Le nuove diagnosi di demenza, in quasi un caso su tre (fino al 32%) possono essere attribuiti ad una perdita uditiva clinicamente significativa e misurata oggettivamente attraverso test audiometrici. A dimostralo è uno studio di epidemiologia pubblicato su Jama Otolaryngology–Head & Neck Surgery e condotto da Jason Smith della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora. Non è la prima ricerca volta ad indagare su una possibile associazione tra problemi dell’udito e rischio di demenza. Tuttavia ad oggi resta ancora difficile stabilire che si tratti di una relazione di causa ed effetto, ma di certo l’udito è un senso determinante per relazionarsi col mondo.
In questo nuovo studio gli esperti hanno stimato quanti casi di demenza diagnosticati ogni anno sono attribuibili ai deficit dell’udito, considerando 2.946 partecipanti con un’età media di 74,9 anni. Di questi, 1.947 pari al 66,1% presentavano perdita uditiva diagnosticata con l’audiometria, e 1.097 (37,2%) riportavano soggettivamente una perdita uditiva. Analizzando questi dati, gli epidemiologi hanno concluso che il rischio di demenza attribuibile ad una perdita dell’udito importante, diagnosticata con l’audiometria, è del 32%. Questo significa che il 32% dei nuovi casi di demenza potrebbero essere prevenuti o il loro esordio ritardato senza i problemi dell’udito.
“Questo studio suggerisce che il trattamento della perdita dell’udito potrebbe ritardare la demenza per un gran numero di anziani. Gli interventi di sanità pubblica mirati alla perdita dell’udito audiometrica clinicamente significativa potrebbero avere ampi benefici per la prevenzione della demenza. La ricerca futura che quantifica le frazioni attribuibili alla popolazione dovrebbe considerare attentamente quali misure vengono utilizzate per definire la perdita dell’udito, poiché l’auto-segnalazione potrebbe sottostimare il rischio di demenza associata all’udito”, concludono gli autori
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