Agodi (SItI): «L’igiene delle mani è la prima arma per combattere infezioni e antibiotico-resistenza»
Sono tante le nuove abitudini che la pandemia ci ha costretti ad adottare. Alcune non vediamo l’ora di abbandonarle (una fra tutte, l’utilizzo della mascherina), ma altre invece ci hanno, in un certo senso, rieducato. Si tratta delle abitudini legate all’igiene, in particolare delle mani e delle superfici. Quanti di noi, prima della pandemia, hanno talvolta dimenticato di lavare le mani non appena rientrati a casa? Quanti procedevano sistematicamente ad igienizzarsi con soluzioni idroalcoliche dopo aver toccato oggetti esposti al pubblico o dopo aver stretto la mano di qualcun altro per salutarlo?
Insieme alla professoressa Antonella Agodi, rappresentante della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) nel tavolo PNCAR (Piano Nazionale Contrasto Antimicrobico Resistenza) presso il Ministero della Salute, Ordinario del SSD “Igiene generale e applicata” e Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Tecnologie avanzate “G.F. Ingrassia” dell’Università degli Studi di Catania, abbiamo cercato di approfondire di quali tra queste abitudini sarà bene fare tesoro indipendentemente dalla fine della pandemia, e perché.
«Alcune buone pratiche utili alla prevenzione delle infezioni sono entrate a far parte della nostra cultura e del nostro modo di vivere – esordisce Agodi – e sarebbe buona cosa mantenerle anche a pandemia finita, quando l’infezione da SARS-CoV-2 diventerà presumibilmente endemica. In primis, l’igiene delle mani che risulta fondamentale nel contrasto alla trasmissione delle infezioni, non solo quella da SARS-CoV-2 ma anche e soprattutto quelle associate all’assistenza e sostenute da microrganismi antimicrobico-resistenti».
«Una elevata percentuale di pazienti con Covid-19 affetti dalla malattia in forma lieve o moderata – spiega Agodi – sono stati trattati con antibiotici anche quando non necessario, pur non presentando sovrainfezioni batteriche. Da alcuni studi, tuttavia, viene riportato il verificarsi di eventi epidemici di infezioni associate all’assistenza in pazienti con Covid-19. È evidente che mettere in campo azioni di contrasto all’antimicrobico-resistenza è oggi più che mai necessario».
«L’igiene delle mani è una pratica che comprende due aspetti. Da un lato il lavaggio con acqua e sapone – spiega la professoressa – dall’altra l’utilizzo di gel idroalcolico. In ambiente sanitario è raccomandato in generale l’utilizzo di quest’ultimo, mentre è raccomandato il lavaggio nei casi in cui le mani siano visibilmente sporche oppure quando c’è la certezza o anche il sospetto di trovarsi in ambienti sanitari con presenza di infezioni da microrganismi sporigeni come Clostridioides difficile, nei confronti dei quali le soluzioni idroalcoliche sono inefficaci. Nella vita quotidiana – osserva – sarà bene non perdere la familiarità acquisita durante la pandemia con le soluzioni idroalcoliche e con il corretto lavaggio delle mani».
C’è tuttavia una diceria comune che vede gli ambienti eccessivamente asettici come un ostacolo alla naturale produzione di anticorpi utili a difenderci dalle infezioni più serie. Quanto c’è di vero? «Assolutamente nulla – afferma Agodi -. La sconfitta delle malattie infettive, e la loro prevenzione, passa da una corretta igiene personale, delle superfici e degli alimenti. Appena un secolo fa in Europa i neonati morivano ancora per banali infezioni gastrointestinali e respiratorie, e questa mortalità si è abbattuta allorquando si è passati a migliori condizioni di vita, igieniche e sanitarie, quali la sterilizzazione dei contenitori per i loro alimenti, come i biberon. Non molto tempo fa, ricordiamo, i bambini venivano volontariamente esposti al contagio di malattie infettive come il morbillo, per evitare il vaccino, con conseguenze gravi o addirittura letali per non pochi di loro. Oggi – conclude – dovremmo aver ben chiaro che le fake news sono più che deleterie per la salute pubblica».
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