Usato per scoprire l’abitazione dei criminali seriali in base ai loro omicidi, questo algoritmo potrebbe prevedere i nuovi focolai seguendo l’evoluzione geografica del virus
Come dare la caccia ai serial killer. Grazie all’intelligenza artificiale, infatti, con un algoritmo è possibile prevedere la diffusione geografica del coronavirus fin dal momento in cui si registrano i primissimi casi, e quindi individuare precocemente i focolai, le zone dove si stanno manifestando casi non ancora identificati e il perimetro di aree da sottoporre a eventuale lockdown per contenere la diffusione. È il risultato dello studio realizzato dai ricercatori del Centro Ricerche Semeion di Roma, in collaborazione con la Fondazione Vsm di Villa Santa Maria di Tavernerio (Como), appena pubblicato su Physica A, rivista specializzata in ricerche nel campo della meccanica statistica applicata al comportamento dei sistemi macroscopici.
Il nuovo algoritmo, sviluppato presso il Centro Ricerche Semeion e denominato Topological Weighted Centroid (TWC) ha, infatti, dimostrato di essere in grado di analizzare i casi di contagio considerando lo spazio nel quale essi si manifestano (latitudine e longitudine) e prevedere, sulla base dei dati a disposizione, la loro evoluzione geografica. L’analisi, che ha considerato esclusivamente 24 centri nei quali si era manifestato almeno un caso di Covid-19 in Italia alla data de 26 febbraio scorso, è stata condotta attraverso un algoritmo che appartiene alla famiglia del Geographic Profiling, metodo nato in ambito forense per individuare l’abitazione dei serial killer a partire dall’analisi dei luoghi nei quali questi avevano aggredito le loro vittime.
«Le analisi epidemiologiche che utilizzano i modelli matematici Sir per la propagazione di una malattia infettiva in genere non considerano dove si manifestano i casi, ma solo quanti sono e quando emergono. Anche per questa ragione le loro previsioni su Covid-19 si sono dimostrate quasi sempre fallaci», spiega Massimo Buscema, presidente del Centro Semeion e ideatore dell’algoritmo.
«Lo spazio, invece, ha un suo linguaggio che gli epidemiologi non conoscono e che ci fornisce una serie di informazioni utili». Il TWC, che è attualmente in uso presso la University of Colorado a Denver (Dipartimento di Matematica e di Fisica) per analizzare l’evoluzione di Covid-19 negli Stati Uniti e in Brasile, potrebbe quindi aprire nuovi scenari nelle strategie di contrasto e contenimento del coronavirus.
«Negli ultimi mesi è stata prodotta un’enorme quantità di letteratura su Covid-19, con circa 40 mila articoli pubblicati in tutto il mondo», commenta Enzo Grossi, direttore scientifico della Fondazione Vsm di Villa Santa Maria. «Solo una minoranza di questi, però, riguarda la distribuzione geografica-spaziale dell’infezione, e quasi tutti provengono dalla Cina. Il razionale di questa applicazione è che il conteggio preciso del numero di casi nelle fasi iniziali è spesso difficile, soprattutto nei Paesi sottosviluppati: il sistema TWC consente, invece, di identificare l’area dell’origine ell’epidemia e proiettare nel futuro il suo andamento».
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