L’Osservatorio malattie rare: «Come dovrà essere fatto certificato alternativo? Da chi? Una volta indicati sono in condizioni di farlo?»
Non sono no-vax, ma non possono fare il vaccino. Sono persone che hanno avuto un problema di salute tra la prima e la seconda dose, come una reazione allergica alle componenti del vaccino stesso, hanno avuto un parere negativo dal proprio medico a causa di patologie pregresse, ma anche tutti quei malati rari e cronici che, per via della loro patologia, non possono accedere alla vaccinazione. Tutte queste persone non hanno modo di richiedere il Green pass e fra pochi giorni resterebbero esclusi da diversi luoghi al chiuso: piscine, palestre, ristoranti, bar, teatri, cinema. Salvo una certificazione alternativa, e il permanere del vincolo del tampone, ma su questo non c’è ancora chiarezza. Lo denuncia l’Ossservatorio malattie rare (Omar), lanciando un appello al ministro della Salute Roberto speranza e al Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza Covid affinché “faccia chiarezza”.
«Al nostro sportello legale già ora stanno arrivando tante domande al riguardo, e se non si provvede a chiarire subito tutto dalla prossima settimana sarà molto peggio», racconta il direttore di Omar, Ilaria Ciancaleoni Bartoli. Da qui l’appello al Ministro Speranza e al Cts: «Per evitare il caos è necessario che si faccia subito chiarezza, in modo particolare indicando come dovrà essere fatto questo certificato alternativo e soprattutto, in maniera inequivocabile, da chi dovrà essere fatto, e quindi chi sono i soggetti preposti alle certificazioni. Perché una volta identificati vanno anche messi in condizioni di fare veramente questi certificati, e con il rigore che serve».
A livello generale, nell’ordinamento italiano – si legge in una nota di Omar – è il Dl 73/2017 a regolamentare l’obbligo vaccinale e i relativi criteri di non vaccinabilità. Il comma 3 dell’art. 1, infatti, stabilisce che «le vaccinazioni possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta».
Ai sensi di quanto previsto da un’apposita nota del Ministero della Salute, la certificazione verde Covid-19 – dettaglia ancora Omar – non è richiesta ai bambini esclusi per età dalla campagna vaccinale (fino a 12 anni) e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica, tra cui appunto diversi malati rari e cronici, per i quali verrà creata una ‘Certificazione digitale dedicata’, che però attualmente non è disponibile. Per ora, in mancanza di questa possono essere utilizzate quelle rilasciate in formato cartaceo, ma – denuncia l’Osservatorio – mancano a oggi indicazioni operative su chi siano i clinici a cui è demandato il compito di rilasciare questa certificazione: forse i medici di medicina generale? Forse lo specialista di patologia? Il ministero non precisa nulla e tra i pazienti c’è grande smarrimento.
«Se non sarà chiarito al più presto – afferma Ciancaleoni Bartoli – assisteremo ad una ondata di domande verso queste categorie e, d’atra parte, a risposte difformi da un medico all’altro: è già successo pochi mesi fa con le assenze dal lavoro per le categorie fragili, succederà ancora, e certo nessuno ha bisogno ora di nuovo caos. Per non parlare del fatto che nel lungo periodo non si potrà ‘delegare’ agli esercenti il compito di interpretare e validare certificazioni cartacee facilmente falsificabili, difficilmente intellegibili e non certo adeguate ad un compito tanto delicato, anche dal punto di vita della privacy. Se vogliamo ripartire in sicurezza e nel rispetto delle regole, le regole devono essere chiare e facilmente applicabili».
L’appello dell’Osservatorio al Cts e al ministero della Salute è dunque quello di usare queste ultime ore di lavoro prima dell’entrata in vigore del Green pass per mettere un punto chiaro sulla questione.
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