Salute 23 Marzo 2020 15:21

Dalla vitamina C ai farmaci miracolosi, dilagano online le bufale sul Coronavirus

«Con questi messaggi allarmistici sui siti si fa clickbaiting e ci si guadagna soldi. Proliferano perché c’è sempre un interesse a raccontare una favoletta che fa presa» spiega Alessandro Conte, responsabile del sito della FNOMCeO “Dottoremaèveroche”

Come ogni epidemia che si rispetti, anche il Covid-19 porta con sé un’enorme scia di bufale che in queste settimane di emergenza stanno imperversando su chat, social, televisioni e radio. Dalla vitamina C alle bevande calde, è un fiorire di leggende metropolitane a cui le persone si aggrappano, forse anche perché inconsciamente portate, in questo momento di mancanza di certezze, a nutrirsi di qualsiasi cosa che soddisfi il desiderio di informazione.

«In questo momento iniziano ad affacciarsi tutta una serie di rimedi farmacologici che non hanno nessun tipo di validazione scientifica – spiega a Sanità Informazione Alessandro Conte, responsabile FNOMCeO del sito “Dottoremaéveroche” -. Finché le persone si affidano alla vitamina C, succede relativamente poco. Fanno affari quelli che vendono la vitamina C, ma è difficile che si riescano ad assumere per bocca dosaggi tali da farsi venire i calcoli renali, che è uno degli effetti del sovra-dosaggio della vitamina C».

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«Bufale di questo tipo fanno quindi poco danno, se al tempo stesso le persone si attengono ai comportamenti corretti per prevenire la diffusione del contagio – continua Conte -, come l’isolamento sociale e la distanza nei rapporti lavorativi che alcuni di noi in questo momento sono tenuti a mantenere. Anche l’igiene delle mani è fondamentale. Se quindi ci comportiamo così e crediamo a queste bufale succede poco, buttiamo solo via qualche euro».

Diverso il discorso sui farmaci. «In questo momento iniziano ad affacciarsi tutta una serie di rimedi farmacologici che non hanno nessun tipo di validazione scientifica – continua Conte -. Se non erro nei giorni scorsi era comparsa sui social la pubblicità di un presunto farmaco, completamente sganciato dai circuiti ufficiali, quindi da tutti quelli che sono i percorsi autorizzativi e di sicurezza dei farmaci, che serviva a curare la polmonite da coronavirus. In questi ambiti si rischia molto: non sappiamo cosa c’è dentro, rischiamo di affidarci a una terapia non validata e quindi come succede per le bufale sulle fantomatiche terapie antitumorali, costruite su nessuna evidenza scientifica. Chi si affida a questo genere di cose rischia di non affidarsi in tempo a cure consolidate».

Difficile però difendersi da bufale verosimili come quella del virus che resiste per nove giorni sull’asfalto. «Queste cose, che pure un razionale possono averlo, vengono declinate in maniera estremamente fantasiosa, perché con questi messaggi allarmistici si scrive una cosa, sul sito si fa clickbaiting e ci si guadagna soldi. Proliferano perché c’è sempre un interesse a raccontare una favoletta che fa presa».

«La scienza e il metodo scientifico sono un po’ vittime di loro stessi in questo momento – continua Conte -. Alcune cose ancora non hanno una risposta granitica. Abbiamo valutato il fratello minore del coronavirus e possiamo dire che si comporta in questa maniera. Ma il metodo scientifico, fino a che non è stato in grado di dimostrare che quella cosa non è così, non dice ‘no, non è così’. In questa zona grigia c’è spazio per il proliferare di tutte queste leggende urbane».

LA MIRACOLOSA VITAMINA C

Una delle bufale che ha circolato di più su whatsapp è quella sulla presunta efficacia contro il Covid-19 di un integratore alimentare a base di vitamina C. Nella nota vocale che ha circolato, condivisa anche da qualche vip, si sosteneva che la vitamina C «viene usata come terapia e i pazienti rispondono benissimo» e che vada usata «a scopo preventivo nell’ordine di 1-2 grammi al giorno» attraverso la frutta ma aggiungendo «una compressa integrativa». Inutile dire che la notizia non ha alcun fondamento scientifico. L’azienda farmaceutica produttrice dell’integratore ha persino diramato una nota con cui si è detta pronta ad adire le vie legali contro chi diffonde «messaggi ingannevoli che suggeriscono l’utilizzo improprio di soluzioni terapeutiche o integratori alimentari». «Quella della vitamina C è una di quelle che hanno avuto più impatto sulla popolazione, visto che in molte farmacie si vedeva il cartello “vitamina C esaurita”» spiega Alessandro Conte. «Ma non ha nessun tipo di fondamento scientifico, magari fosse così semplice prevenire l’infezione da coronavirus».

IL VINO COME IGIENIZZANTE DEL CAVO ORALE

A confondere le idee ci ha pensato anche Assoenologi, l’associazione di categoria più rappresentativa dei tecnici vinicoli italiani, che ha scritto in una nota per la stampa firmata dal suo presidente Riccardo Cotarella, che «un consumo moderato di vino, legato al bere responsabile, può contribuire a una migliore igiene del cavo orale e della faringe, area, quest’ultima, dove si annidano i virus nel corso delle infezioni». Una bufala per il virologo e direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Galeazzi Fabrizio Pregliasco che, raggiunto dall’AGI, ha sottolineato come «non c’è nessuna prova scientifica di questa affermazione, che è da stigmatizzare. È un’affermazione da condannare assolutamente: non si può pensare una cosa del genere. Per la disinfezione ci vuole ben altro».

