«Chi dorme accanto ad un paziente affetto da Osas finirà per soffrire di un disturbo del sonno indotto». Il punto di vista del Presidente dell’Associazione Italiana Pazienti con Apnee del Sonno
«Prima un rumore seccante, quello del russamento. Poi, un silenzio assoluto, causato da una vera e propria interruzione del respiro. Entrambi, chiari segni dell’Osas, la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome), sintomi capaci di mettere in crisi anche le coppie più affiatate». E di storie d’amore messe in bilico dai disturbi del sonno Enrico Brunello, Presidente dell’Associazione Italiana Pazienti con Apnee del Sonno (A.I.P.A.S. Onlus), ne potrebbe raccontare tante.
«Chi dorme con una persona che russa e che, poi, può addirittura andare in apnea per molti secondi, non solo è infastidito – ha sottolineato Brunello – ma anche spaventato. L’apnea può prolungarsi pure per un intero minuto. Sessanta secondi che diventano infinti per chi, svegliatosi di soprassalto, attende che l’altro riprenda a respirare».
Il continuo russamento che reazioni può provocare nel partner di letto?
«Il partner di letto di un paziente affetto da Osas soffre, inevitabilmente, di un disturbo del sonno indotto. Ogni notte, vive una situazione di choc: da un lato, i rumori del russamento causano un risveglio traumatico, dall’altro il timore che il compagno non riprenda a respirare, rende difficile prendere nuovamente sonno. Il tutto si traduce in ripetuti micro risvegli. E se la notte non si riposa bene è difficile immaginare di svegliarsi sereni, sia per chi russa che per chi ascolta».
Se subentrano crisi di coppia come affrontarle?
«Nella maggior parte dei casi che ci troviamo ad affrontare sono proprio i partner di letto a rivolgersi per primi ad uno specialista o al proprio medico di famiglia. Sono loro a spingere il paziente affetto da Osas ad intraprendere un percorso di cura».
Quali sono gli esami consigliati in situazioni simili?
«Di solito, si comincia con un monitoraggio cardio-respiratorio, un esame diagnostico da eseguire a casa a propria, durante la notte. Il tracciato che ne risulta è lo specchio di ciò che accade durante tutto il sonno: è possibile identificare sia il numero di apnee, che stabilire quale posizione del corpo ne causi l’aumento».
Dalla diagnosi alla guarigione, quanto tempo passa?
«Potrebbe essere sufficiente anche un solo mese, o al massimo tre. Tempi teorici che si scontrano con una realtà ben diversa: quella della sanità pubblica italiana, fatta di lunghe attese. Ridurre queste liste è una delle principali battaglie che portiamo avanti con l’Associazione dei Pazienti».