Lo studio preliminare condotto dall’Università Federico II ha evidenziato l’importanza di ripensare i percorsi riabilitativi nell’ottica di una maggiore funzionalità
La disabilità intellettiva alla nascita è una condizione clinica che compare nelle prime fasi dello sviluppo, e che compromette il funzionamento intellettivo e adattivo. Può dipendere da diversi fattori di rischio: i fattori genetici includono malattie cromosomiche o ereditarie, mentre le cause non genetiche possono occorrere in epoca prenatale (malattie cromosomiche, errori congeniti del metabolismo, malformazioni cerebrali e malattie materne), perinatale (eventi legati al travaglio o al parto che portano a encefalopatia neonatale) e fattori postnatale (ipossia, infezioni, lesioni cerebrali, disturbi convulsivi, intossicazione tossico-metabolica).
Le persone con disabilità intellettiva mostrano difficoltà nell’eseguire attività complesse (es. fare la spesa, cucinare, fare giardinaggio) con perdita di autonomia nella vita quotidiana. L’unico rimedio per aiutare queste persone a migliorare le loro abilità è programmare percorsi intensivi riabilitativi focalizzati sul recupero delle abilità compromesse. Ricerche neuroscientifiche indicano chiaramente che la riabilitazione risulta più efficace se viene effettuata in contesti che simulino situazioni reali (cucinare, lavorare ecc.) e, in tal senso, la realtà virtuale può essere utilizzata come strumento utile al recupero delle abilità esecutive nelle persone con disabilità intellettiva. A queste conclusioni ha portato la ricerca diretta dalla professoressa Paola Marangolo, ordinario di Psicobiologia e psicologia fisiologica presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, in collaborazione con il Laboratorio Sperimentale Afasia di Torino patrocinato dalla Fondazione Carlo Molo Onlus, diretto dal dottor Alberto Giachero.
Lo studio dal titolo “Procedural Learning through Action Observation: Preliminary Evidence from Virtual Gardening Activity in Intellectual Disability” pubblicato sulla rivista internazionale Brain Sciences ha coinvolto 14 persone con diversi gradi di disabilità intellettiva dalla nascita ospiti presso la comunità Villa Lauro della Fondazione Agape dello Spirito Santo di Torino, che sono stati inseriti in un training cognitivo sperimentale finalizzato all’apprendimento delle procedure di giardinaggio. «I pazienti erano già stati coinvolti in attività reali per imparare i rudimenti del giardinaggio, ma senza successo – spiega la prof. Marangolo -. Nello studio, invece, i soggetti dovevano osservare la ricostruzione virtuale di un orto presente nella comunità che proiettava su uno schermo virtuale le procedure necessarie alla coltivazione delle zucchine, dalla semina al travaso, passando per l’innaffiamento e la raccolta. Contemporaneamente gli veniva richiesto di interagire tra loro commentando le scene osservate e di riconoscere e svolgere esercizi cognitivi per il recupero degli strumenti utili alla coltivazione. Ebbene – osserva – l’utilizzo della realtà virtuale ha favorito l’apprendimento della procedura di giardinaggio rivelandosi uno strumento più efficace rispetto ai laboratori implementati nel contesto reale e precedentemente frequentati dai 14 soggetti coinvolti nella ricerca sperimentale. Dopo quattordici settimane di trattamento effettuato due volte alla settimana, infatti, tutti i partecipanti sono stati in grado ad utilizzare nel contesto reale le procedure di giardinaggio apprese migliorando anche le loro abilità cognitive misurate prima e dopo il trattamento ai test di attenzione, apprendimento spaziale e di pianificazione, indipendente dal loro livello di disabilità».
«Lo studio parte dalla teoria dell’Embodied Cognition o ‘conoscenza incarnata’ ormai consolidata in ambito neuroscientifico. Secondo questa prospettiva – spiega la prof. Marangolo – esiste una relazione tra il sistema cognitivo e il sistema sensorimotorio: linguaggio, memoria, attenzione, funzioni esecutive sono in parte controllati dal sistema motorio, in quanto mediati da azioni motorie. La realtà virtuale, garantendo l’immersione all’interno di ambienti di vita reale, attiva il sistema sensorimotorio e, di conseguenza, facilità il recupero delle abilità cognitive. Il nostro lavoro, nonostante sia ancora preliminare e necessiti di un campione più ampio – afferma ancora Marangolo – apre la strada a nuove frontiere neuroriabilitative, anche nei pazienti con disabilità intellettiva acquisita, ad esempio a seguito di ictus. Data la gravità della patologia e l’impatto negativo che le disabilità intellettiva determina a livello sociale, psicologico e comunicativo, riteniamo che i nostri risultati possano indicare la necessità di realizzare per le persone diversamente abili percorsi riabilitativi improntati al criterio della funzionalità – conclude – anche al fine di un inserimento lavorativo e sociale».
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