Circa mezzo milione di italiani avrebbero bisogno, ogni anno, di cure palliative e la richiesta è in aumento. La Società italiana di cure palliative (Sicp) ha pubblicato un documento che propone uno standard di personale medico e infermieristico per i servizi specialistici
Sono oltre 500mila le persone che, in Italia, necessiterebbero del supporto delle cure palliative. E, mentre le richieste continuano ad aumentare, diventa sempre più difficile trovare specialisti che se ne facciano carico: all’appello mancano più del 50% dei medici palliativisti e due terzi degli infermieri per l’assistenza domiciliare. Queste sono solo alcune delle criticità emerse da un documento di raccomandazioni pubblicato dalla Società italiana di cure palliative (Sicp), che propone uno standard di personale medico e infermieristico per i servizi specialistici di cure palliative che operano nelle reti locali di cure palliative per gli adulti del nostro Paese. “I dati della nostra analisi – spiega Gino Gobber, presidente di Sicp – mettendo a confronto la realtà odierna delle cure palliative e uno scenario futuro di copertura del bisogno, aprono alla possibilità di una efficace programmazione sanitaria, tenuto conto anche degli sviluppi normativi che riguardano le cure palliative promulgati nel periodo post Covid”.
l documento, presentato oggi a Milano all’Università Statale in partnership con la Federazione cure palliative, in occasione della tavola rotonda ‘Cure palliative come diritto universale’, è il frutto di oltre un anno di rigoroso lavoro di analisi della letteratura scientifica e delle buone pratiche italiane e internazionali, e di confronto fra operatori con competenze ed esperienze specifiche e consolidate in questo tipo di cure, in assenza al momento di specifiche indicazioni da parte delle istituzioni nazionali. Il tutto in un contesto di molteplici interventi legislativi, che vedono la copertura del bisogno di cure palliative tra gli obiettivi della Mission 6.1 del Pnrr. “Viviamo un momento che può essere definito, a ragione – sottolinea Gobber – come un’occasione unica per il servizio sanitario. La Legge 106 del 2021 – chiarisce il presidente Sicp – chiede alle Regioni di completare l’articolazione delle Reti di cure palliative entro il 2025; il Dm 77/22 definisce il ruolo di tali reti nel panorama ampio di una sanità territoriale profondamente rinnovata; la Legge 197/2022 fissa l’obiettivo della presa in carico del 90% del bisogno di cure palliative da raggiungere entro il 2028. Tutto questo si colloca nel perimetro ampio del Pnrr con l’impegno del miglior uso delle risorse rese disponibili. Ci auguriamo che il documento di sintesi con le nostre raccomandazioni sia recepito dal legislatore e dai decisori, a livello centrale e sul territorio”
Dal confronto tra quanto proposto nel documento di raccomandazioni con quanto emerso da una ricerca condotta dalla Sicp su mandato del Ministero della Salute, emerge che al bisogno di cure palliative specialistiche a domicilio fanno fronte circa 750 medici palliativisti quando ne servirebbero 1.600, con un deficit di oltre il 50% rispetto alle necessità, e circa 1.500 infermieri contro un bisogno stimato di 4.550, dunque con una carenza di 3.050 unità, pari al 66%. Rispetto all’assistenza domiciliare, la situazione degli hospice appare meno critica. Secondo le stime della Sicp, oggi negli hospice lavorano circa 500 medici palliativisti e oltre 2.100 infermieri per 3.199 posti, uno standard discretamente in linea con quanto previsto dal Dm 43 del 2007, che tuttavia era riferito al solo bisogno di cure palliative nei pazienti oncologici, ma insufficiente rispetto ai nuovi obiettivi fissati dal Dm 77/22 secondo i quali mancherebbero oltre 100 medici palliativisti e oltre 600 infermieri, pur in presenza di una grande variabilità di dati nelle diverse regioni. Il quadro di carenza complessiva era stato evidenziato dalla survey Sicp-Altems rivolta a medici e infermieri attivi nelle Reti di cure palliative e dalla ricognizione di Agenas sullo stato di attuazione della Legge 38/2010. I dati contenuti nella survey Sicp-Altems hanno rilevato, fra l’altro, come più di 600 medici palliativisti in attività abbiano oltre 56 anni di età, con una previsione di pensionamento nei prossimi 10 anni.
“Queste terapie, previste per legge, quindi un diritto per il cittadino – precisa Gobber – consistono in una serie di interventi terapeutici e assistenziali finalizzati alla cura attiva e totale di persone la cui malattia di base non risponde più ai trattamenti specifici. L’obiettivo è la migliore qualità di vita possibile per malati e famiglie, per la vita che rimane da vivere”. Quindi “il palliativista non dovrebbe lavorare solo con l’oncologo, ma anche con il cardiologo, il nefrologo e il neurologo”. Sulle terapie territoriali, quindi anche sulle cure palliative, “il Pnrr dà un mandato chiaro – evidenzia il presidente Sicp – Non possiamo non rispettarlo”. Del resto, ricorda, “la Legge di Bilancio del 2022, la 197, pone l’obiettivo del 90% della presa in carico in cure palliative entro dicembre 2028. E’ un obiettivo ambiziosissimo”. Secondo l’esperto, sono tre gli elementi su cui lavorare per raggiungere la meta. Il primo riguarda la formazione.
“L’università, tra i suoi obiettivi – rimarca Gobber – ha quello di fornire dei professionisti al Servizio sanitario nazionale. Si tratta di fare una programmazione corretta”. La seconda mossa compete “alle aziende sanitarie che dovrebbero bandire concorsi per palliativisti che, a differenza si quanto si registra per quelli dei pronto soccorso, non vanno mai deserti perché ci sono 10 specialità mediche equipollenti. Comprendono oncologi, anestesisti, geriatri, internisti” e “non possono passare alle palliative perché, oltre al blocco del turnover, non hanno i concorsi”, osserva il presidente della Sicp, che vede nel Terzo settore proprio l’ultimo asset strategico a cui affida il compito di “portare a casa quella parte della normativa che riguarda le tariffe”. Perché se non c’è un rimborso per la gestione del paziente, non si può erogare il servizio a casa. Infine, nella rete delle cure palliative, che “secondo la normativa è costituita dal domicilio, l’hospice, l’ospedale e le strutture residenziali per anziani”, Gobber vede “paradossalmente” un anello debole nella scarsa “presenza di palliativisti anche in ospedale”, centrali per intercettare, ad esempio, “le persone che ne hanno necessità e per attivare la presa in carico a domicilio”. L’obiettivo è ambizioso, ma. conclude l’esperto, “ci sono realtà in Italia, sia al Nord sia al Sud, che funzionano ad un altissimo livello. Quindi si può fare”.
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