Salute 27 Maggio 2022 15:08

Covid, quale futuro? Centemeri (farmacologo): «Ecco i tre scenari possibili, dal migliore al peggiore»

Il professore invita a prestare massima attenzione alle sottovarianti di Omicron e annuncia: «Abbiamo costituito gruppi di esperti e tavoli virtuali mirati a dare risposte concrete e piani di azione per i possibili scenari futuri. Tutto sarà a disposizione del Governo e del ministro per il miglior uso possibile. Ottobre arriva e dobbiamo essere preparati»

La situazione pandemica attuale, in Italia, è in continuo miglioramento e permette di intravedere la luce in fondo al tunnel. Sappiamo che il Sars-CoV-2 man mano diventerà endemico: l’auspicio è che diventi simile all’influenza stagionale per la maggior parte delle persone e che l’impatto sia minore con la popolazione sempre più immunizzata.

Covid e scenari futuri: cosa succederà?

Non è detto, però, che sparirà a breve dalla nostra vita o che non produrrà picchi stagionali. Prevedere con certezza gli scenari futuri è difficile. Pensare che il virus sia sconfitto è un errore da non commettere, perché potrebbe costarci caro il prossimo autunno-inverno. È questo il pensiero di Carlo Centemeri, professore di farmacologia clinica alle Università di Padova e Milano. Il fondatore dell’Italian Renaissance Team contro Covid, il gruppo di mille esperti appartenenti al mondo accademico e istituzionale nato per supportare i decisori politici durante l’emergenza sanitaria, traccia a Sanità Informazione il presente e il futuro della pandemia in Italia. E delinea tre sviluppi futuri plausibili «con percentuali di realizzabilità differenti, ognuno dei quali è necessario abbia uno specifico piano d’azione molto operativo».

Professore, di Covid in Italia ormai si parla poco e niente. Qual è la sua idea?

«Gli indicatori sono tutti in discesa tranne il numero dei decessi, purtroppo, ma sappiamo che è una coda di ciò che è avvenuto prima. L’Italia è ancora al primo posto in Europa per numero di morti nell’ultima settimana e al secondo posto a livello mondiale. Non è un bell’esempio. Detto questo, da qui all’estate la situazione andrà nettamente migliorando, la preoccupazione rimane per dopo l’estate. A fine settembre e inizio ottobre potremmo avere delle sorprese. Sarà il caso di agire proattivamente per essere pronti agli scenari che si potranno configurare e che non scegliamo noi. Sarà la natura del virus, il Sars-CoV-2 e le sue varianti a determinarli e dobbiamo essere pronti con dei piani di azioni specifici definiti ed operativi. Altrimenti il rischio è andare incontro a qualcosa di non controllato e con delle conseguenze che possiamo immaginare. Direi che un altro autunno-inverno come quelli che abbiamo passato è assolutamente da evitare».

Cosa succederà il prossimo autunno? Dovremo fare i conti con il Covid a lungo? E, se è così, deve migliorare ancora la gestione della pandemia?

«Facciamo un esempio pratico basato sugli scenari plausibili. Lo scenario migliore è che la situazione pandemica diventi endemica. Ha una probabilità che succeda da qui al prossimo autunno-inverno molto bassa. Ci vorranno tempi superiori, almeno un’altra stagione finché si possa parlare di convivenza con il virus così come con l’influenza ed altre patologie virali respiratorie di altra natura. C’è un secondo scenario che vede invece una situazione simile a quella attuale: si sviluppano delle varianti e sotto varianti che possono “disturbare” in maniera più o meno importante. Sicuramente con un grado di capacità infettante, come è stato con Omicron, la variante che nasce dal ceppo originale più infettiva che l’uomo abbia mai conosciuto e questo è significativo. Sicuramente molto meno da un punto di vista di virulenza rispetto ad una variante Alfa o Delta. Ma colpisce un numero di persone davvero elevato. Il terzo scenario è quello peggiore, che si produca una variante dopo Omicron che abbia la caratteristica di sommatoria di una Omicron e una Delta. Questo è lo scenario peggiore perché significherebbe avere a che fare con un Sars-CoV-2 altamente modificato e molto aggressivo perché capace di provocare patologie respiratorie, cardiovascolari o di altra natura tutte basate su questa cascata infiammatoria importante. Dall’altra parte, altamente trasmissibile come Omicron. Questi sono i tre scenari plausibili, con percentuali di realizzabilità differenti, ognuno dei quali è necessario abbia uno specifico piano d’azione molto operativo».

La più potente arma sono i vaccini ma hanno un’efficacia limitata sulle ultime varianti in termini di contagio..

