Uno studio ha dimostrato che la carenza di vitamina D si associa ad una meno duratura risposta anticorpale alla vaccinazione anti Covid
Il comitato per i medicinali ad uso umano (CHMP) dell’Agenzia europea del farmaco (EMA) ha appena raccomandato l’approvazione del primo vaccino anti-Covid aggiornato sulla variante a XBB.1.5 di Pfizer. A breve dovrebbe seguire l’ok ufficiale dell’EMA, a cui seguirà l’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del farmaco. Nel frattempo, qualche giorno fa, è stato pubblicato sulla rivista Endocrine uno studio dell’Istituto di Scienze Endocrine e Metaboliche del San Raffaele di Milano, il quale ha dimostrato che la carenza di vitamina D si associa ad una meno duratura risposta anticorpale alla vaccinazione anti Covid.
La ricerca condotta su una coorte di più di 100 operatori sanitari ha infatti evidenziato come chi aveva valori di vitamina D nel sangue inferiori a 20 ng/ml, cioè la soglia comunemente utilizzata per definire la carenza ormonale di vitamina D, mostrava un calo significativo rispetto ai soggetti con normale vitamina D dei valori anticorpali tra il quinto e il nono mese dalla fine del primo ciclo vaccinale anti-Covid. A conferma di questi dati i ricercatori del San Raffaele hanno riscontrato che i valori di vitamina D prima della vaccinazione correlavano significativamente e indipendentemente da altre variabili con la concentrazione degli anticorpi anti-Covid al nono mese dopo la seconda dose del vaccino anti-Covid.
«La vitamina D – afferma Andrea Giustina, direttore dell’Istituto di Scienze Endocrine e Metaboliche del San Raffaele di Milano, presidente Gioseg e coordinatore della ricerca – è un ormone con azioni pleiotropiche fondamentali per il nostro organismo. Tra esse l’importanza della sua azione immunomodulante è emersa chiaramente nel corso della pandemia! Infatti bassi di livelli di vitamina D si associano al Covid severo e come da noi recentemente dimostrato allo sviluppo di Long Covid. Il nostro studio evidenzia come la mancanza di vitamina D e quindi della sua azione immunomodulante, abbia conseguenze rilevanti non tanto nell’ottenimento del picco anticorpale post vaccino ma nella minor persistenza nel tempo di tale risposta!».
«I nostri dati – afferma ancora Giustina – suggeriscono che in Paesi ad altra prevalenza di ipovitaminosi D come il nostro soprattutto nella fascia di età in cui la vaccinazione è raccomandata sia opportuno misurare i valori di vitamina D ed eventualmente integrarla se insufficiente prima della vaccinazione per ottimizzare i livelli anticorpali a lungo termine! In alternativa, potrebbe essere utile almeno effettuare la vaccinazione prima dell’autunno quando i valori di vitamina D iniziano fisiologicamente a calare nella popolazione».
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