Mascherina indossata con naso scoperto, confondere gli spazi aperti con posti sicuri, fidarsi dell’amico che “è stato attento”. Alcuni sbagli comuni che ci fanno sentire tranquilli quando non dovremmo
In questo momento l’Italia si trova in una fase di stallo nella risalita dei contagi, ma con il ritorno in zona gialla della maggior parte delle regioni il rischio di nuovi assembramenti preoccupa gli esperti. È già successo in estate, quando il virus sembrava ormai lontano e comportamenti troppo disattenti hanno portato alla seconda ondata. Anche in autunno però, nonostante le limitazioni, Covid-19 ha continuato a infettare. Perché? Cosa facciamo di sbagliato senza accorgercene? Il Guardian ha raccolto alcuni suggerimenti.
Il primo errore che in molti compiono è spostare l’attenzione da quello che è sicuro fare a quello che è possibile fare. Per esempio, si possono far venire in casa babysitter, addetti alle pulizie e venditori, oppure incontrarsi con parenti e amici, anche fare attività fisica in compagnia. Si tratta di necessità che la maggior parte dei governi ha considerato imprescindibili per la salute mentale ed economica dei propri cittadini. Tuttavia, non è detto che siano sicuri.
Al centro di questa discussione ci sono principalmente i giovani. Ragazzi e giovani adulti non riescono a evitare completamente la socialità nutrendo l’illusione che frequentarsi tra persone “non a rischio di malattia grave” possa preservare anche le loro famiglie. Se si vive in casa con genitori o nonni e si continua a frequentare gruppi di amici non si è mai al sicuro. Specie a causa del rischio concreto di un’incubazione asintomatica del virus nel “soggetto 1”.
Sbaglia chi si fida dell’amico o del conoscente che dice di essere stato “molto attento”. Se qualcuno accanto a voi mostra sintomi particolari, come tosse o raffreddore, non bisogna credere «alle giustificazioni una tantum». È una reazione psicologica tipica di queste situazioni il negare malattia o pericolo. Su uno studio condotto negli Stati Uniti su 551 adulti, un quarto ha ammesso di non aver rispettato le regole ma di aver mentito a riguardo. E tra coloro che avevano contratto il virus, il 34% ha ammesso di aver negato i sintomi quando gli veniva chiesto da altri.
Pochi comprendono il reale significato di “trasmissione area”. Se si riesce a sentire l’odore dell’alito di qualcuno o del fumo di una sigaretta, quello che si sta respirando proviene direttamente dalla sua bocca. Quindi trasporta anche virus se infetto. Nei posti chiusi l’aria respirata circola e, se l’areazione non è sufficiente, passare molto tempo insieme significa potenzialmente contagiarsi. Per questo bisognerebbe essere sempre consapevoli di come viene ventilato uno spazio. Aprire la finestra spesso non è sufficiente, serve un piano ben preciso.
Non bisogna credere che stare all’aperto significhi automaticamente essere al sicuro. Chiacchierare fuori è molto meno pericoloso che farlo dentro, ma questo non significa che non si corrono pericoli. Specie quando facciamo una fila, per la banca o per la posta, oppure in attesa dell’arrivo di un bus, stare per lungo tempo vicino a qualcuno ci porterà comunque a inalare il suo respiro. Anche le strade molto percorse per lo shopping sono un pericolo, è meglio evitarle durante l’ora di punta.
Distanziarsi è importantissimo. Evitare riunioni, raduni e incontri di grandi e piccole dimensioni ha l’impatto più significativo sul virus. Quando gli spazi sono piccoli però, la mascherina è essenziale. Non si deve però lasciare scoperto il naso. Si tratta di uno degli errori più comuni da quando il virus ha iniziato a circolare. Illudersi che proteggere la bocca sia sufficiente a non raccogliere il virus, senza capire che è il naso il principale responsabile dell’inalazione e del respiro.
Anche la qualità della mascherina è importante. Quelle in tessuto hanno abilità diverse nel contrastare il virus: alcune hanno tessuti pesanti e strati sufficienti per agire da barriera, altre sono troppo leggere e danno una falsa sicurezza. Le chirurgiche sono state fino ad ora la raccomandazione standard sui luoghi di lavoro in Italia. Con le varianti in circolazione, più trasmissibili e aggressive nel contagio, sembra ora che la mascherina più adatta sia la Ffp2.
Un ultimo suggerimento è rivolto a vaccinati e guariti. Nel primo caso si ripete che la prima dose di vaccino non significa immunità immediata. Occorrono tre settimane per costruire la prima immunità e ulteriori sette giorni dopo la seconda dose per essere protetti. Non sono rari casi di contagiati tra la prima e la seconda dose, per aver pensato di essere già protetti. Inoltre, anche dopo il vaccino, non è chiaro quale sia la possibilità di trasmettere il virus ad altri, dunque è bene rispettare le misure. Almeno fino a che un numero sufficiente di vaccinati garantirà una trasmissione inferiore.
Ai guariti, infine, l’invito a non ignorare la possibilità di una reinfezione. Non si sa nulla sull’entità della seconda infezione rispetto alla prima, non sembra per ora essere presente uno standard. Inoltre non è escluso che i guariti possano comunque raccogliere e trasportare il virus a persone sane, senza ovviamente subirne loro stessi conseguenze grazie agli anticorpi. Anche per questo è bene attenersi alle regole anche dopo aver avuto la malattia.
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