«È stato fatto un miracolo: questo è avere vaccini così efficaci in nove mesi e che hanno mantenuto un’altissima caratteristica di efficacia finora, soprattutto quelli a RNA messaggero. C’è da dire, però, che oggi questi vaccini con tutte le trasformazioni che il virus ha subito iniziano ad avere un’efficacia relativa sulle ultime varianti più pericolose che vengono dal Sudafrica. Ci sono in corso sperimentazioni di vaccini che portano l’RNA messaggero che codifica la famosa proteina spike sia per il ceppo originale detto wild sia per Omicron. Ma omicron BA1. Probabilmente, per fine settembre e inizio ottobre l’ente regolatorio americano e l’EMA autorizzeranno questi prodotti. Ma il fatto è che ancora non c’è certezza che gli stessi siano in grado di proteggere nei confronti di varianti di origine sudafricana come Omicron BA4 e BA5 ma anche altre che si possono produrre. Ricordo che più alto è il grado di replicazione del virus – in questo momento da noi è elevatissimo come non mai – e più alta è la possibilità che si sviluppino nuove varianti. La causa sono le ricombinazioni che creano nel virus stesso ogni volta che si moltiplica.

Massima attenzione a varianti e sottovarianti del virus. Ma perché la mortalità per Covid in Italia è ancora alta?

«Abbiamo delle grandi armi terapeutiche che riescono a contrastarle. Le prime sono armi che possiamo utilizzare domicilio: alcuni anticorpi monoclonali sono rimasti efficaci. Altri purtroppo no perché, nel frattempo, il virus si è trasformato ma si possono mettere a punto nuovi anticorpi in tempi rapidi in grado di contrastare le nuove varianti. Ma abbiamo anche ottimi prodotti che poco risentono delle varianti e delle loro trasformazioni successive. Parlo degli antivirali orali. Qui la cosa fondamentale è essere molto pratici e pragmatici. Abbiamo una scorta enorme di questi prodotti, la possibilità di essere prescritti dai MMG e di essere presi senza costo, offerti dal SSN. Il problema è che siccome sono legati a possibili interazioni con altri farmaci c’è un’estrema e forse eccessiva prudenza nella prescrizione degli stessi da parte dei MMG. I pazienti che sono eleggibili al trattamento di questi prodotti si rischia che non vengano presi in tempo nei cinque giorni tra il tampone positivo, l’accertamento e la diagnosi. Ed è uno dei motivi che spiega perché in Italia il numero di morti è ben superiore rispetto a quello di altre realtà con popolazione ben più alta della nostra».

E le terapie ospedaliere?

«Ultimo aspetto è quello dell’utilizzo dei farmaci per utilizzo ospedaliero. Abbiamo un bagaglio terapeutico importante che copre aree che prima erano scoperte. Ci sono farmaci efficaci e centri eccellenti – in Lombardia, Toscana, Lazio e Sicilia – ognuno usa dei protocolli che funzionano ma non sono resi omogenei in tutte le realtà italiane. Queste sono le cose che non vanno bene. Dovrebbero essere oggetto di studio e approfondimento. La responsabilità non è della poca volontà da parte dei colleghi ad essere informati ma delle aziende produttrici. Questi farmaci sono per uso di emergenza ma la legge impedisce di fare informazione medico scientifica e attività di formazione e sponsorizzazione. Ottimi prodotti che non vengono utilizzati nella maniera opportuna perché non ce ne sono le condizioni. Basterebbe una deroga momentanea temporalmente definita per rendere questi prodotti fruibili e somministrabili nella maniera corretta».

Sars-CoV-2, peste suina, epatiti nei bambini, vaiolo delle scimmie. I virus corrono in tutto il mondo rapidamente. Abbiamo imparato a gestire e bloccare le emergenze?

«Adesso abbiamo un piano pandemico generale nel senso che se succede qualcosa, in teoria, sappiamo quali sono le attività che devono essere messe in campo. La questione è molto teorica e poco vicina alla realtà. È bene che questi piani teorici siano ricondotti a piani pratici ed operativi. Abbiamo costituito gruppi di esperti omogenei per ogni materia: virologia, immunologia, igiene e salute pubblica e diagnostica. Ma anche nell’ambito pneumologico e internistico che saranno coordinati e aperti a tutti coloro che vorranno dare il proprio contributo. Sicuramente alle Istituzioni perché non c’è nessuna preclusione anzi è quello che noi auspichiamo. Ai colleghi universitari, i ricercatori, ma anche quelli che lavorano tutti giorni negli ospedali e curano i pazienti. Agli MMG che li conoscono da tanto tempo e ai i farmacisti che dispensano questi prodotti. L’ultimo gruppo è quello determinato da coloro che lavorano nelle aziende farmaceutiche soprattutto nell’ambito delle direzioni mediche. Le aziende farmaceutiche, biotecnologiche e di dispositivi medici sono quelle che oggi detengono la conoscenza dei farmaci, delle molecole degli anticorpi monoclonali di tutti i sistemi diagnostici. Questi tavoli virtuali che stiamo facendo partire sono mirati a dare risposte concrete e piani di azione per ogni scenario si potrà determinare. Lo metteremo a disposizione delle istituzioni a partire dal Governo, dall’esecutivo e dal ministro della salute in modo tale che ne facciano il miglior uso possibile. Non ci sostituiamo: ci offriamo per mettere tutta la nostra consapevolezza da una parte ed esperienza dall’altra a disposizione della collettività e dei colleghi. Ottobre arriva e dobbiamo essere preparati».

 

 

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