Entro la fine del 2021, il Ministero della Salute ed Agenas dovranno verificare lo stato di attuazione della Legge 38/10 e elaborare un programma per una diffusione delle cure palliative omogenea su tutto il territorio nazionale. L’intervista
Nel 2020 l’inaugurazione della Scuola di Specialità e l’approvazione in Conferenza Stato Regioni dell’accreditamento delle reti dell’adulto. Nel 2021 l’accreditamento di quelle pediatriche. Risultati attesi da anni dai medici e i professionisti sanitari che operano nell’ambito delle cure palliative.
Ora, entro la fine di quest’anno, il Ministero della Salute ed Agenas dovranno condurre una ricognizione nazionale sullo stato di attuazione della Legge 38/10 e elaborare un programma triennale per garantire, entro il 31 dicembre 2025, una diffusione dei servizi delle cure palliative omogenea su tutto il territorio nazionale attraverso la definizione di obiettivi regionali da raggiungere entro la medesima scadenza temporale.
Gino Gobber, presidente della Società Italiane Cure Palliative, la SICP, in un’intervista a Sanità Informazione, spiega quanta strada è stata già percorsa e quanta ne resta da fare.
«Certo, la normativa quadro sulle reti di cure palliative risale al 2010. Tanto che sono state già sperimentate in quasi tutte le regioni d’Italia, naturalmente con velocità diverse. Ma la disomogeneità è nella natura dell’organizzazione dei Sistemi Sanitari in Italia, così come la presenza di diversità peculiarità a seconda della regione in cui ci si trova».
«Significa avere la possibilità di poter scegliere, di essere informato con continuità, di avere sempre dei riferimenti adeguati alle proprie necessità sia da un punto di vista sanitario che sociale, con una garanzia di continuità delle cure. Questa è, ovviamente, la soluzione eccellente, ideale. Ed è esattamente ciò che la normativa (Legge 38/10 e aggiornamenti) prevede. Ma dal punto di vista della realizzabilità sono obiettivi ancora lontani».
«Perché dalla teoria non si è passati alla pratica. O almeno, non in maniera soddisfacente. Non è un caso che questo comma sia stato inserito in decreti dettati da una condizione di urgenza, come la pandemia da Covid-19. L’emergenza sanitaria ha costretto i decisori a programmare una “sveglia”, affinché i programmi già in essere, e non solo quelli in ambito di cure palliative, fossero portati a termine in tempi ragionevoli».
«Tutt’altro. È stata una spinta a fare meglio e di più: nel pieno dell’emergenza Covid, nel 2020, è stata inaugurata la Scuola di Specialità in cure palliative e la Conferenza Stato-Regioni ha approvato un documento per l’accreditamento delle reti dell’adulto. Quest’anno, poi, a marzo 2021 sono stati fissati i criteri di accreditamento anche per le reti pediatriche. Durante i periodi più critici dell’emergenza abbiamo ricevuto molte più richieste del solito di cure palliative e le reti hanno retto alle continue sollecitazioni. Una sfida che ha posto tutti (Istituzioni, professionisti e cittadini) di fronte ad un’importante consapevolezza: il Sistema Sanitario Nazionale non è una fonte da sfrondare il più possibile, ma un investimento di civiltà».
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