Binda (Università degli Studi di Milano): «Epidemiologia delle acque reflue utile per riconoscere focolai, individuare nuove varianti e prevenire la crescita dei contagi»
Conoscere in anticipo l’andamento della pandemia da SARS-CoV-2 si può. La conferma arriva dal dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi Milano e dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, che hanno monitorato l’evoluzione del Covid-19 da marzo a giugno 2020 mediante l’analisi del virus SARS-CoV-2 nei reflui urbani.
Seguendo un approccio innovativo, chiamato epidemiologia delle acque reflue, hanno studiato in laboratorio le acque di otto città tra le più colpite dalla pandemia (Bergamo, Brembate, Ranica, Brescia, Cremona, Crema, Lodi e Milano), indagando la presenza di RNA virale. I risultati, resi noti nei giorni scorsi, hanno confermato la presenza del virus nelle acque reflue in anticipo di 7-10 giorni rispetto all’esplosione dei focolai nella popolazione.
Lo studio, primo in Italia per numero di campioni analizzati, ha dimostrato dunque l’affidabilità dell’epidemiologia delle acque reflue come strumento di sorveglianza dell’andamento epidemico del virus nella popolazione, da affiancare alla sorveglianza integrata ed epidemiologica.
Un risultato che ha spinto gli attori ad allargare il campo di azione e coinvolgere altri enti, tra cui Regione Lombardia, per monitorare un territorio sempre più vasto. Un successo che Sandro Binda ed Elena Pariani, docenti dell’Università degli Studi di Milano impegnati nella sorveglianza sia ambientale che integrata, spiegano a Sanità Informazione: «Questo studio è nato dalla collaborazione tra l’Università Statale di Milano e l’Istituto Mario Negri. Entrambi avevano delle esperienze nel campo delle acque reflue, ma su argomenti diversi: il Mario Negri si occupava di ricercare stupefacenti, farmaci o altre sostanze di interesse per la salute pubblica, come il consumo di caffeina; la Statale invece dal 2005 si è sempre occupata di ricercare virus, in particolare enterici come il poliovirus».
«Lo scorso anno abbiamo deciso di unire le forze e le esperienze ed abbiamo messo a punto questo studio sulla pandemia di Covid-19. Grazie alle conoscenze dei gestori di impianti di depurazione abbiamo imbastito lo studio in occasione del primo picco e visto l’andamento della pandemia non abbiamo mai smesso».
Il materiale viene inviato al laboratorio di virologia dell’Università di Milano dove le acque vengono processate al centro biomedico per la salute. «Sono tre le fasi: concentrazione, estrazione e rilevazione – puntualizza Binda -. In questo modo è possibile trovare l’acido nucleico del virus che viene quantificato e rapportato con i casi di Covid-19 registrati nella popolazione».
L’RNA virale è stato rilevato in 65 dei 107 campioni prelevati nei collettori di ingresso delle otto città analizzate, pari al 61%, una delle percentuali più alte di positività tra gli studi condotti in altri paesi europei ed extraeuropei nello stesso periodo. Le percentuali di campioni positivi più elevate sono state trovate nell’area di Bergamo (80%) e Brescia (77%), mentre nell’area di Cremona si sono rilevati livelli inferiori (58%). Le cariche virali più elevate, che riflettono un maggior numero di casi, sono state osservate a Brembate, Ranica e Lodi a marzo-aprile 2020 e sono poi diminuite nei mesi successivi, in concomitanza con le misure di lockdown. A metà giugno 2020 i reflui urbani di tutte le città investigate sono risultati negativi a SARS-CoV-2.
«Il profilo della carica virale misurata nei reflui urbani è risultato comparabile con il numero di casi attivi registrato nella stessa area dopo un periodo variabile tra i 7 e i 14 giorni – riprende Binda –. Ora stiamo monitorando le acque con il supporto della rete lombarda di Regione Lombardia, presso cui confluiscono vari gruppi di ricerca, come la neonata Rete WEBE (Wastewater-Based Epidemiology), e con il coinvolgimento anche dell’Istituto Superiore di Sanità che ha istituito SARI, acronimo di Sorveglianza Ambientale Reflui in Italia».
Oggi dalle analisi delle acque reflue emerge un calo evidente della presenza del virus, effetto del piano vaccinale, ma «vietato abbassare la guardia – ammonisce il docente -. Quello che vediamo nelle acque reflue oggi riflette i casi attivi che emergeranno nei prossimi giorni, intesi come tali anche i paucisintomatici e soprattutto gli asintomatici. Questa metodologia è importante soprattutto per scovare piccoli focolai ed evitare che degenerino, per tracciare le varianti, lanciare l’allarme e intervenire in tempi rapidi».
La metodologia sviluppata rappresenta uno strumento prezioso per il monitoraggio di eventuali altri virus a potenziale epidemico/pandemico che potrebbero presentarsi in futuro.
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