Aumentano le segnalazioni di casi di epatite misteriosa. I sintomi possono essere generici, come nausea e letargia. In caso di ittero si raccomanda di andare in Pronto Soccorso
Ufficialmente i casi di epatite acuta di origini sconosciute registrati a livello globale sono arrivati a 169. Di questi, secondo quanto riferito dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), un bambino è morto e 17 hanno avuto bisogno di un trapianto di fegato. Ma potremmo essere dinanzi solo alla «punta di un iceberg». I virologi temono infatti che il vero bilancio potrebbe essere più alto. Molto dipende dai segnali di avvertimento che i genitori riescono a intercettare.
L’ittero, che consiste nell’ingiallimento della pelle o degli occhi, può essere certamente un segnale rivelatore di malattie del fegato. Ma si tratta di un sintomo individuato in meno della metà dei bambini malati. Altri segnali sono nausea, diarrea, letargia e dolori di stomaco, che purtroppo vengono spesso attribuiti ad altre cause, come un norovirus o un’intossicazione alimentare. I genitori dovrebbero allertarsi nel caso in cui questi sintomi «più lievi» durassero più di una settimana. Mentre in presenza di ittero dovrebbero andare in Pronto Soccorso.
Simon Taylor-Robinson, un epatologo dell’Imperial College di Londra, ritiene che i casi possano essere molti di più. «Penso che ci siano più casi là fuori», dice. «Diciassette trapianti è un numero piuttosto alto per quanti casi abbiamo individuato. Immagino che ce ne siano di più di quelli segnalati, ma è probabile che siano meno gravi». In totale, sono dodici i paesi che hanno segnalato casi di origine sconosciuta, di cui 114 nel Regno Unito e 11 negli Usa. Qualche caso è stato segnalato in Italia, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Francia, Norvegia, Romania e Belgio.
Secondo quanto riferito dal Sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, in Italia al momento si contano 11 segnalazioni, delle quali due rispondono alla definizione di caso fornita dall’Oms, per altre quattro si attende l’esito degli approfondimenti, e due riguardano adolescenti di età superiore ai dieci anni, per uno dei quali si è reso necessario il trapianto di fegato.
Gli esperti ritengono che la malattia possa essere scatenata da un adenovirus, di solito responsabile del raffreddore. Tra le ipotesi c’è quella secondo cui i lockdown, dovuti alla pandemia, potrebbero aver indebolito l’immunità dei bambini e averli resi più suscettibili al virus oppure potrebbe essere una versione del virus mutata. Le indagini sono in corso e gli scienziati devono ancora escludere l’eventualità che la causa sia una nuova variante Covid. Un’altra teoria è che i bambini potrebbero aver avuto l’adenovirus contemporaneamente al Covid.
Quello che è stato escluso è il vaccino anti-Covid. Nel Regno Unito, ad esempio, nessuno dei bambini malati è stato vaccinato per la loro età. Stessa cosa negli Usa. «Penso che sia probabile che i bambini che si mescolano negli asili e nelle scuole abbiano un’immunità agli adenovirus stagionali inferiore rispetto agli anni precedenti a causa delle restrizioni», dice Taylor-Robinson. «Questo significa che potrebbero essere più a rischio di sviluppare l’epatite perché la loro risposta immunitaria al virus è più debole», aggiunge. Ma per il momento gli esperti invitano a non allarmarsi e assicurano che la situazione verrà costantemente monitorata.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato