«All’inizio della stagione delle infezioni respiratorie, sarebbe stata necessaria una maggiore continuità, una campagna vaccinale più convinta. Le persone a rischio vadano a vaccinarsi in massa perché il richiamo, soprattutto durante l’inverno, è importante. E’ sicuro e copre dalle forme gravi tutte le età» così il dg Aifa
«Siamo uno dei paesi più vaccinati al mondo, con i vaccini migliori, ma non dobbiamo sederci sugli allori. Non si vive di rendita e la campagna vaccinale deve essere proseguita». A lanciare il monito è Nicola Magrini, ancora per un mese direttore generale dell’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa), in un’intervista a Repubblica.
Le vaccinazioni, in Italia «sono ferme da mesi, ci sono buchi importanti nelle fasce sopra ai 60 anni». Alle persone a rischio Magrini suggerisce di andarsi a vaccinare in massa perché il richiamo, soprattutto durante l’inverno, è importante. Tra le persone a rischio per ragioni anagrafiche, infatti, a fare la quarta dose è stato il 43% con più di 80 anni, il 30% della fascia fra i 70 e i 79 e meno del 19% della fascia 60-69. «Decisamente non abbastanza per chi è a rischio» evidenzia.
Quarta o quinta dose che sia, secondo il direttore dell’Aifa «le persone a rischio dovrebbero fare un richiamo dopo 4-6 mesi dall’ultima vaccinazione o da un contatto col virus». Un messaggio che inizia ad essere ascoltato: nell’ultima settimana le somministrazioni sono tornate a 200mila. Per chi non è fragile, c’è da fare un discorso di buon senso. Si è liberi di vaccinarsi per proteggere i familiari, soprattutto in caso di parenti fragili. «Il vaccino è sicuro e copre dalle forme gravi tutte le età» rimarca Magrini.
Negli ultimi mesi, il Covid si considerava sparito e la comunicazione per i vaccini non c’è praticamente mai stata. Lo conferma il dg Aifa: «A ottobre abbiamo avuto un paio di mesi di pausa di riflessione, anche politica, per l’insediamento del nuovo governo. Lì, all’inizio della stagione delle infezioni respiratorie, sarebbe stata necessaria una maggiore continuità, una campagna vaccinale più convinta». E alla domanda “se l’immunità svanisce in 4-6 mesi rischiamo di perdere la nostra protezione?” risponde così: «Dopo 4-6 mesi la protezione si riduce gradualmente, ma non si torna a uno stato naif, di totale nudità immunitaria. A proteggere dalla malattia grave c’è anche una memoria immunitaria che dura più di pochi mesi. Non sappiamo esattamente quanto, ma stimiamo che si arrivi a qualche anno».
Tutti i vaccini a disposizione sono aggiornati alle varianti Omicron attualmente circolanti. Ma una nuova variante potrebbe bucarli? «Al momento non c’è nessuna nuova variante che superi o ‘buchi’ i vaccini disponibili – chiarisce -. In Cina oggi stanno circolando le varianti che erano da noi diversi mesi fa. E come se a causa del lungo lockdown ora stessero vivendo una pandemia ritardata rispetto al resto del mondo. Resta il fatto che per individuare un’eventuale nuova variante «occorre restare vigili, e dovremmo migliorare la nostra capacità di sequenziamento. L’Italia non ha inizialmente brillato in questo campo, ma un buon sistema sentinella è in atto per capire cosa circola e cosa accade nel mondo».
Cosa dobbiamo aspettarci dal 2023? «Dobbiamo occuparci contemporaneamente di tre C maiuscole: il Covid-19 e altre possibili emergenze da tenere sotto controllo. Poi i conflitti e il cambiamento climatico per rendere più sostenibile la vita sul pianeta. E la sanità pubblica dovrebbe essere di guida in tutti e tre questi ambiti» conclude.
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