Nella sua “Regola da preservarsi in sanità ne’ tempi di suspetto di peste”, l’autore Marcantonio Ciappi provava a dare dei consigli in versi ai suoi concittadini: il lockdown, la quarantena, il coprifuoco e persino il “Green pass”
Ogni generazione crede di essere unica e di affrontare “il momento più difficile” della storia dell’umanità. È una caratteristica tutta umana quella di convincersi dell’unicità di sé stessi e del proprio tempo. Eppure la Storia, quella con la lettera maiuscola, ci insegna diversamente: ogni evento è già successo e succederà ancora molte volte dopo di noi. Questa è senz’altro la lezione più “rassicurante” quando pensiamo alla pandemia di Covid-19. Sapere che l’umanità ha affrontano e superato altre epidemie, malattie ancora più mortali e difficili di questa e con strumenti di inferiore efficacia, è un pensiero tranquillizzante mentre la si vive.
È normale dunque domandarsi come passavano il loro tempo, quali misure adottavano e quali invece no, coloro che hanno affrontato l’influenza spagnola, il vaiolo, la poliomelite e molto prima colera e peste. Ed è più che mai stupefacente scoprire quante somiglianze si riscontrano ancora oggi, dopo oltre 400 anni, tra i nostri comportamenti e i loro. Questo è il caso del curioso poema didascalico “Regola da preservarsi in sanità ne’ tempi di suspetto di peste” di Marcantonio Ciappi, scritto durante la terribile peste di fine 1500.
“Non si procuran più diporti o spassi,
né men fiere si veggono o mercati,
ma le guardie che veglian sempre a’ passi
et alle porte li custodi armati.
I nobil vedi che divengon tassi,
errando per deserti boschi e prati.
Una sol cura han tutti, una sol opra:
di fuggir quel flagel che li sta sopra”.
Così lo scrittore, che intendeva con la sua opera fornire una descrizione del periodo e dei pratici consigli ai suoi concittadini, descriveva l’Italia durante la peste. Senza più divertimenti, fiere o mercati, con i soldati che controllano gli ingressi delle città e le strade. Con i più ricchi che “diventano tassi”, dunque si spostano in campagna e nei boschi e un unico pensiero – non ammalarsi – che diventa quello di tutti. Somiglia molto all’Italia di marzo 2020 quella descritta, quando eravamo costretti in casa, gli spostamenti erano controllati e si sperava tutto finisse presto.
“Il forte armato anch’ei sente paura,
nessun chiede danari a’ debitori,
il ladro rende e più rubar non cura,
liti rifiutan li procuratori.
Non si dà a’ corpi morti sepoltura,
né si spende in far pompa ne’ mortori;
sta ogni huom con faccia lagrimosa e mesta,
né miseria è qua giù simile a questa”.
Anche chi è forte ha paura, anche le attività criminali si interrompono. Non si seppelliscono più i morti e non si fanno funerali, tutti sono tristi e non c’è una miseria più grande di questa, scrive Ciappi. Rivediamo le tante bare trasportate con carri militari, i volti stremati di medici e infermieri: Covid-19 non sembra così diverso dalla minaccia che costringeva i contemporanei dello scrittore nelle loro abitazioni.
“Spargi per casa ancor de l’acqua rosa
accompagnata con il forte aceto,
e non star sozzo, che sopr’ogni cosa
questo detesto, biasmo e te lo vieto.
Leggi quel che ti pare, in rima o ’n prosa,
non stare accidioso ma faceto,
fuggi presto, lontano, e torna tardi
se puoi, ma priega Iddio dal mal ti guardi”.
