Presentate al Congresso internazionale sulle cure palliative pediatriche le nuove linee guida OMS, redatte dalla dottoressa Joan Marston: «Aiutano a creare una rete che possa mettersi a disposizione di ognuno dei 21 milioni di bambini che, nel mondo, ne hanno bisogno»
L’Italia ha la Legge migliore d’Europa in tema di cure palliative pediatriche, eppure solo il 5% dei bambini che ne ha diritto vi ha accesso. Gli hospice pediatrici funzionanti su tutto il territorio nazionale, poi, sono quattro, a fronte di 30mila bambini che ne avrebbero bisogno. Il messaggio lanciato dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus in occasione del suo IV Congresso internazionale, in corso a Roma con esperti mondiali provenienti da oltre 55 Paesi dei 5 continenti, è quindi inequivocabile, ed è ben sintetizzato dalle parole della dottoressa Joan Marston, presente all’incontro: «I bambini non devono soffrire. Abbiamo le conoscenze e le capacità per far sì che questo non avvenga e aiutare i 21 milioni di bambini che, nel mondo, hanno bisogno di cure palliative, del tutto assenti nel 65% dei Paesi».
Per contribuire a raggiungere questo risultato, al Congresso della Fondazione Maruzza, l’appuntamento internazionale più importante nel campo, sono state presentate in anteprima mondiale le nuove linee guida dell’OMS sulle cure palliative pediatriche, che la dottoressa Marston ha contribuito a redigere. «L’obiettivo di questa guida – spiega ai nostri microfoni – è riuscire a creare una rete che possa immettersi nei sistemi sanitari già preesistenti. Non tratta di cure o terapie specifiche, ma intende proprio presentare un sistema che possa mettersi a disposizione di ogni bambino che ha bisogno di cure palliative».
L’Italia, con la Legge 38/2010, ha decretato che tutti i cittadini hanno il diritto all’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative, sancendo la specificità pediatrica. Purtroppo gran parte della popolazione non è al corrente di questo diritto. «Le ragioni sono anche culturali – ci spiega Franca Benini, presidente del Congresso e responsabile del Centro di riferimento Veneto di terapia del dolore e cure palliative pediatriche -. Le cure palliative fanno paura, e quindi si cerca di evitarle. C’è una grossa carenza di formazione sul tema, anche dei medici e degli operatori sanitari, le cui conoscenze in materia sono spesso scarse. E poi c’è una grande carenza di informazione».
Un’ignoranza che, forse, inizia dal significato stesso di “cure palliative”, che non sono cure di fine vita, ma hanno lo scopo di controllare i sintomi, compreso il dolore, che ogni paziente affetto da malattia cronica o inguaribile può manifestare, offrendo quindi alla persona malata la migliore qualità di vita possibile. Come spiega la Fondazione, «sono un’innovativa e sostanziale visione di cura insieme alla medicina attiva, e rappresentano una componente dell’assistenza sanitaria basata sul concetto umano della dignità, dell’autonomia, dei diritti umani, dei diritti civili, dei diritti del paziente e della percezione e concezione condivisa della solidarietà e coesione sociale».
«Per noi è un cruccio che il diritto alle cure palliative resti ancora insoddisfatto – commenta il segretario generale della Fondazione Elena Castelli -, ma continueremo a portare avanti questa battaglia. Sicuramente questi congressi a livello internazionale possono aiutarci molto: quest’anno abbiamo avuto ancora più adesioni e sono sempre di più i giovani che si interessano all’argomento. Cosa che ci riempie di gioia, perché significa che il movimento sta crescendo».
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