La scelta dell’ospedale partenopeo: «Vogliamo offrire ai nostri pazienti un percorso di cura lineare e completo». In prima linea anche per la riabilitazione psicologica con il coinvolgimento della partner
Il deficit erettile a seguito di tumore e dei relativi interventi per debellarlo affligge circa un uomo su otto in Italia. L’asportazione della prostata, della vescica o del colon-retto, ma anche la radioterapia a livello pelvico e spesso la stessa aggressività del cancro, intaccano la funzionalità dei nervi che assicurano la sessualità. L’utilizzo di farmaci come il viagra può rappresentare per molti pazienti una valida soluzione, ma per alcuni non basta a recuperare una sessualità soddisfacente. In questi casi è possibile ricorrere all’impianto di speciali protesi peniene di ultima generazione.
Si tratta però di interventi molto costosi (ogni protesi costa intorno ai settemila euro), e scarsamente rimborsati dal Ssn. Motivo per il quale viene di norma effettuato in centri privati e cliniche convenzionate, e pochi pazienti hanno le possibilità economiche per accedervi.
L’Istituto Pascale di Napoli, invece, ha deciso di impiantare gratuitamente queste protesi ai suoi pazienti, diventando l’unico Istituto dei tumori in Italia ad offrire questa possibilità. «Abbiamo fatto questa scelta per garantire un percorso terapeutico completo ai nostri pazienti – dichiara il direttore del reparto di Urologia del Pascale Sisto Perdonà -. L’impianto gratuito di protesi peniena è infatti destinato ai pazienti già in cura presso la nostra struttura, che rispondano ovviamente a una serie di parametri clinici e fisici tali da essere candidabili per l’intervento in questione». Gli impianti sono partiti la scorsa settimana, e ad oggi sono due i pazienti che ne hanno beneficiato. Il programma è di effettuare circa 10 interventi all’anno per un periodo non inferiore ai 3 anni. «Ma se le richieste aumenteranno – precisa Perdonà – siamo disposti ad ampliare il budget per l’acquisto di ulteriori protesi».
La durata dell’intervento è di circa 90 minuti e prevede una degenza media di due giorni. Il dottor Perdonà ci spiega come viene effettuato: «Praticando un’incisione alla base del pene, vengono inseriti due serbatoi cilindrici nei corpi cavernosi, quelli che in condizioni fisiologiche determinano l’erezione riempiendosi di sangue. Un terzo serbatoio viene impiantato in modo sottocutaneo a livello addominale, da cui parte la soluzione di acqua sterile che determina il gonfiaggio dei primi due serbatoi. Una valvola a pompa collegata a livello dello scroto rende poi controllabile manualmente il gonfiaggio e lo sgonfiaggio dei cilindri situati nei corpi cavernosi». A seguito dell’intervento, il paziente potrà iniziare ad approcciarsi di nuovo all’attività sessuale dopo circa 40 – 50 giorni. Un tempo che servirà al paziente anche a prendere dimestichezza con il presidio, con l’ausilio dal team di andrologi diretto dal dottor Perdonà.
Gli interventi vengono accompagnati anche da un percorso riabilitativo che coinvolge le partner dei pazienti, perché il recupero avvenga non solo da un punto di vista andrologico ma anche sessuologico. Al Pascale ciò è reso possibile grazie al supporto della struttura di Psicologia diretta dalla Daniela Barberio. «Nella presa in carico delle patologie oncologiche, soprattutto di quelle che comportano importanti interventi demolitivi per aumentare le possibilità di guarigione, la multidisciplinarietà è fondamentale – spiega ai nostri microfoni la dottoressa -. Ad oggi, infatti, guarire dal cancro non significa solo sopravvivere ad esso, ma ottenere la miglior qualità della vita possibile dopo l’intervento, compresa la sfera emotiva ed affettiva. In particolare – precisa – per gli uomini che hanno subìto un intervento che comprometta la capacità sessuale, riappropriarsi di questo aspetto fino a non molto tempo fa erroneamente considerato secondario, è importantissimo».
L’impianto di una protesi peniena permette di continuare a vivere la propria sessualità, ma inevitabilmente impatta sull’identità più profonda dell’uomo e richiede, dove possibile, il coinvolgimento della partner. «Nel recupero di una sessualità soddisfacente – aggiunge Barberio – è sicuramente un vantaggio, per la coppia, avere molta complicità. Alcune coppie riescono addirittura a scorgere un lato ludico nella cosa, e questo aiuta moltissimo. Di certo – conclude – il supporto della propria compagna è parte integrante del percorso riabilitativo del paziente uro-oncologico».
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