ASFALTO PERICOLOSO

In molti hanno preso sul serio una bufala diventata presto virale: si tratta ancora una volta di un file audio whatsapp secondo cui “alcuni medici” non meglio identificati «avrebbero caldamente consigliato di utilizzare solo un paio di scarpe per andare fuori, e lasciarle fuori dalla porta di casa una volta utilizzate». Il motivo è presto detto: «Perché – si legge ancora nel file – sembra che il virus riesca a rimanere vivo per 9 giorni sull’asfalto». Ovviamente togliersi le scarpe in casa è una buona norma igienico sanitaria, al di là della minaccia coronavirus. Sull’argomento sono intervenuti persino il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e, in tv da Barbara D’Urso, Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute e membro dell’Organizzazione mondiale della sanità. Ovviamente sul dato dei 9 giorni nessuno può sbilanciarsi, ma Ricciardi ha sottolineato che «il virus si trasmette dal contatto, dall’interazione fisica tra due persone: per questo è estremamente importante rimanere a casa, e ancora più importante lavarsi le mani». Secondo Alessandro Conte «è giusto ed è lecito ipotizzare che le superfici, soprattutto in ambito ospedaliero, siano meritevoli di particolare attenzione per prevenire i contagi. Da qui a pensare che l’asfalto debba diventare lo strumento della pandemia ce ne passa».

IL FATTORE ARBIDOL

Più seria un’altra bufala sulla quale si sono espressi anche pesi massimi del calibro di Roberto Burioni. È quella relativa all’Arbidol, farmaco il cui principio attivo è l’umifenovir, con azione antivirale: il suo scopo è proprio quello di mitigare o abbreviare i sintomi delle malattie da virus, in particolare di quelli che causano l’influenza. Si sono diffuse notizie e video riguardanti una presunta cura efficace a base di questo farmaco per la malattia da Coronavirus usata in Paesi come la Russia. In Italia (e negli Stati Uniti) il farmaco non è in vendita e ne esistono altri simili, uno dei quali (l’oseltamivir) è stato usato in occasione delle ultime pandemie influenzali con risultati dubbi. Come precisa il sito Dottoremaèveroche «non si tratta certamente di prodotti segreti o sconosciuti, il farmaco fa parte di una categoria precisa, studiata e alla quale appartengono numerosi farmaci in vendita in Europa e in Italia. La discussione verte sulla sua efficacia che, pur studiata, non è così chiara». Poi il chiarimento sull’infezione da Covid-19: «In queste settimane il suo uso è stato proposto anche per Covid-19, la malattia causata da SARS-Cov-2. Non ci sono particolari motivi per ritenere che questo farmaco sia preferibile ad altri già utilizzati o che abbia effetti particolarmente favorevoli e non si può ritenere questo farmaco come “la cura” per la malattia causata da SARS-Cov-2».

AL VIRUS NON PIACCIONO LE BEVANDE CALDE

Un messaggio circolato sui social ha rilanciato la leggenda secondo cui bisogna consumare spesso durante il giorno bevande calde come tè, tisane e brodo, o semplicemente acqua calda perché «i liquidi caldi neutralizzano il virus e non è difficile berli. Il testo è attribuito a un «giovane ricercatore che da Shenzhen è stato trasferito a Wuhan per collaborare con la task force che sta combattendo contro l’epidemia da coronavirus». Si tratta di una fake: nel messaggio si sostiene che «il virus non resiste al calore e muore se esposto a temperature di 26-27 gradi centigradi». Ma non è così: a questa temperatura una bevanda è appena tiepida, l’organismo già di suo ha in media una temperatura molto superiore (circa 37 gradi centigradi) che, evidentemente, è favorevole alla crescita del virus. «Nemmeno una bevanda bollente potrebbe comunque modificare la temperatura dell’organismo. Inoltre non è plausibile che attraversando l’apparato digerente sia in grado di influire sulla temperatura misurabile a livello polmonare, dove il virus prolifera» spiega ancora il sito della FNOMCeO.

I CARBOIDRATI ALLEATI DEL VIRUS

Infine non poteva mancare il guru della dieta Life120 Adriano Panzironi che imperversa su alcune tv private e non manca di elargire le sue ricette anti Covid-19. Panzironi si è beccato anche una reprimenda dell’Agcom, l’Autorità Garante delle Comunicazioni, perché ha sostenuto, su alcune televisioni private, che «lo stile di vita Life 120, un’alimentazione low carb, attività fisica adeguata, un’integrazione certamente consapevole, può fare molto contro questo virus». Addirittura, in un programma andato in onda il 17 marzo ha detto che «le indicazioni standard per la prevenzione diffuse dalle autorità sanitaria (lavaggio frequente delle mani, distanza di sicurezza da altri soggetti, lontananza da luoghi affollati) sono presentate come misure connotate “da arretratezza”». Inoltre secondo Panzironi gli effetti negativi del virus sarebbero legati a carenze del sistema immunitario «riconducibili a interventi chirurgici superflui (asportazione di tonsille e adenoidi) e a errata alimentazione, affermando che un maggior consumo di carboidrati incentivi la diffusione del virus». Troppo per l’Agcom, secondo cui Panzironi avrebbe continuato a diffondere «informazioni fuorvianti e scientificamente infondate su vari generi di malattie e possibili cure o modalità di prevenzione delle stesse. Tale condotta è oggettivamente grave in ragione dell’attuale emergenza sanitaria e del momento drammatico per il Paese».

 

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