Tra i dati che emergono quelli relativi all’aderenza terapeutica, percepita dai pazienti molto più alta rispetto agli operatori sanitari. I livelli di fiducia sul singolo medicinale sono superiori a quelli per il brand. E i pazienti si fidano più del farmacista e dello specialista che del medico di famiglia…
Affrontare la cronicità si conferma una delle sfide cardine della sanità del futuro. Le nuove tecnologie possono aiutare ma forse, prima ancora, serve capire quali sono le esigenze da un lato degli operatori sanitari e dall’altro dei pazienti. A fare luce su questo è un’indagine nazionale promossa da Fablab, azienda del campo dell’innovazione e della comunicazione multicanale nell’healthcare, che ha sfruttato canali solitamente poco usati per questo genere di rilevazioni. I nuovi strumenti digitali hanno infatti permesso di raggiungere una platea molto ampia. E i dati, per certi aspetti, possono in parte stupire.
Non quello sull’aderenza terapeutica, che era atteso: i pazienti si sentono in maggioranza, oltre il 60%, “molto aderenti” alla terapia. Ma medici di famiglia e farmacisti smentiscono, con stime di aderenza terapeutica più che dimezzate.
A far rumore però è una sfiducia complessiva verso gli operatori sanitari e, nello specifico, un appannamento della figura del medico di base, superato dal farmacista e più ancora dallo specialista (in una scala di 7, le tre categorie ottengono dai pazienti cronici valutazioni medie pari rispettivamente a 5.02, 5,36 e 5,63), e questo nonostante i MMG stessi vengano considerati dall’insieme dei professionisti della salute come il perno potenziale del sistema di gestione della cronicità. Emerge invece la posizione chiave del farmacista, fatto che rilancia la priorità della “farmacia dei servizi” nel sistema di assistenza.
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«Dalla rilevazione emerge che il medico di base in realtà gode della stessa fiducia di cui gode l’azienda farmaceutica – sottolinea a Sanità Informazione Piero Conte, General manager di Fablab -. La fiducia in ordine decrescente va verso lo specialista, il farmaco, il farmacista e ultimi a parità di merito il medico di base e l’azienda farmaceutica. Il medico di famiglia deve un po’ riappropriarsi del suo ruolo non solo operativo ma anche di relazione con il paziente. Forse si è un po’ troppo burocratizzato».
Tra gli altri dati che emergono c’è quello sulla scarsa fidelizzazione verso le case farmaceutiche: i livelli di fiducia sul singolo medicinale sono sistematicamente superiori a quelli per il brand. Il 69% dei pazienti non conosce neppure il nome del produttore del medicinale prescritto. Ma di cosa avrebbero bisogno i pazienti? La diffusa domanda dei malati cronici è quella di avere “efficaci servizi di supporto a distanza”, mentre per MMG e farmacisti, invece, sembra essere mediamente più importante l’assistenza a domicilio, nell’ottica di un migliore utilizzo dei device sanitari. Entrando nel dettaglio dei servizi a distanza richiesti prioritariamente dai pazienti, assai più del “medico a casa”, svetta la possibilità di “chattare direttamente per domande sulla gestione della patologia”, e a seguire il “monitoraggio a distanza della terapia”, la “consulenza sulla gestione degli effetti collaterali”, la disponibilità di “materiali informativi”. Insomma tutti servizi di telemedicina che ancora in Italia sono poco sviluppati.
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«In un momento in cui tutti guardano a grandi servizi, grandi tecnologie come l’intelligenza artificiale o alle soluzioni tecnologiche per favorire l’aderenza terapeutica, in realtà i risultati di questo studio dicono che bisognerebbe partire dalla base – aggiunge il General Manager di Fablab -. Cioè rendere consapevoli i medici di base che devono riconquistare la fiducia nei confronti dei pazienti, magari favorendo azioni di counseling che li aiutino nella riconquista del loro ruolo. Educare i pazienti e renderli consapevoli che sono in media scarsamente aderenti e che questo può essere un grosso problema per loro e per l’intera società. Puntare a servizi semplici come la consegna dei farmaci a domicilio, che risulta tra i servizi maggiormente richiesti e che non sarebbe difficile mettere in pista. Un servizio piuttosto semplice ma che a causa delle normative esistenti, mi riferisco alla privacy ma non solo, diventa complicato da rendere effettivo».
Il campione, composto da circa 1500 stakeholders, equamente ripartiti tra medici, farmacisti e pazienti, è tratto dagli oltre 15mila medici di base e 8mila farmacie che fruiscono degli stessi software CGM nel loro lavoro di gestione, nonché, in via esclusiva di servizi mirati di informazione professionale e scientifica. Per quel che riguarda i pazienti, il canale veicolante è Medicitalia, portale nazionale di consulti.
«Abbiamo utilizzato i canali di comunicazione che abbiamo già aperto e quindi il software di cartella clinica presso i medici di base, di cui abbiamo fatto un uso alternativo, e il software gestionale nei confronti della farmacia – conclude Conti -. Per quel che riguarda i pazienti c’è Medicitalia. Quindi abbiamo detto: sfruttiamo la frequentazione di questi utenti sul nostro sito per cercare di individuare quelli affetti da cronicità oppure caregiver di pazienti affetti da cronicità».
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