Salute 30 Maggio 2024 16:44

Dengue, Oms: “Quasi otto milioni i casi in quattro mesi, tremila morti”

Oms: “Molti Paesi endemici non dispongono di meccanismi efficaci di rilevamento e segnalazione, quindi il vero peso della Dengue a livello globale è sottostimato”

Dengue, Oms: “Quasi otto milioni i casi in quattro mesi, tremila morti”

Sono 7,6 milioni i casi di Dengue segnalati all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) durante i primi quattro mesi dell’anno, con oltre 16mila casi gravi e più di 3mila morti. A fare il punto è l’agenzia Onu per la salute in un focus di aggiornamento. Negli ultimi cinque anni, ricorda l’Oms, è stato segnalato un aumento sostanziale dei casi di Dengue a livello globale, ma in particolare l’impennata dei contagi ha riguardato la regione delle Americhe, dove il numero di casi aveva già sfondato quota sette milioni a fine aprile, superando il dato annuale di un massimo di 4,6 milioni di casi nel 2023. Inoltre, si tratta di tre volte quanto riportato nello stesso periodo nel 2023, a testimonianza dell’accelerazione di questo problema sanitario. Ad oggi sono 90 i Paesi che hanno visto una trasmissione attiva di Dengue nel 2024, “non tutti sono stati catturati nelle segnalazioni formali”, fa notare l’Oms. “Inoltre, molti Paesi endemici non dispongono di meccanismi efficaci di rilevamento e segnalazione, quindi il vero peso della Dengue a livello globale è sottostimato”. Proprio per questo motivo, per gli esperti dell’organizzazione “è necessaria una solida sorveglianza della Dengue in tempo reale per affrontare le preoccupazioni sui potenziali casi non rilevati, sulla co-circolazione e sulla diagnosi errata di altri arbovirus e sui movimenti di viaggio non registrati. Questi fattori potrebbero contribuire alla diffusione di malattie non riconosciute e stabilire un potenziale rischio di trasmissione locale in Paesi non endemici”, avverte l’Oms.

Il sistema di sorveglianza dell’Oms

Il virus della Dengue, ricorda l’Oms, si trasmette all’uomo attraverso la puntura di zanzare infette. I casi sono più comunemente asintomatici o provocano una lieve malattia febbrile. A volte, però, si sviluppa una forma grave che può comportare shock, gravi emorragie o gravi danni agli organi. Per rafforzare la sorveglianza globale, l’Oms ha istituito un sistema di sorveglianza con rapporti mensili in tutte le regioni. “Finora nel 2024 in Europa non sono stati segnalati casi di Dengue autoctoni o trasmessi localmente, ma – puntualizza l’Oms – questi dati verranno aggiunti quando si verificheranno infezioni di questo tipo. Ciò potrà accadere quando le condizioni stagionali consentono l’attività dei vettori”, quindi “da giugno a novembre”. Nel 2023, casi autoctoni erano stati segnalati nella regione in tre Paesi, fra cui – come è noto – l’Italia (82), e poi Francia (45) e Spagna (3). Negli ultimi 10 anni ci sono stati dei cambiamenti che espongono maggiormente anche quest’area del mondo: per esempio il vettore competente, Aedes albopictus, si è affermato più a Nord e a Ovest dell’Europa. Inoltre, l’Aedes aegypti si è già stata stabilita a Cipro e a Madeira (Portogallo).

L’influenza dei cambiamenti climatici

E poi c’è il fattore clima. Sebbene gli inverni freddi nella maggior parte della regione europea non consentano la trasmissione durante tutto l’anno, “l’idoneità climatica alla trasmissione delle infezioni da Dengue nella regione europea potrebbe aumentare con i cambiamenti climatici (temperature potenzialmente più elevate e inverni più miti) e con l’aumento dell’area geografica dei vettori competenti e dell’idoneità della temperatura per la trasmissione del virus. I cambiamenti nell’umidità e nelle precipitazioni (seguiti da inondazioni e pozze d’acqua stagnante) possono anche creare condizioni più favorevoli per la popolazione dei vettori e quindi una maggiore idoneità alla trasmissione della Dengue”, analizza l’Oms. A livello mondiale, “il rischio complessivo a livello globale è ancora valutato come elevato e quindi la Dengue rimane una minaccia globale per la salute pubblica”, conclude l’agenzia Onu. Mentre “la capacità complessiva dei Paesi di rispondere a epidemie multiple e simultanee continua a essere messa a dura prova a causa della mancanza globale di risorse, inclusa la carenza di kit diagnostici di buona qualità per la diagnosi precoce della malattia, la mancanza di personale qualificato per il controllo clinico e dei vettori e la scarsa consapevolezza nelle comunità”. Per provare a rispondere a questa situazione, “sono stati istituiti meccanismi di risposta alle emergenze e l’Oms” continua a “sostenere i Paesi ad alto rischio nelle regioni colpite”.

 

 

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