La senatrice Michelina Lunesu, membro della Commissione Sanità, racconta come l’isola ha affrontato la pandemia: «Il blocco totale degli arrivi ha aiutato». Poi ricorda il caso virtuoso dell’Ogliastra: «In questa zona geni e vita salubre potrebbero aver aiutato». Ora l’obiettivo è salvare la stagione turistica: «Nelle nostre spiagge siamo già abituati al distanziamento»
L’insularità e l’isolamento naturale sicuramente le hanno giocato a favore. Ma anche in Sardegna la battaglia contro il coronavirus è stata dura. Oggi la regione guidata dal leghista Christian Solinas conta 1.324 contagi e 119 vittime, con un trend di nuovi casi sempre più prossimo allo zero. Ma anche nell’isola dei quattro mori ci si interroga su come organizzare la ripartenza evitando passi falsi che potrebbero costare caro. Ne abbiamo parlato con la senatrice della Lega Michelina Lunesu, subentrata nel giugno 2019 proprio al governatore sardo eletto alla guida dell’isola.
«Solinas ha chiuso immediatamente la possibilità di accedere sull’isola sia attraverso il mare che attraverso i voli aerei. Ha bloccato tutto e questo ha giocato un ruolo importante», sottolinea Lunesu.
Ma forse le misure restrittive non sono state l’unica arma dell’isola nella lotta al coronavirus. «In Sardegna abbiamo una zona che è l’Ogliastra che non è stata praticamente colpita dal virus – continua la senatrice -. È abitata da persone molto anziane ma c’è una certa attenzione verso di loro: vengono seguite da figli, nipoti, ecc. Voglio ricordare anche che l’Ogliastra è una delle cinque ‘blue zone’ del mondo perché c’è il maggior numero di persone longeve, centenarie. Non so se c’è una associazione tra le due cose, oppure se sia solo merito dello stile di vita: sono persone che vivono prevalentemente in campagna e fanno una vita sana, anche il clima è buono e l’aria è salubre. Tutto ciò può aver influito. Per quanto riguarda il resto della Sardegna tutti hanno osservato rigorosamente queste misure restrittive e piano piano si riaprirà».
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La riapertura è tema dibattuto in tutta Italia ma ancora di più nell’isola, dove si cerca di salvare la stagione turistica. «Sicuramente c’è la necessità di aumentare il numero dei tamponi – chiarisce Lunesu -. Abbiamo ascoltato diverse audizioni sul tema in Commissione Sanità. Il tampone è l’unico strumento certo che ci garantisce se siamo o no infetti. C’è ancora qualche piccolo dubbio sugli anticorpi: sappiamo benissimo che quando c’è una infezione l’organismo risponde con la produzione di anticorpi. Ma non si sa se questa quantità di anticorpi sia sufficiente a garantirci questa immunità a lungo. Attraverso l’utilizzo dei tamponi si può chiaramente dare la possibilità anche piano piano alle persone che vengono da fuori di poter godere delle nostre spiagge».
Resta la preoccupazione per l’industria del turismo, che rischia il collasso. «Nel settore c’è molta preoccupazione, l’isola vive di turismo. Speriamo almeno nel turismo italiano. So che le spiagge si stanno attrezzando in questo senso col distanziamento. Non voglio sentir parlare di plexiglass o gabbie nelle spiagge. Da noi siamo abituati al distanziamento. Abbiamo delle spiagge bellissime e spesso e volentieri anche poco affollate. Penso alla costa est, al Golfo di Orosei: ha delle spiagge meravigliose, io sono di Nuoro e le conosco bene».
Quando le chiedo se il Governo ha fatto bene o se poteva fare meglio non ha dubbi: «Il Governo secondo me ha agito con troppo ritardo. Abbiamo tanti esperti, tanti virologi. Cosa hanno aspettato a chiudere tutto immediatamente? Se si fosse chiuso subito il focolaio avremmo potuto guadagnare due-tre settimane. Peccato. Questo ritardo purtroppo ci è costato parecchie vittime. Quando saremo di fronte a una nuova epidemia, dovremo fare tesoro di questa esperienza e non commettere più questi errori».
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