Da Alessandro Miani (Sima) e Roberto Carlo Rossi (OMCeOMi) arriva la richiesta di ampliare la Dad per ridurre i contagi tra i più giovani, evitando il sovraccarico delle risorse ospedaliere e di testing per tamponare tutte le classi con presenza di positivi
«In considerazione dell’attuale e ineluttabile stato di emergenza sanitaria, dichiarato e prorogato fino al 31 gennaio dal Consiglio dei Ministri, nonché della pressione esponenziale che grava su ogni forma di servizio pubblico e privato di area sanitaria, riteniamo che il rischio derivante dai contagi interscolastici finirà – in un tempo relativamente imminente – per produrre gravi effetti sulla disponibilità di risorse umane sia nell’ambito della sanità territoriale (per l’immensa mole di tracciamenti generata da ogni caso di positività in classe) che ospedaliera». È quanto recita una nota congiunta dei presidenti di SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) e OMCeOMI (Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano), Alessandro Miani e Roberto Carlo Rossi.
«Con questo spirito di responsabilità e abnegazione – al fine di non sottrarre preziose risorse umane alla sanità per eventuali quarantene o isolamenti precauzionali – chiediamo che ai figli in età scolare del personale sanitario, a vario titolo impegnato in questa lotta contro il tempo e le difficoltà della pandemia (medici, scienziati, farmacisti, biologi, infermieri, OSS, forze dell’ordine etc), possa essere garantita la DAD come opzione didattica e, laddove necessario, fornire il supporto economico e gestionale per assicurarne la fruizione», proseguono Paroli e Rossi.
Lo stesso tipo di supporto «va garantito a tutte le famiglie che intendono avvalersi della DAD esercitando un diritto pre-esistente e costituzionalmente garantito di non mandare i propri figli a scuola per proteggerne la salute nel bel mezzo di una emergenza sanitaria dichiarata, in cui l’utilizzo continuativo di mascherine in aula viene adottato quale unica misura di sicurezza ed imposto a bambini di 6-11 anni».
«A tal proposito – si legge ancora nella nota congiunta – ricordiamo che negli altri Paesi europei di cui si vuole seguire l’esempio con la decisione di mantenere le nostre scuole primarie aperte si è chiusa ogni altra attività che non siano scuole ed università (mantenendo quindi aperte anche scuole secondarie e atenei), riducendo in tal modo la possibilità di contagio. Prendiamo atto che l’Italia ha compiuto altre scelte legate all’emergenza sociale (in sovrapposizione all’emergenza sanitaria) che conseguirebbe alla chiusura delle attività economiche ed alla preclusione della frequenza scolastica ai più piccoli (che non possono gestirsi in autonomia a casa), ma tali scelte non possono ledere il diritto alla sicurezza e alla salute dei nuclei familiari degli operatori sanitari e dei cittadini tutti».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato