Sono 19 le Regioni e le province autonome classificate a rischio moderato e due (Trento e Valle D’Aosta) a rischio basso
Sono 19 le Regioni e le province autonome classificate a rischio moderato e due (Trento e Valle D’Aosta) a rischio basso. È quanto si scopre dal nuovo report della Cabina di regia (ISS e Ministero della Salute) con i dati del monitoraggio relativo alla settimana 5-11 luglio. «La circolazione della variante Delta – si può leggere – è in aumento anche in Italia. Questa variante sta portando ad un aumento dei casi in altri paesi con alta copertura vaccinale, pertanto è opportuno realizzare un capillare tracciamento e sequenziamento dei casi». È prioritario inoltre raggiungere una «elevata copertura vaccinale ed il completamento dei cicli di vaccinazione in tutti gli eleggibili», con particolare riguardo alle «persone a rischio di malattia grave, nonché per ridurre la circolazione virale e l’eventuale recrudescenza di casi sintomatici sostenuta da varianti emergenti con maggiore trasmissibilità. Sulla base dei dati e delle previsioni Ecdc, della presenza di focolai causati dalla variante virale Delta in Italia e delle attuali coperture vaccinali, è opportuno mantenere elevata l’attenzione, così come applicare e rispettare le misure necessarie per evitare un aumento della circolazione virale», spiegano ancora gli esperti.
Nessuna Regione o provincia autonoma supera la soglia critica di occupazione dei posti letto in terapia intensiva o area medica. Il tasso di occupazione in terapia intensiva è 2%, con una diminuzione nel numero di persone ricoverate che passa da 187 (al 6 luglio) a 157 (al 13 luglio). Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale rimane al 2%. Il numero di persone ricoverate in queste aree passa da 1.271 (6 luglio) a 1.128 (13 luglio).
Il quadro generale della trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2 torna a peggiorare nel Paese con quasi tutte le Regioni e province autonome classificate a «rischio epidemico moderato». L’impatto della malattia Covid-19 sui servizi ospedalieri rimane minimo con tassi di occupazione in area medica e terapia intensiva ancora in lieve diminuzione.
«La trasmissibilità sui soli casi sintomatici aumenta rispetto alla settimana precedente, sebbene sotto la soglia epidemica, espressione di un aumento della circolazione virale principalmente in soggetti giovani e più frequentemente asintomatici».
«Aumenta il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (2.408 contro 1.539 la settimana precedente). La percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti scende ulteriormente (31% contro 32,6% la scorsa settimana). Aumenta la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (46,2% contro 40,3%). Infine, il 22,8% è stato diagnosticato attraverso attività di screening». Torna a salire anche l’incidenza dei casi Covid in Italia: «Aumenta l’incidenza settimanale a livello nazionale (14 per 100.000 abitanti (5-11 luglio) contro 9 per 100.000 abitanti (28 giugno – 4 luglio) dati flusso ISS. L’incidenza è ancora sotto il valore di 50 per 100.000 abitanti ogni 7 giorni in tutto il territorio». Prosegue però la campagna vaccinale e l’incidenza è attualmente ad un livello che potrebbe consentire il contenimento dei nuovi casi.
«Questa è una fase della campagna vaccinale in cui stiamo completando il ciclo, un passaggio estremamente positivo perché sappiamo che con la variante Delta i vaccini sono efficaci soprattutto con la seconda dose». Lo ha spiegato Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, durante la conferenza stampa sull’analisi dei dati del Monitoraggio regionale Covid-19 della Cabina di regia. «Abbiamo però – ha continuato – dei limiti che dobbiamo cercare di compensare nel più breve tempo possibile. Negli over 80 il 90% ha completato il ciclo vaccinale, ma più decresciamo con l’età e più la quota di chi ha completato il ciclo vaccinale si riduce. Ad esempio, nella fascia 60-69 anni solo il 57% ha completato vaccinazione».
«Non ho alcun pregiudizio nei confronti dell’obbligo vaccinale, ma è chiaro che è l’ultima ratio». Lo ha detto il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, durante la conferenza stampa, rispondendo a una domanda sul tema e sulla possibilità di ipotizzare forme di obbligo anche per altre categorie oltre ai sanitari, come per esempio i docenti.
L’introduzione dell’obbligo vaccinale, ha precisato Rezza, «non si fa dall’oggi al domani. Ci vogliono norme e leggi; ci vuole, oltre a una volontà politica condivisa, un’accettazione sociale. È un percorso abbastanza lungo». Per l’esperto «va fatto capire che il vaccino è un diritto anzitutto, prima che un dovere. Gli insegnanti è importante che si vaccinino come è importante che vengano vaccinate anche le commesse dei supermercati e coloro che stanno a contatto col pubblico. Ci sono tante categorie esposte e ci si può vaccinare a qualsiasi fascia d’età, una volta messa in sicurezza la parte dei più anziani, anche se rimangono quei 2,5 milioni di over 60 che ancora non si sono vaccinati».
Insomma, ha concluso Rezza, «bisogna far ricorso a questo strumento il prima possibile. Faccio appello alla responsabilità individuale sia per il vaccino che per le misure di distanziamento sociale, perché c’è diritto a non essere obbligati a fare qualcosa, ma anche un diritto a essere difesi nel momento in cui non si vuole essere contagiati da altri».
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