Cartabellotta (Gimbe): «La consapevolezza della stagionalità del virus impone un’adeguata programmazione durante la tregua dei prossimi mesi per evitare nuovi picchi di ricoveri e decessi nella prossima stagione invernale, tenendo anche conto che con la fine dello stato di emergenza la gestione della campagna vaccinale passerà in mano alle regioni»
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 9-15 febbraio 2022, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (439.707 vs 649.345) e decessi (2.172 vs 2.587). In calo anche i casi attualmente positivi (1.550.410 vs 1.927.800), le persone in isolamento domiciliare (1.533.689 vs 1.908.087), i ricoveri con sintomi (15.602 vs 18.337) e le terapie intensive (1.119 vs 1.376).
Nel dettaglio:
«I nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE –registrano per la terza settimana consecutiva una netta flessione: sono circa 440 mila con una riduzione del 32,3% rispetto alla settimana precedente e una media mobile a 7 giorni che scende da 87.384 casi del 9 febbraio a 62.815 il 15 febbraio (-28,1%)». Si registra un netto calo del numero dei tamponi totali (-27,8%): da 5.690.533 della settimana 2-8 febbraio a 4.108.946 della settimana 9-15 febbraio 2022. In particolare, i tamponi rapidi si sono ridotti del 30,9% (-1.374.828) e quelli molecolari del 16,7% (-206.759).
«Scende nell’ultima settimana anche la pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – dove i posti letto occupati da pazienti COVID diminuiscono sia in area medica (-14,9%) che in terapia intensiva (-18,7%)». Scendono anche i decessi: 2.172 negli ultimi 7 giorni (di cui 184 riferiti a periodi precedenti), con una media di 310 al giorno rispetto ai 370 della settimana precedente.
Nella settimana 9-15 febbraio si registra un ulteriore calo dei nuovi vaccinati: 110.791 rispetto ai 187.037 della settimana precedente (-40,8%). Di questi il 41,2% è rappresentato dalla fascia 5-11: 45.618, in ulteriore netta flessione rispetto alla settimana precedente (-41,7%). Nonostante l’entrata in vigore dell’obbligo vaccinale e dell’obbligo di green pass rafforzato sui luoghi di lavoro, tra gli over 50 il numero di nuovi vaccinati scende ulteriormente, attestandosi a quota 27.103 (-43,8% rispetto alla settimana precedente). In continuo calo anche le fasce 12-19 e 20-49.
Al 15 febbraio sono ancora 7,1 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, di cui 2 milioni guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni e pertanto temporaneamente protette. Questi dati portano ad alcune considerazioni: se da un lato oltre 2 milioni di persone recentemente entrate in contatto con il virus contribuiscono ad alzare il livello di immunità della popolazione, dall’altro il numero di persone senza protezione è ancora molto elevato. Peraltro, la protezione immunitaria ottenuta dopo l’infezione cala progressivamente nel tempo ed è necessario vaccinarsi entro 6 mesi dall’avvenuto contagio.
La European Medicines Agency (EMA) ha suggerito di prenderle in considerazione la quarta dose solo per gli immunocompromessi. «Considerato che molti soggetti appartenenti a questa categoria – sottolinea Cartabellotta – hanno ricevuto la terza dose ben oltre 4 mesi fa, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e, quindi, del Ministero della Salute dovrebbero pronunciarsi urgentemente in merito».
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità dimostrano la riduzione dell’efficacia vaccinale a partire da 3 mesi dal completamento del ciclo primario e la sua risalita dopo la somministrazione del richiamo. In particolare:
«La discesa della quarta ondata – conclude Cartabellotta – insieme alle elevate coperture vaccinali e all’arrivo della primavera permettono di guardare al futuro con ragionevole ottimismo, al netto di nuove varianti più contagiose o più gravi. Tuttavia, se da un lato questo permette di allentare progressivamente le restrizioni, dall’altro la consapevolezza della stagionalità del virus impone a Governo e Regioni di utilizzare i mesi di tregua per programmare la campagna vaccinale d’autunno, al fine di evitare nuove ondate di ricoveri e decessi, soprattutto in persone anziane e fragili. Da tenere in conto anzitutto, viste le attuali incertezze sulla durata della copertura della terza dose sulla malattia grave, dell’eventuale necessità di un richiamo prima del prossimo inverno. In secondo luogo, i non vaccinati (anche se guariti) e i contagiati durante la quarta ondata che non hanno fatto il booster si ritroveranno nuovamente esposti al virus.
Ancora, il mancato decollo delle vaccinazioni nella fascia 5-11 anni non potrà che ostacolare il normale svolgimento delle lezioni per il prossimo anno scolastico. Infine, con il verosimile termine dello stato di emergenza, l’organizzazione della campagna vaccinale passerà interamente in mano alle Regioni, con il rischio di enfatizzare le attuali difformità in termini di performance. Ecco perché, al di là della querelle su green pass e mascherine, è fondamentale volgere già adesso lo sguardo sullo scenario del prossimo autunno-inverno, verosimilmente caratterizzato dalla ripresa stagionale della circolazione virale parallela al declino delle coperture vaccinali. Un “film” che, peraltro, andrà in onda in un clima di campagna elettorale per le politiche del 2023».
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