Salute 28 Aprile 2020 14:00

Dalla riduzione dei farmaci al reinserimento lavorativo: ecco come curare ansia e disturbi cognitivi con il verde

I giardini terapeutici riducono sintomi ed effetti di patologie come Autismo, Alzheimer e Sindrome di Down. Ma ritrovare il contatto con la natura attenua stress e stati depressivi in tutti noi. Andrea Mati (paesaggista): «Progettare ospedali e RSA integrati e immersi nei parchi»

Curare con il verde. Senza sostituire la medicina e la scienza, ma come terapia integrativa per il benessere dei pazienti. Piante, fiori, profumi, colori e odori: i benefici del contatto tra uomo e natura sono ampiamente dimostrati da medici specialisti, psicologi e psichiatri. Recuperare il contatto con la natura ha effetti positivi sui pazienti con deficit cognitivi, e contribuisce alla nostra salute psicofisica: abbassa i livelli di stress, rafforza le difese immunitarie, aiuta a ritrovare vitalità e soccorre in una fase depressiva o difficile, come quella che stiamo attraversando a causa dell’epidemia da SARS-CoV-2. «Sono fermamente convinto che il verde sia un importante alleato della medicina tradizionale – dichiara Andrea Mati, architetto e paesaggista esperto di giardini terapeutici nell’intervista al nostro quotidiano –. Questa drammatica esperienza deve portare la società a rimettere la natura al centro dei suoi modelli e delle dinamiche di vita e tutti noi, forse, a riavvicinarci alla natura, alle piante e al verde. Non si fa prima l’ospedale o la RSA e poi il giardino terapeutico, magari solo se avanzano i soldi. La società post coronavirus deve pensare ad un ospedale immerso e integrato in un parco che, a sua volta, deve essere progettato per offrire percorsi e ausili specifici per le diverse patologie, in modo che il paziente possa passeggiare in un verde attrezzato o, per chi non può muoversi, possa avere il beneficio di anche solo vedere la natura dalla finestra».

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Lei ha deciso di dedicarsi alla progettazione e alla realizzazione di giardini terapeutici. Quando, come e perché è nata questa idea?

«Questa idea, frutto di una personale passione, nasce da molti anni di lavoro a stretto contatto con persone con deficit cognitivi o costrette in situazioni di svantaggio sociale e dall’aver potuto valutare gli straordinari effetti benefici del verde su queste tipologie di pazienti. La mia lunga esperienza compiuta sul campo si è affinata grazie alla collaborazione con Università, centri di ricerca e aziende specializzate nel settore delle terapie non farmacologiche nella cura di particolari disturbi cognitivi. L’azienda Piante MATI 1909 che gestisco con i miei fratelli ha una secolare storia di vivaismo alle spalle e mi ha fin da subito sostenuto nel progetto di sviluppare un nuovo settore aziendale, dedicato esclusivamente alla progettazione e realizzazione di giardini terapeutici, luoghi dagli effetti positivi nella cura di ansia e stress e capaci in alcuni casi di ridurre la somministrazione di farmaci».

Quali sono le strutture nate finora in Italia? Ci può indicare i criteri che hanno guidato la realizzazione dei giardini per ogni disturbo specifico?

«Ho lavorato in strutture all’avanguardia, come la Comunità di recupero di San Patrignano a Rimini o la Comunità Incontro a Terni, e all’interno di centri di accoglienza per malati di Alzheimer ed Autismo in varie zone d’Italia. I criteri seguiti nella progettazione del verde terapeutico sono finalizzati alla cura del disturbo e partendo dalle caratteristiche della patologia vengono selezionate piante dalle precise caratteristiche, che verranno poi disposte in modo tale da ottimizzare il loro impatto sul paziente. Per l’Autismo, ad esempio, vengono create nicchie di verde dove il malato può sedersi sentendosi protetto dalla vegetazione; per l’Alzheimer, invece, si tende a suscitare emozioni legate al riconoscimento di piante che erano note al paziente in età giovanile. Nella cura della sindrome di Down si cerca di far socializzare i soggetti attraverso la pratica del giardinaggio e la creazione di quella che viene definita “l’aiuola delle adozioni” in grado di stimolare l’interazione e la collaborazione tra i pazienti; per quanto riguarda le dipendenze, si predilige sempre la creazione di giardini ad alta manutenzione dove, durante tutto l’anno, gli utenti sono impegnati nella cura di alberi, siepi, bordure fiorite, labirinti di verde, roseti e orti. Da tempo collaboriamo con aziende che svolgono attività di progettazione di ambienti interni e arredi per RSA, case di riposo, cliniche, centri diurni e nuclei Alzheimer. Nel 2017 abbiamo proposto alla Regione Toscana il progetto NOVIFRA che ha ottenuto il finanziamento all’interno dei “Progetti di ricerca e sviluppo delle MPMI” e dalla stessa Regione è stato premiato come eccellenza nell’innovazione terapeutica. La finalità del Progetto, sviluppato da quattro aziende toscane, è la realizzazione di un ambiente terapeutico interno alla struttura sanitaria che dialoga con un giardino terapeutico esterno, dove, attraverso l’utilizzo di sensoristica, si sperimentano terapie non farmacologiche nella cura dell’Alzheimer. Il monitoraggio dei risultati avviene attraverso tecnologie non invasive di tracciabilità, che consentono al personale di seguire gli spostamenti degli ospiti e di osservarne le reazioni e interazioni con l’ambiente interno ed esterno.  Nella struttura gli ambienti di permanenza vengono migliorati e resi più rispondenti alle esigenze delle “utenze fragili”, mentre all’esterno pergole vibro-acustiche e ausili motori consentono agli ospiti non autosufficienti di muoversi liberamente e raccogliere stimoli capaci di lenire le fasi acute della loro malattia. È stato realizzato grazie al progetto NOVIFRA un primo giardino prototipo sperimentale aziendale (presso il centro MATI 1909) per pazienti con disturbi cognitivi (Sindrome di Down, Autismo) allo scopo anche di confrontarlo con la tipologia studiata per malati di Alzheimer (realizzata nel 2017 all’interno degli stessi spazi aziendali). Il progetto è proseguito con la realizzazione di un giardino terapeutico integrato con un sistema vibro-acustico presso il nucleo Alzheimer della RSA Casa Argia di Figline Valdarno, dove prende vita il monitoraggio vero e proprio».

