Dopo l’enorme successo della sua rubrica, il virologo ha raccolto alcune delle sue “pillole di ottimismo” nel libro “Ricominciare dalla scienza”
«Prepararsi a livello sanitario ed in modo adeguato ad una possibile seconda ondata di Covid-19 è una precisa responsabilità politica ed istituzionale, a partire dal Governo, dai ministeri rilevanti e dai loro comitati consultivi, e dalle strutture sanitarie loco-regionali. Il tutto senza cercare di scaricare questa responsabilità sui cittadini, che in uno stato democratico devono essere protetti dalle istituzioni sanitarie stesse mentre continuano a svolgere i loro diritti e doveri costituzionali». Usa parole chiare il virologo di Senigallia Guido Silvestri attraverso la sua seguitissima pagina Facebook “Pillole di ottimismo” e inchioda mai come ora la politica, in questa fase di tregua della pandemia, alle sue responsabilità.
In queste settimane Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta e animatore con Pierluigi Lopalco e Roberto Burioni del “Patto trasversale per la scienza”, ha sempre cercato di smorzare polemiche e divisioni nel mondo scientifico tentando anche di far da paciere tra Ranieri Guerra e il virologo Massimo Clementi. Pur non volendo partecipare al dibattito tra “ottimisti” e “pessimisti” sull’evolversi dell’epidemia, è stato annoverato tra i primi, parlando sempre di una lenta ma inesorabile “ritirata del virus”. Ora le sue Pillole di ottimismo sono diventate un libro dal titolo eloquente “Ricominciare dalla scienza” (Rizzoli) e con un sottotitolo ancora più incisivo: “Dieci ragioni per affidarci alla ricerca quando il resto ci abbandona”.
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Professor Silvestri, ho letto con grande attenzione le sue “pillole” e ho visto che col tempo hanno raccolto un seguito sempre crescente. Se lo aspettava? Secondo lei qual è il segreto di questo successo?
«Credo che molte persone abbiamo apprezzato il nostro richiamo all’ottimismo che viene dalla conoscenza (che poi viene a sua volta dalla scienza). Penso anche che molti lettori abbiano capito che, poiché sono una persona la cui vita e lavoro si svolgono fuori dall’Italia da decenni, sono estraneo ai giochi politici, mediatici, di carriera etc. che spesso rendono difficile capire le dinamiche italiane».
In questo periodo c’è una impropria divisione, almeno sui media, tra scienziati “ottimisti” e “pessimisti” sull’evolversi dell’epidemia. Non pensa che queste divisioni rischino di disorientare i cittadini?
«In realtà credo che queste divisioni a volte sono state eccessivamente amplificate dai media stessi, quando magari più che differenze sostanziali di vedute dal punto di vista scientifico queste divisioni riflettono magari differenze di carattere o questioni personali. Cosa che, detta in soldoni, non hanno nulla a che fare con il Covid-19 e di cui non dovrebbe fregare niente a nessuno».
Nel libro un capitolo è dedicato agli scenari futuri legati al SARS-CoV-2. Dobbiamo aspettarci una seconda ondata o, come dice qualcuno, il destino di questo virus è quello di scomparire?
«Ovviamente nessuno lo può dire con certezza, ma se il Covid-19 prende un andamento stagionale come altri virus respiratori, tipo l’influenza, sarà possibile aspettarsi una recrudescenza verso fine autunno, inizio inverno. Per questo insisto sempre su concetti come monitoraggio, preparazione (soprattutto a livello di ospedali e case di riposo), ed interventi mirati di prevenzione. Se poi il virus “decidesse” di sparire, tanto meglio».
Nelle settimane scorse lei ha polemizzato con i fautori dei modelli matematici che a suo dire “hanno fallito”. Ha fatto pace poi con i matematici?
«Anche qui i media ci hanno messo del loro nel seminare zizzania. Io ho fatto delle critiche specifiche ai modelli matematici usati per fare certe previsioni, che i fatti hanno dimostrato essere sbagliate, sull’andamento della pandemia in Italia dopo le cosiddette riaperture di maggio e inizio giugno. Purtroppo qualche giornalista le ha travisate facendomi dire che tutti i modelli matematici sono inutili. La stessa differenza tra il dire che un portiere ha fatto una papera ed il dire che i portieri nel calcio sono inutili…».
Lei sostiene nel libro che bisogna avere grande fiducia nella scienza. Però le chiedo: se, come per l’HIV, alla fine il vaccino non dovesse arrivare, come ce la caveremo?
«Il virus SARS-CoV-2 è talmente diverso da HIV, il virus dell’AIDS, che è letteralmente assurdo fare queste analogie. Sarebbe come dire che un rinoceronte può volare perché è un mammifero come un pipistrello. Comunque, se anche si verificasse lo scenario peggiore per cui i vaccini contro Covid-19 fossero poco efficaci, credo che si troveranno presto altri rimedi, a partire per esempi dagli anticorpi monoclonali in grado di neutralizzare il virus».
In fin dei conti, secondo lei, qual è la lezione più grande che la comunità scientifica e la collettività hanno imparato da questa pandemia?
«Se saremo bravi, capiremo che è ora di dedicare più risorse alla scienza, alla salute e all’istruzione. Se non saremo bravi, torneremo a vivere come prima senza aver imparato niente. Ma penso proprio di no… sono un ottimista, ricorda?».
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