I ricercatori: “Le pazienti affette hanno mostrato un’aumentata attività metabolica di tutte quelle aree coinvolte nella sfera emotiva come l’amigdala, l’ippocampo ed il mesencefalo”
Una cattiva notizia, la perdita di una persona cara o un trauma possono ‘spezzare’ il cuore. È, infatti, un evento molto stressante a scatenare, nella maggior parte dei casi, la sindrome del cuore infranto, o di Takotsubo, una forma improvvisa e acuta di insufficienza cardiaca. Ora, nuove evidenze, dimostrato che il cuore infranto potrebbe avere una ‘base scientifica’ nel cervello. I sintomi possono essere simili a un attacco di cuore: dolore al torace e mancanza di respiro, palpitazioni, o stanchezza. Tuttavia, non c’è nessuna evidenza di ostruzione coronaria: il muscolo cardiaco diventa improvvisamente indebolito o ‘stordito’ e il ventricolo sinistro, una delle camere del cuore, cambia forma. Anche se ciò influisce sulla capacità del cuore di pompare il sangue, la maggior parte delle persone colpite da questa sindrome, ha un recupero cardiaco spontaneo entro poche ore o giorni. La sindrome, infatti, non occlude persistentemente le coronarie, che di conseguenza non subiscono danni.
La nuova ricerca, condotta dai ricercatori delle strutture di cardiologia universitaria e di medicina nucleare del policlinico di Foggia, è stato pubblicata sul Journal of the American college of cardiology-cardiovascular imagining. “Tramite questo studio – spiega Francesco Santoro, dirigente medico della cardiologia – abbiamo individuato a livello encefalico una base funzionale che predispone allo sviluppo della sindrome. Infatti, le pazienti affette hanno mostrato un’aumentata attività metabolica di tutte quelle aree coinvolte nella sfera emotiva come l’amigdala, l’ippocampo ed il mesencefalo”.
“La ricerca – spiegano gli scienziati del Policlinico – ha valutato l’attività funzionale encefalica mediante tomo-scintigrafia cerebrale in quelle pazienti con sindrome del cuore infranto e sospetta demenza vascolare, riscontrando delle caratteristiche peculiari. Molte pazienti sviluppano la sindrome del cuore infranto dopo un forte stress emotivo ed accedono in pronto soccorso con i sintomi dell’infarto miocardico acuto”. Tuttavia, contrariamente all’infarto, non si osservano in queste pazienti ostruzioni al flusso di sangue verso il cuore, non si formano cicatrici cardiache e le anomalie della funzione cardiaca regrediscono spontaneamente dopo qualche settimana o mese. “Dalla ricerca – conclude Natale Daniele Brunetti, direttore della struttura di cardiologia universitaria – sono emerse delle caratteristiche di queste pazienti che potrebbero necessitare di approcci terapeutici neurologici oltre che cardiologici in casi selezionati”.
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