Dalla sua esperienza, da cosa traggono maggiore giovamento i pazienti?

«I pazienti traggono un grande giovamento dalla costante frequentazione dei giardini terapeutici, soprattutto in termini di riduzione dei sintomi legati a stress e depressione e degli effetti collaterali a questi stati di salute. In alcuni casi è stato possibile ridurre, addirittura del 30%, la somministrazione di farmaci ansiolitici e nella cura di disturbi psichiatrici e dipendenze il contatto con il verde ha consentito il reinserimento nel mondo del lavoro di numerosi soggetti.  Nella cura dell’Alzheimer è sorprendente vedere come la vista di un fiore o il profumo di un arbusto riescano a riportare alla memoria vecchi ricordi sopiti e spesso dimenticati, infatti l’obiettivo principale dei giardini terapeutici studiati per Alzheimer è il riportare alla mente pensieri positivi legati alla fase giovanile della vita del malato. Sono fermamente convinto che il verde sia un importante alleato, ma dobbiamo sempre lavorare in sinergia con la medicina tradizionale, della quale non potremmo mai fare a meno. In questi anni di esperienza sul campo ho imparato quanto sia importante il lavoro sinergico grazie alla collaborazione con il Prof. Giulio Masotti, ex primario di Geriatria all’Ospedale di Careggi, e con i suoi stretti collaboratori: il Prof. Andrea Ungar, attuale primario di reparto, e il Dr. Andrea Mossello, che ringrazio per tutto ciò che mi hanno insegnato».

L’emergenza coronavirus ha improvvisamente e drasticamente cambiato i nostri stili di vita. Quali sono i benefici della natura sulla salute anche delle persone sane, non solo dei malati?

«Il vivere a stretto contatto con la natura riduce fortemente i livelli di stress non solo nelle persone malate ma anche e soprattutto in quelle sane, che possono così ritrovare energia e vitalità. Alla riduzione dei livelli di stress segue l’aumento e il rafforzamento delle difese immunitarie, responsabili della risposta del nostro organismo a virus e malattie. Il consiglio che posso rivolgere a tutti è quello di “rifugiarsi”, almeno qualche ora al giorno, in uno spazio verde, dove non ci siano i rumori e l’inquinamento della città: basterà respirare aria più pulita e toccare con gli occhi e con le mani la natura per sentirsi subito meglio. In generale, questa drammatica esperienza deve portare la società a rimettere la natura al centro dei suoi modelli e delle dinamiche di vita. E tutti noi, forse, dobbiamo cogliere questa lezione per riavvicinarci alla natura, alle piante e al verde. La riprogettazione della società e della vita, in Italia e sul pianeta, non può essere ancorata solo a modelli di business economici e finanziari ma deve mettere la salute al primo posto e, per i benefici che ne derivano, il contatto con la natura. Per far questo occorre che il verde non sia più concepito come “accessorio” e “residuale”. La natura, il suo rispetto e la sua valorizzazione, deve diventare la bussola di ogni azione della società. La società post-coronavirus deve pensare ad un ospedale immerso e integrato in un parco che, a sua volta, deve essere progettato per offrire percorsi e ausili specifici per le diverse patologie, in modo che il paziente possa passeggiare in un verde attrezzato o, per chi non può muoversi, possa avere il beneficio di anche solo vedere la natura dalla finestra. Oggi il dialogo tra sanità ed esperti del verde sta portando ad una crescita fortissima della consapevolezza dei benefici delle piante per alcune patologie. Il verde non può e non deve sostituire la medicina e la scienza ma può dialogarci ed essere uno strumento per integrare le cure per il bene del paziente».

Quali consigli e suggerimenti si sente di dare per vivere le giornate di quarantena nel miglior modo possibile?

«Il più possibile a contatto con il verde. Chi ha un terrazzo può riempirlo di piante e vasi: trarrà una grande soddisfazione dal prendersene cura e avrà un’attività in grado di aiutarlo a impiegare il tempo di queste giornate di imposto lockdown. Chi invece ha un giardino può ritenersi molto fortunato e dovrebbe trascorrerci buona parte della propria giornata. Chi purtroppo non ha questa fortuna, sempre nel pieno rispetto delle disposizioni normative a tutela della salute pubblica, deve concedersi momenti di relax nel verde passeggiando in spazi in cui è consentito muoversi anche per brevi tratti».

 

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