Intervista a Walter Tirelli, antalgologo palliativista, responsabile dell’Ambulatorio Terapia del Dolore dell’Hospice Fondazione Sanità e Ricerca di Roma
Le cure palliative non riguardano solo la malattia oncologica, ma tutte quelle situazioni di inguaribilità, quelle malattie croniche accomunate da un medesimo destino: dolore e sofferenza, con conseguente fragilità psico-fisica e sociale. Non si ha quindi come scopo la guarigione oppure di accelerare o ritardare la morte, ma solo di alleviare il dolore, di renderlo sopportabile, di migliorare più che si può la qualità della vita restante del paziente che ha grandi sofferenze.
Ci sono però ancora molti pregiudizi intorno a queste pratiche. Quindi vogliamo parlare con chi se ne occupa ogni giorno. Incontriamo il Walter Tirelli, antalgologo palliativista, responsabile dell’Ambulatorio Terapia del Dolore dell’Hospice Fondazione Sanità e Ricerca di Roma.
«A causa della grande incertezza sulla trasparenza e disponibilità delle strutture sanitarie, carenti, di erogare servizi che tengano conto dei bisogni effettivi della popolazione, ciò che viene richiesto non corrisponde allo stato di bisogno effettivo esistente soprattutto nel settore della terapia del dolore. Alcuni provvedimenti legislativi hanno espresso la volontà di supportare la programmazione e la realizzazione di una rete di terapia del dolore di cui sono stati recepiti gli standard e i requisiti minimi assistenziali. La legge 38 del 15 marzo 2010, “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, rappresenta una svolta epocale, che precisando la distinzione tra dolore e cure palliative sottolinea la centralità del malato. In entrambi i casi la legge definisce i requisiti minimi e le modalità organizzative necessarie per l’accreditamento delle strutture dedicate alle cure palliative e alla terapia del dolore, e risponde all’esigenza primaria di fornire cure adeguate ai bisogni dei malati e delle famiglie, per ogni età e in ogni luogo di cura, garantendo equità nell’accesso ai servizi e qualità delle cure nell’ambito dei Lea. Una ricerca dell’European Pain in Cancer sul dolore oncologico ha evidenziato come in Italia il 95% ha dolore associato alla malattia (73% della media europea), il 98% con dolore moderato/severo riceve un trattamento e il 16% riferisce come realmente efficace la terapia prescritta. 8 pazienti su 10 risultano sottotrattati. L’Italia è tra i primi in classifica per incidenza del dolore ma tra gli ultimi per efficacia delle cure. Si stima che le persone tormentate da dolore cronico di qualsiasi tipo in Italia siano circa 20 milioni e che ogni anno muoiano 190mila malati di cancro di cui il 75% patisce dolori incoercibili, ovvero 120mila pazienti all’anno muoiono senza ricevere cure adeguate contro il dolore. Nel Lazio è di circa 25mila il numero di nuovi casi di cancro all’anno. Per quanto riguarda il dolore cronico benigno, le sole malattie reumatiche colpiscono il 10% della popolazione e si stima in 5 milioni la popolazione colpita da artrosi. Il dolore è un dramma in cui 1 italiano su 3 è coinvolto, un problema sociale di una vastità e di una importanza inimmaginabili. Tra costi diretti e costi indiretti il dolore cronico in Italia è pari al 2,3% del PIL. Il 17% di chi ne soffre perde il lavoro, il 28% cambia di responsabilità al lavoro, il 20% cambia proprio lavoro e il 22% si ammala di depressione».
«La legge per la terapia del dolore, tra le tante novità (omogeneità delle prestazioni, facilitazione dell’uso degli oppiacei, ecc.) prevedeva un monitoraggio della rete di terapia del dolore attraverso dati che afferiscono alle Regioni: dati relativi alla prescrizione e utilizzo dei farmaci, soprattutto oppiacei e dati relativi alle reti della terapia del dolore con verifica del rispetto delle linee guida del Ministero della Salute. Quando parliamo di Cannabis facciamo riferimento alle varietà più comuni di cannabis terapeutica: la cannabis indica e la cannabis sativa. Queste contengono diversi composti, ma solo due sono presenti in maggiori quantità: il Delta-9-THC (Delta-9-tetra-idro-cannabinolo) e il CBD (Cannabidiolo) che esplicano la loro azione terapeutica agendo su specifici recettori, il CB1 e il CB2. I recettori CB1 sono presenti maggiormente a livello del sistema nervoso centrale, mentre i recettori CB2 li ritroviamo soprattutto in alcune cellule del sistema immunitario. Per quanto riguarda la rimborsabilità della cannabis per la terapia del dolore, nonostante la legge 148/2017, vi è ad aggi una procedura scoraggiante che prevede un piano terapeutico che deve essere redatto da un centro di terapia del dolore di una struttura pubblica. Diversi pazienti che ho in cura con la cannabis per la terapia del dolore, riferiscono che le Asl non accettano volentieri piani terapeutici stilati da centri di terapia del dolore di strutture private e accreditate con il SSN. C’è poi un altro ostacolo. Nel piano terapeutico bisogna aggiungere la dicitura “Per terapia non responsiva a trattamenti convenzionali”. Questa limitazione potrebbe pregiudicare l’uso della cannabis terapeutica come farmaco di prima linea nel trattamento di sindromi dolorose come ad esempio la Fibromialgia».
«Nel 2008 presso il Centro di Rianimazione, Terapia Intensiva, Terapia del Dolore e Cure Palliative dell’Istituto Nazionale Tumori “Regina Elena“, condussi una sperimentazione clinica con questo farmaco, nella varietà “Sativa“; era una spray buccale contenente Delta-9-THC ( in quantità pari a 2,7 mg ) e CBD ( 2,5 mg) che veniva utilizzato in associazione agli oppiacei per il trattamento del dolore cronico da cancro; il farmaco fu testato come adiuvante nella gestione del dolore neuropatico oncologico. I risultati non furono tali da rivoluzionare la cura del dolore, le aspettative vennero disattese in quanto l’uso di tale farmaco poteva dimostrarsi utile in combinazione con gli oppiacei, ma non era in grado di sostituirli».
«La cannabis terapeutica viene utilizzata in diversi contesti clinici, ad esempio nella spasticità dolorosa conseguente a lesioni del midollo spinale, nella spasticità secondaria a sclerosi multipla, nelle sindromi neurologiche come la sindrome di Gilles de la Tourette, nel dolore cronico difficile, nella nausea e vomito conseguenti alla chemioterapia e alla radioterapia, nelle sindromi fibromialgiche, nell’artrite reumatoide, nell’epilessia, per stimolare l’appetito in paziente con cancro HIV».
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