Salute 20 Giugno 2024 15:57

Culle vuote, in Italia l’età media più alta per la prima gravidanza e indice di natalità tra i più bassi d’Europa

Unfer (ginecologo): “Fondamentale prestare attenzione anche al fattore maschile. Gli uomini, infatti, tendono a fare meno controlli per ragioni culturali e di tabù, evitando spesso di consultare specialisti come urologi e andrologi”

Culle vuote, in Italia l’età media più alta per la prima gravidanza e indice di natalità tra i più bassi d’Europa

Continua l’inverno demografico nel nostro Paese. Nel 2023, secondo gli ultimi dati ISTAT i nati residenti in Italia sono 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%). Numeri questi che pongono l’Italia di fronte a una sfida generazionale senza precedenti. Nell’ultimo report dell’ISTAT emerge che la diminuzione del numero dei nati residenti del 2023 è determinata sia da una importante contrazione della fecondità, sia dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente riproduttive (15- 49 anni), scesa a 11,5 milioni al 1° gennaio 2024, da 13,4 milioni che era nel 2014 e 13,8 milioni nel 2004. Dati e numeri che preoccupano esperti e istituzioni che hanno promosso un “tavolo di confronto”, oggi 20 giugno in Senato. “L’Italia è tra i paesi europei con il più basso indice di natalità e l’età media più alta per la prima gravidanza. È necessaria un’inversione di tendenza per riportare l’età del primo figlio ai numeri di qualche decennio fa, quando era di 28 anni. Noi ginecologi siamo in prima linea, poiché abbiamo l’opportunità di seguire le donne fin dall’adolescenza – commenta il Professore Vittorio Unfer – . Tuttavia, è fondamentale prestare attenzione anche al fattore maschile. Gli uomini, infatti, tendono a fare meno controlli per ragioni culturali e di tabù, evitando spesso di consultare specialisti come urologi e andrologi. Una maggiore consapevolezza e prevenzione potrebbero quindi aiutare a risolvere tempestivamente diversi problemi che compromettono la fertilità”.

La voce delle Istituzioni

“Quando si parla di salute siamo certamente tutti uguali, ma ogni persona, ogni maschio e ogni femmina, sviluppa patologie diverse e risponde anche in modo differente alla medesima terapia – commenta il senatore Franco Zaffini, Presidente Commissione salute, lavoro e affari sociali Senato -. La medicina di genere (Mdg), si occupa proprio di questo, ossia delle differenze biologiche e socio-culturali caratteristiche di ogni individuo e della loro influenza sullo stato di salute e di malattia, rappresenta un punto d’interesse fondamentale per il Servizio sanitario nazionale e costituisce oggi un vero e proprio cambio di cultura nell’approccio al paziente, per una medicina di precisione e personalizzata. Tuttavia, di questo ancora si parla poco. Ecco perché Commissione in Senato, della quale sono Presidente, sta lavorando ad un disegno di legge che parte proprio da queste osservazioni e da evidenze scientifiche per sviluppare line guida e reti assistenziali, per sviluppare la ricerca, la formazione di medici e operatori sanitari e per rispondere a queste esigenze. Tra un approccio di genere nella pratica clinica e nella gestione terapeutica consente di promuovere l’appropriatezza e la personalizzazione delle cure, con conseguenti risparmi per il servizio Sanitario Nazionale. La valutazione delle differenze di sesso e genere costituisce un elemento fondamentale per lo sviluppo di una “medicina equa ed appropriata” e l’utilizzo di indicatori specifici deve costituire parte integrante anche dei programmi di ricerca e formazione. È necessario quindi, in linea con l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che prevede di ridurre entro il 2030 i divari sanitari agendo sui determinanti sociali dell’equità sanitaria e migliorando le infrastrutture essenziali ed i percorsi di prevenzione ed assistenza, sviluppare programmi per la formazione e la promozione della salute e prevenzione delle malattie, investire nei sistemi di assistenza primaria, trasferire l’assistenza sanitaria su territorio potenziando le cure ambulatoriali e domiciliari più accessibili e meno costose”.

Il Centro di riferimento per la Medicina di Genere

“L’Istituto Superiore di Sanità, attraverso il Centro di riferimento per la Medicina di Genere promuove, conduce e coordina attività in ambito sanitario che tengano conto dei differenti bisogni di salute della popolazione dovuti a differenze di sesso e di genere con il fine ultimo di combattere le diseguaglianze e raggiungere l’equità nella prevenzione, nella diagnostica, nell’appropriatezza delle cure per proteggere la salute di donne e uomini- aggiunge la Prof.sa Elena Ortona, Direttrice – Centro di Riferimento per la Medicina di Genere, Istituto Superiore di Sanità – . L’approccio di genere alla salute si colloca all’interno di una strategia di azioni intersettoriali, capaci di rileggere i determinanti di salute al femminile e a migliorare  la salute sessuale e riproduttiva aiutando a combattere il calo delle nascite causato non solo da aspetti sociali, ma anche da aspetti legati alla salute e causati spesso da stili di vita errati,  quali la sedentarietà, l’abitudine al fumo e la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse, oltre che dall’inquinamento ambientale”.
Il problema va affrontato come un fenomeno multifattoriale, per la cui risoluzione serve un’azione congiunta e sinergica di politiche economiche e sociali, e della medicina, intesa non solo come cura, ma anche come prevenzione che si fa tramite di una corretta informazione incentivando l’accesso ai controlli, e comunicando con il paziente. È imperativo considerare lo stile di vita e l’alimentazione come elementi determinanti per la salute riproduttiva. La promozione di abitudini salutari e un’alimentazione bilanciata, può contribuire significativamente al miglioramento della fertilità sia maschile che femminile, specie nei giovanissimi”, conclude il professor Unfer.

 

 

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