Elena Castelli (Fondazione Maruzza): «Se non possiamo guarire un bimbo dalla sua malattia, allora abbiamo il dovere di “curare” i sintomi che gli impediscono di vivere serenamente i suoi giorni»
Non alleviano le sofferenze della morte, ma quelle della vita. Sono le cure palliative pediatriche, quei trattamenti che permettono ad un bambino malato di inseguire e realizzare i suoi sogni, di vivere una tranquilla quotidianità, di intrecciare relazioni. Ai suoi genitori concedono sostegno. Ai fratelli e le sorelle un clima familiare più disteso.
«In altre parole – spiega Elena Castelli, segretario generale della Fondazione Maruzza, istituzione impegnata da oltre 20 anni nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore pediatriche – se non possiamo guarire un bambino dalla sua malattia, possiamo almeno “curare” tutti quei sintomi che gli impediscono di vivere serenamente i suoi giorni, da condizioni di dolore inteso, ad alterazioni del ritmo sonno-veglia e disturbi del comportamento, fino ad anomalie delle funzioni vitali».
In Italia ci sono circa 30 mila bambini che hanno ricevuto una diagnosi di malattia incurabile, ma solamente il 5% ha accesso alle cure palliative. «Eppure – continua Castelli – l’istituzione di una rete di Cure Palliative Pediatriche è prevista dalle Legge n. 38 del 2010. Ma, ancora oggi, l’applicazione della norma è ampiamente disattesa, con una situazione drammatica in alcune regioni, nonostante la presenza di minori con patologie gravi, che avrebbero bisogno di terapie, riabilitazione e assistenza speciale domiciliare».
Come evidenziato nel Rapporto al Parlamento italiano del 2017 sulle “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” (con ultimo aggiornamento nel 2020), oggi su 20 regioni, 17 hanno deliberato in merito all’attivazione di una rete territoriale. Tra queste, solo in 6 delibere sono descritti i criteri ed i percorsi per l’attivazione dei centri di riferimento. Attualmente, una strutturata rete di assistenza domiciliare pediatrica specialistica in terapia del dolore e cure palliative pediatriche è presente solamente in 6 regioni. Gli hospice pediatrici in funzione su tutto il territorio nazionale sono solo 6, 4 in via di realizzazione.
«La Rete Territoriale di Cure Palliative Pediatriche garantisce assistenza 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno, sia al bambino che alla sua famiglia – dice il segretario generale della Fondazione Maruzza -. Ne fanno parte ospedali, hospice pediatrici, pediatri di libera scelta, professionisti socio-sanitari territoriali e tutte le risorse presenti sul territorio, coordinate da un centro unico di riferimento regionale».
Un’organizzazione che ha mostrato tutta la sua forza anche nel pieno dell’emergenza Covid: «Durante la pandemia, coloro che hanno potuto usufruire dell’assistenza a domicilio, coordinata dalla Rete di cure palliative – sottolinea Castelli -, non hanno peggiorato la propria qualità di vita. I bambini che, invece, vivono in regioni dove questi servizi integrati non esistono (possibilità economiche permettendo), hanno dovuto affrontare dei veri e propri viaggi della speranza per curarsi».
«Immaginiamo un piccolo paziente che dalla Puglia deve raggiungere la Capitale. Ed immaginiamo che questo bambino abbia fratelli o sorelle. I genitori saranno costretti a divedersi e chi dei due accompagnerà il piccolo a Roma per periodi più e meno lunghi, molto probabilmente, dovrà rinunciare al proprio lavoro, con tutte le conseguenze economiche del caso. In più, nei periodi di lontananza, dovrà rinunciare sia all’accudimento degli altri figli, che potrebbero percepire un senso di abbandono, che alla vita di coppia. Un recente studio – aggiunge il segretario generale della Fondazione – ha dimostrato che per ogni bambino malato ci sono circa 300 persone che vengono più o meno coinvolte emotivamente: dalla famiglia, alle amicizie, fino alla scuola».
Per sostenere questi bambini e le persone che orbitano intorno alle loro vite è necessario che tutti i cittadini siano sensibilizzati sull’importanza delle cure palliative pediatriche. «Diffondere consapevolezza significa sostenere e incentivare l’organizzazione delle reti territoriali, affinché siano equamente distribuite in tutte le Regioni d’Italia. Per questo, con la nostra Fondazione spendiamo molte delle nostre energie per migliorare la comunicazione sociale. A luglio sarà premiata la campagna di sensibilizzazione vincitrice del concorso indetto dall’associazione Paolo Ettorre che ne finanzierà la diffusione. E in autunno – conclude Castelli – un altro progetto ci vedrà protagonisti di una nuova campagna di sensibilizzazione, che punterà ad aumentare la consapevolezza anche tra le fasce più giovani della popolazione».
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