizzato da più parti, saremo pronti per reagire con tutti gli strumenti utili, dai vaccini fino alle strutture ospedaliere».
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