Ed ecco alcol e disinfettanti, citati nel poema: «Non stare sporco, te lo vieto», intima Ciappi al lettore. Oltre all’acqua “rosa” a noi familiare, si sparga anche il prezioso aceto in casa. Proprio quella casa dove tutti sono obbligati a rimanere, in “lockdown” anche allora, e lo scrittore li consiglia su come passare il tempo: leggere poesie o prosa, senza annoiarsi, uscire – se proprio si deve – al mattino presto e rientrare quando non c’è folla. Come faceva l’addetto alla spesa in famiglia durante la primavera 2020, mentre gli altri a casa s’ingegnavano davanti al computer tra corsi di fitness, letture e film.
“Se cura haver t’è forza d’un malato
schiva appressarti quanto può al suo letto,
bagnati spesso d’aceto rosato
et in camera sta polito e netto;
sta ben con Dio contrito e confessato
perché a periglio sei come t’ho detto,
e quanta maggior puoi habbiti cura
ché questo mal s’attacca anco a le mura”.
Cosa fare se c’è un contagiato in casa? Ciappi risponde senza esitare: non avvicinarti al suo letto, disinfettati spesso e abbi cura di te. La peste «si attacca anche alle mura di casa», dice. Sembra di sentire le istruzioni dei telegiornali per gestire un sospetto Covid in casa, separati dalla porta chiusa e aiutati dalle mascherine se si era costretti ad entrare in contatto. «Sii in pace con Dio», consiglia ancora lo scrittore, perché tutti siamo in pericolo.
“S’alcun venisse di luogo sospetto
entrar non lo lasciar, caccialo via,
ch’un sol che penetrasse e fosse infetto
saria bastante a metter la moria.
Né portar volsi in tal caso rispetto
a nessun, benché in grado e signoria;
e s’alcun pur volesse far contese
della tua autorità valti a sue spese”.
Se arrivasse poi qualcuno da un luogo “sospetto”, dice Ciappi, guai a lasciarlo entrare! Basta un solo contagiato per spargere il virus. La stessa regola vigente con le zone rosse, dunque: evitare di incontrare persone provenienti da luoghi più esposti al contagio, indipendentemente dal grado di amicizia e parentela. Ed è qui che la “Regola” così antica si fa spaventosamente attuale.
“Se t’occorresse mai di cavalcare
per mutar l’aria et con essa ’l paese,
questo consiglio san ti voglio dare:
che per la strada facci buone spese.
La sera procurar dei d’alloggiare
prima ch’in ciel sien le lampade accese;
habbi ’l tuo bollettin sempre apprestato
ché non ti scaccin poi com’appestato”.
Ciappi dice: «Se dovessi aver bisogno di viaggiare, fuori dalla città o dall’Italia, fai in modo di prendere alloggio per via prima che sia sera, tenendo il tuo “certificato” sempre a portata di mano, perché non ti scambino per un appestato». Si legge in queste poche righe sia un accenno al coprifuoco, quel rientrare “prima che le lampade siano accese”, che un sorprendente riferimento a quello che ricorda l’attuale Green pass. “Da tenere sempre vicino”, dice l’autore e, anche se parla di un certificato di buona salute in questo caso, non può che far sorridere pensando alle nostre autocertificazioni e alla certificazione verde che ora ci permette di tornare a una simil normalità.
Per il resto del poema Ciappi provvede a consigliare ai suoi lettori i cibi più indicati per mantenersi in forze durante un’epidemia e aiutare quel sistema immunitario che allora non aveva molte altre armi. Non resta che chiedersi come reagirebbe oggi il nostro autore di fronte alla consapevolezza dell’esistenza di un vaccino contro il virus che stiamo affrontando. Se allora ci fosse stato un antidoto così potente contro la peste sarebbe probabilmente finito in cima alla sua “Regola”. Invece il lockdown per gli italiani fu molto più serrato nel Cinquecento e durò ancora a lungo. La popolazione venne decimata e fu necessario attendere i tempi della natura per superare la disgrazia. Nel 2021 con soli due anni di pandemia i morti sono ancora tanti, ma abbiamo quattro vaccini e in tanti hanno ripreso abitudini che sembravano perdute. La Storia si ripete, ma l’umanità ha imparato a combattere.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato