Giuseppe Quaratino ha superato la balbuzie con il metodo Psicodizione e oggi è insegnante: «È bello vedere la soddisfazione di genitori e amici». Chiara Comastri, psicologa ed ideatrice del percorso: «Ridiamo alle persone il controllo sui loro suoni e insegniamo a gestire le emozioni»
È un disturbo complesso del neurosviluppo. Il DSM-5 lo inserisce all’interno dei disturbi della fluenza, non del linguaggio. La balbuzie interessa circa 1 milione di persone in Italia e 70 milioni in tutto il mondo, con un rapporto maschi/femmine che è di 4:1. Dipende da molti fattori: c’è una componente genetica, ambientale e, sicuramente, psicomotiva dell’individuo, una predisposizione a viversi nella comunicazione con l’altro che fa la differenza. L’ansia è senza dubbio una conseguenza della balbuzie e delle disfluenze.
È una tematica delicata, vista ancora come un tabù nella società, in famiglia e a scuola. Sul problema mancano ancora adeguata informazione e sensibilizzazione. Per questo, l’abbiamo approcciata a 360° con un’esperta, la dottoressa Chiara Comastri, psicologa, ex balbuziente ed ideatrice del percorso Psicodizione.
«Ho iniziato a balbettare quando avevo tre anni e fino a 22 ho fatto molta fatica – confessa a Sanità Informazione -. Poi il mio percorso di rieducazione mi ha portato ad avere la mente totalmente libera dai blocchi e fluida. Oggi non sento più i condizionamenti che crea la balbuzie».
Proprio perché parliamo di un disturbo del neurosviluppo, la maggior parte dei bambini sviluppa la balbuzie tra i due anni e mezzo e i quattro. Ma ci sono persone che iniziano a balbettare a sette, quindici o venticinque anni. Magari con un esame orale all’università. «Ci possono essere eventi che hanno a che fare con un trauma vissuto ma sono molto rari – spiega la psicologa -. C’è una finestra magica che dobbiamo sfruttare nella fase prescolare, entro i sei anni d’età. I primi sei mesi, il primo anno dall’esordio il bambino va monitorato perché nel 75-80% dei casi il disturbo può avere una remissione naturale. Ma se dopo i sei mesi, il primo anno, la problematica persiste bisogna intervenire, non aspettare i sei anni. Gli studi dimostrano che intervenendo in maniera precoce la regressione dei sintomi è possibile».
I genitori agiscono, chiaramente, perché pensano di aiutare il bambino, a fin di bene. Ma, inconsciamente, possono mettere in atto atteggiamenti scorretti. Far notare al bambino che si sta inceppando, anticipare le parole al suo posto, consigliare di respirare prima di parlare e stare calmo. «Tutto questo, in realtà, porta il bambino a essere esposto – aggiunge la dottoressa -, a pensare che c’è qualcosa che non va e a preoccuparsi di come sta parlando. La cosa migliore che possiamo consigliare a genitori e insegnanti è di focalizzarsi sul contenuto, sul messaggio che vogliono trasmettere bambini e ragazzi con balbuzie».
Non tutti sanno che il balbuziente non balbetta costantemente, anzi perlopiù parla benissimo, tranne in alcune situazioni. Questo dipende molto dall’emotività, da come si vive il giudizio degli altri. «La maggior parte di coloro che hanno vissuto o vivono la balbuzie non balbettano quando cantano o quando recitano ma nella vita di tutti i giorni sì. Sicuramente quando sei sul palco o canti o reciti sei molto presente a quello che stai facendo, a quel suono, a quella lettera, al ricordo del contenuto della canzone. Non hai tempo di pensare, la tua mente è attenta a quello che stai facendo e non si attivano vecchi o abituali meccanismi psicologici correlati. L’attore – specifica l’esperta – permette di svestirsi di quello che sei, interpretando un personaggio».
«La balbuzie si può superare – dichiara la dottoressa -. In Psicodizione lavoriamo su un percorso tecnico che consente di ridare alle persone il controllo sui loro suoni. Spesso, chi balbetta tende ad avere paura di alcune lettere. Riprenderne il controllo significa togliere la paura e comprendere quello che si fa di corretto e di scorretto. Poi, insegniamo a saper gestire le emozioni, a usare l’ansia a proprio vantaggio».
Psicologi, formatori ed educatori lavorano in gruppo per una settimana di corso intensivo, poi ogni ragazzo viene seguito da un tutor, che lo guida nei mesi successivi. «Accompagniamo giovani e adulti nella vita professionale, familiare, scolastica e lavorativa. L’obiettivo è ottenere un livello di comunicazione fluida non percependo più, nemmeno nel pensiero, i blocchi che si manifestano nella parola. Li alleniamo – continua – a sviluppare nuove capacità relazionali, abilità per sentirsi comodi nella relazione con l’altro e nella vita in generale».
Giuseppe Quaratino, psicologo e insegnante in Psicodizione, era un balbuziente. Non solo ha imparato a gestire la sua balbuzie e risolverla completamente, ma oggi insegna agli altri come liberarsi dalla gabbia che comporta.
«Ho iniziato a balbettare a tre anni, alle elementari. A chi mi chiedeva perché non sapevo mai cosa rispondere. C’erano momenti in cui parlavo bene – ricorda – e altri in cui balbettavo e non sapevo perché, era tutto molto casuale. C’erano delle situazioni in cui per me comunicare era molto difficile: a scuola quando dovevo alzare la mano per andare al bagno o quando dovevo ordinare una pizza in famiglia o con gli amici. Le difficoltà nell’esprimermi mi portavano a delegare agli altri. Nessuno era riuscito ad aiutarmi ed ero molto rassegnato».
Poi, un video della dottoressa Comastri ha acceso la lampadina: «Per la prima volta ho sentito parlare veramente di balbuzie – racconta -. Mi sono rispecchiato in ciò che diceva e ho pensato che, come lei, potevo farcela anche io».
I risultati del percorso di Psicodizione arrivano subito: «Nel momento in cui ho acquisito gli strumenti iniziavo a notare già dal primo, secondo giorno che i blocchi non c’erano più. Ho iniziato a telefonare, a leggere davanti a tutti. Ho letto perfino in chiesa al matrimonio di mio fratello, per me impensabile. Ho fatto il corso undici anni fa – precisa – vorrei dire che non bisogna allenarsi per tutta la vita, ad un certo punto diventa tutto automatico. È bello vedere la soddisfazione di genitori e amici, la luce nei loro occhi. Ormai non penso più all’ansia, sento che ho la mente costantemente libera».
Dalla gioia per essersi «liberato di un peso» nasce la volontà di insegnare agli altri: «Ho sentito che era quella la mia missione, aiutare le persone ad essere completamente libere nella comunicazione. Ogni giorno lavoro per questo» conclude.
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