Lai (psicologo clinico): «Oggi gli uomini si occupano sia dell’accudimento pratico, che di quello emotivo dei propri figli. Tanto da avere un ruolo intercambiabile con le donne, nel bene e nel male»
Pannolini, poppate, ninna nanna, bagnetto. Così i papà moderni si prendono cura dei loro piccoli esattamente come farebbe la più premurosa delle mamme. Cosi bravi a vestire i panni delle donne da rischiare addirittura di pagarne la peggiore delle conseguenze: sprofondare in una depressione post partum.
«Tra le principali cause scatenanti ci sarebbe proprio la forte empatia che il padre moderno crea con il neonato e la sua mamma», dice Carlo Lai, professore associato di Psicologia Clinica all’università Sapienza di Roma, membro del network di Psicologia Perinatale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio che, in occasione della festa del Papà traccia un identikit dei padri contemporanei, ai microfoni di Sanità Informazione.
«Oggi gli uomini si occupano sia dell’accudimento pratico, che di quello emotivo dei propri figli. Tanto da avere un ruolo intercambiabile con quello delle donne, nel bene e nel male – continua il professore Lai -. Recenti ricerche scientifiche, infatti, dimostrano chiaramente che la depressione post partum, tipicamente femminile, può manifestarsi anche nei papà».
Uno dei più recenti studi condotti sull’argomento ha misurato l’umore e gli eventuali livelli di depressione di 622 uomini durante il terzo trimestre di gravidanza della loro partner e a 2 e 6 mesi dopo il parto. L’analisi ha mostrato l’importanza di effettuare screening precoci, mettendo in atto strategie di prevenzione, per tutti quei padri che già durante il periodo della gestazione risultano a rischio di depressione post partum.
La patologia è la stessa, ma le cause sono differenti: «Se nella donna la depressione post partum, oltre ad avere un riferimento psicologico, può avere un ancoraggio ormonale, per tutta una serie di cambiamenti che quel periodo di vita comporta, nel papà questi fattori biologici sono sicuramente meno evidenti. La loro depressione è legata soprattutto ad aspetti psicologici ed ambientali, compresa la troppa empatia». Tra le principali cause scatenanti evidenziate dalla ricerca: l’età avanzata, la scarsa qualità del sonno, il peggioramento della relazione di coppie e lo stress legato a problemi economici.
La prevalenza dei sintomi depressivi nei padri è risultata del 13,76% a 2 mesi e del 13,6% a 6 mesi dopo il parto. Gli uomini che erano depressi durante la gravidanza della loro partner avevano 7 volte più probabilità di essere depressi a 2 mesi dopo il parto.
«Naturalmente – spiega il professore di Psicologia Clinica – le percentuali di incidenza della depressione post partum maschile non sono paragonabili a quelle tra le neomamme e le forme sono di gravità minore. Ma rappresentano sicuramente un aspetto importante che ci obbliga a confrontarci con questa nuova dimensione».
Fortunatamente la medaglia della paternità moderna ha anche la sua faccia positiva: «Occuparsi dell’emotività dei propri figli è sicuramente una grande responsabilità per i papà dei giorni nostri – sottolinea Lai -, ma per un uomo si traduce anche nella possibilità di provare emozioni e piaceri finora riservati solo alle mamme. Un cambiamento così evidente che ha reso necessario anche un adeguamento normativo: la legge italiana oggi consente ai papà di richiedere il congedo di paternità».
E dedicare più tempo ai propri figli significa anche sostenere la loro crescita: «Trascorrere molte più ore della giornata con il proprio padre e, soprattutto, condividere una relazione più intima – spiega il professore – migliorerà lo sviluppo psichico del bambino in tutte le sue fasi. Un sostegno che, nella vita di tutti i giorni, si tradurrà nella possibilità di avere a disposizione maggiori strumenti e competenze per instaurare relazioni più mature con tutte le altre figure maschili che si incontreranno nel corso dell’esistenza».