In occasione della giornata mondiale della salute mentale, la campagna #Outoftheblack accende i riflettori sulla depressione che nel post Covid è diventata una emergenza sociale. A rischio giovani, donne e anziani. Da SIMG e SIP i consigli per uscire dal tunnel della malattia
Un buco nero trasformato in un mazzo di fiori, l’opera di street art realizzata da Lucamaleonte per la campagna #OUTOFTHEBLACK di Fondazione The Bridge in una zona periferica di Milano, è diventata il simbolo della rinascita per quanti soffrono di depressione. L’iniziativa, patrocinata dalla società italiana di medicina generale e dalla società italiana di Psichiatria in occasione della giornata mondiale della salute mentale, ha voluto accendere i riflettori su quella che oggi è considerata una vera e propria emergenza sociale. «La depressione è una malattia multifattoriale ed ha delle componenti di ordine neurologico, psicologico e ambientale – spiega Mauro Emilio Percudani, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze dell’Ospedale Niguarda di Milano -. La situazione degli ultimi anni con la pandemia da Covid è peggiorata a causa del lockdown e dei problemi economici sopraggiunti, ma è anche associata al diffondersi di stili di vita scorretti, come abuso di alcol e stupefacenti, regimi alimentari sbilanciati e alle trasformazioni tecnologiche che hanno contribuito a far aumentare sentimenti di inadeguatezza e sofferenza psichica».
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che la depressione sia una delle principali cause di disabilità globale, colpisce circa 280 milioni di persone e in misura superiore le donne. Durante l’emergenza Covid ansia e depressione hanno fatto registrare aumenti record pari al 25%. «I soggetti più a rischio sono i giovani, le donne e gli anziani – riprende Percudani -. Ci sono poi momenti nell’arco della vita che predispongono un soggetto alla depressione come l’adolescenza con tutti i suoi complessi passaggi, il periodo perinatale e post partum per le donne e l’età avanzata con la complessità dovuta ad una rete relazionale che si impoverisce».
Saper riconoscere i campanelli di allarme è fondamentale, per questo il ruolo della famiglia e della rete territoriale hanno un ruolo fondamentale: «Saper riconoscere quando il tono dell’umore assume caratteristiche diverse dell’usualità, quando incominciano a manifestarsi segni di incapacità a svolgere funzioni ordinarie, quando si cominciano a registrare episodi di disturbi alimentari e del sonno per un periodo di almeno due settimane, allora significa che è necessario chiedere una valutazione per capire se esiste una diagnosi di disturbo depressivo», commenta il Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze dell’Ospedale Niguarda.
In Italia sono oltre 3 milioni e mezzo le persone con depressione, ma secondo l’Istat meno del 50% riceve una diagnosi corretta e solo 1 su 3 ottiene cure adeguate. «Fondamentale è l’incontro tra il paziente e il medico di medicina generale – sottolinea Daiana Taddeo, Referente Area Nazionale Ricerca SIMG -. Molto importante è anche la comunicazione nel far riconoscere che determinati sintomi possano essere espressione di una sindrome depressiva, affinché il soggetto si rechi del proprio medico di base. A quel punto, la partita si gioca a due, paziente, medico e diventa poi una condivisione a tre del percorso diagnostico e di cura anche con lo specialista».
Con l’obiettivo di far entrare sempre più il tema della depressione nelle agende della politica sanitaria per un migliore riconoscimento della malattia, la rete di protezione territoriale con associazioni, medici di medicina generale e specialisti diventa essenziale per la guarigione. «La buona notizia è che di depressione si può guarire – sottolinea Antonio Vita, Vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria e Direttore del Dipartimento Salute mentale Spedali Civili di Brescia -. L’importante è che venga tempestivamente riconosciuta e trattata. È una malattia curabile e superabile. Esistono trattamenti farmacologici efficaci e sicuri, terapie psicologiche che si integrano tra di loro, ma essenziale è il riconoscimento del problema da parte del soggetto interessato. Il passo successivo è il coinvolgimento del medico di medicina generale e dello specialista psichiatra che sono la porta d’accesso per cure efficaci e risolutive».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato