Salute 7 Marzo 2024 11:15

Depressione: si ferma la crescita post-Covid, ma restano 3 milioni di casi. Due milioni sono donne

Si pensava solo a un “picco” momentaneo di casi di depressione dovuto alle condizioni causate dalla pandemia, ma anche nel 2023 i numeri confermano i 3 milioni di casi. Di questi, 2 milioni riguardano prevalentemente le donne, adolescenti e adulte. Se ne parlerà a Milano l’8 marzo, nel corso del convegno “Donne e salute mentale, i disturbi più comuni nell’era dell’imprevedibilità” organizzato dalla Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e da Fondazione Onda

di V.A.
Depressione: si ferma la crescita post-Covid, ma restano 3 milioni di casi. Due milioni sono donne

Si pensava solo a un “picco” momentaneo di casi di depressione dovuto alle condizioni causate dalla pandemia, ma anche nel 2023 i numeri confermano i 3 milioni di casi. Di questi, 2 milioni riguardano prevalentemente le donne, adolescenti e adulte. Inoltre la depressione è spesso affiancata ad ansia, disturbi dell’alimentazione e del sonno. Anche la solitudine è ormai un chiaro fattore di rischio depressivo. Infine esiste il problema della comorbilità con malattie metaboliche e cardiovascolari. Di tutti questi temi si parlerà a Milano l’8 marzo, nel corso del convegno “Donne e salute mentale, i disturbi più comuni nell’era dell’imprevedibilità” organizzato dalla Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e da Fondazione Onda, con il contributo non condizionante di Viatris.

Le origini della depressione femminile sono complesse e multifattoriali

Tra le iniziative per sfatare tabù e pregiudizi sulla salute mentale che, ancora oggi, non consentono di parlare liberamente di patologie come ansia, depressione e insonnia, soprattutto tra i più giovani, è anche attiva la campagna “Non Sono Solo”. “In occasione della Festa della Donna l’obiettivo di questo incontro è tenere acceso il faro su ansia, depressione, disturbo bipolare, insonnia: problematiche di salute mentale che sappiamo riguardare prevalentemente l’universo femminile”, spiega Francesca Merzagora, presidente di Fondazione Onda.” Le origini della depressione femminile in particolare sono complesse e multifattoriali: aldilà di una componente genetica, rivestono un ruolo importante gli ormoni femminili. Le donne, inoltre, tendono anche a vivere con maggior coinvolgimento e più alta risonanza emotiva le relazioni sociali e affettive e ciò le rende più vulnerabili. A questo – continua – si aggiunga il ruolo multitasking della donna, oltre a fattori di rischio quali la violenza fisica e psicologica che la espongono pesantemente, soprattutto in particolari fasi della vita”.

L’isolamento sociale e la solitudine sono fattori di rischio per la depressione

“Oggi l’aumento dei casi di malattie psichiche, soprattutto depressione, che si è visto nel post Covid si è fermato”, sottolinea Claudio Mencacci, co-presidente della Sinfp e direttore emerito di psichiatria all’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano. “Non accenna tuttavia ancora a diminuire, così come l’isolamento sociale e la solitudine. Questi sono fattori di alto rischio depressivo (1 caso su 5, secondo uno studio su Lancet) – continua – e di aumentata mortalità cardiovascolare (del 32% secondo una recentissima metanalisi pubblicata su JAMA), soprattutto nelle donne. Questa riduzione progressiva dei contatti ha provocato un aumento di stress, causato e correlato dalla percezione del pericolo, che aumenta venendo meno il fattore protettivo più importante: la solidarietà”.

Sintomi ansiosi e depressivi persistenti nelle donne

“Un recente studio pubblicato sul Journal of Affective Disorder, che ha indagato l’andamento dello stress psicologico nel post-Covid-19, mostra che la maggior parte della popolazione italiana ha sviluppato buone capacità di resilienza“, spiega Camilla Gesi, dirigente medico del dipartimento di salute mentale, ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano. “Tuttavia non si è ancora verificata una diminuzione del numero dei casi di depressione a livello generale, costanti nel post Covid. Inoltre una parte del campione – continua – ha mostrato sintomi ansiosi e depressivi persistenti, con un effetto predisponente del sesso femminile, della giovane età, del basso livello culturale, dello status di lavoratore autonomo e della collocazione in regioni del centro-sud d’Italia. Ancora oggi, alcuni gruppi, incluse le donne, presentano un maggior rischio di malessere psicologico persistente e necessitano di interventi mirati”.

Le donne si ammalano di depressione due volte di più degli uomini

“Questi dati confermano che sono le donne ad ammalarsi di depressione fino a due volte di più degli uomini – spiega Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria (Sip) e direttore del dipartimento di salute mentale all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. “Una vulnerabilità, quella femminile, legata sicuramente a fattori biologici, ma anche a fattori sociali, connessi allo stress legato al sovraccarico lavorativo ed emotivo – prosegue – che spesso sono chiamate ad affrontare, nel ruolo di lavoratrici, e contemporaneamente di madri e di caregiver dei famigliari. È quindi fondamentale programmare attività di prevenzione e di educazione alla prevenzione, soprattutto nelle scuole, e migliorare anche la capacità di diagnosi precoce, di intervento e di cura prima che la malattia diventi troppo grave o che si sviluppino casi di comorbilità”.

Nei pazienti con depressione è più alto il rischio diabete, coronaropatia ischemica e malattie articolari

“Molte malattie fisiche, infatti, sono più frequenti nei pazienti con depressione, rispetto alla popolazione generale e possono influenzarsi reciprocamente”, precisa Andrea Fagiolini, professore ordinario di psichiatria al dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Siena. “Ad esempio, nei pazienti con depressione, il diabete è 5 volte più frequente, la coronaropatia ischemica e le malattie articolari sono circa il doppio, le malattie respiratorie sono 4 volte più frequenti e, dopo i 55 anni, la mortalità  – continua – è circa 4 volte superiore a quella della popolazione generale. Esistono molteplici meccanismi che spiegano questa frequente comorbilità: una base biologica comune, la presenza di fattori di rischio condivisi, lo stress emotivo e l’ansia, legati a ognuna delle due malattie, nonché le maggiori difficoltà nell’aderenza alle terapie prescritte. In molti casi, il trattamento della comorbilità richiede un approccio integrato che affronti entrambe le condizioni attraverso trattamenti compatibili e prescritti in sinergia con i colleghi che si occupano dell’altra malattia. Questo approccio evita di aggiungere un ulteriore carico a chi è già ammalato, migliora la prognosi della malattia esistente e facilita il raggiungimento di una migliore qualità di vita”.

Donne più a rischio di sviluppare un disturbo bipolare

Oltre alle comorbilità con malattie “fisiche”, vi sono numerose condizioni psichiatriche che spesso sono associate alla depressione. “Tra queste troviamo il disturbo bipolare – spiega Bernardo Dell’Osso, professore ordinario di psichiatria e direttore del dipartimento di Psichiatria-2 all’ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano – una condizione diagnosticata con sempre maggiore frequenza (dal 2 al 5% della popolazione generale) nel genere femminile. Diverse sono le ragioni alla base di tale fenomeno. La più importante è una maggior attenzione da parte dei professionisti della salute mentale nel riconoscere più precocemente i disturbi dell’umore. Tra questi, molte forme di disturbo bipolare di tipo 2, longitudinalmente caratterizzate dalla prevalenza di episodi depressivi, vengono oggi diagnosticate con maggiore attenzione e precocità, essendo in precedenza state spesso misdiagnosticate per ‘semplici0 depressioni. Una serie di fattori è stata chiamata in causa per spiegare l’aumentare di forme ad esordio precoce di disturbo bipolare già in età pediatrica e adolescenziale, soprattutto nel genere femminile. Tra questi occorre menzionare una maggior frequenza di sovrappeso e obesità, fattori in grado di anticipare la pubertà nel genere femminile, con conseguente maggior rischio di sviluppare disturbi dell’umore, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio ambientale, come l’uso di sostanze. Una maggiore prevalenza di disturbo bipolare nel genere femminile presenta inoltre una serie di implicazioni in termini di gestione terapeutica e follow-up”.

E’ fondamentale valutare e trattare l’insonnia nel sesso femminile

Tra le condizioni associate alla depressione troviamo anche l’insonnia. “Nella sua forma cronica (che coinvolge circa il 10% della popolazione) interessa con un’incidenza più che doppia il sesso femminile nell’ arco della vita”, spiega Laura Palagini, psichiatra e responsabile dell’ambulatorio per il trattamento dei disturbi del sonno dell’AUO di Pisa. “A partire dal periodo puberale gli ormoni femminili tendono a superficializzare il sonno, a diminuirne la pressione verso il sonno e aumentare quella per la veglia. Ciclicamente nella fase luteale – continua – si osserva una disregolazione del sonno REM che predispone all’insonnia, la gravidanza e il peripartum rappresentano un periodo di forte predisposizione all’insonnia acuta e cronica, così come il periodo perimenopausale favorisce alterazioni del sonno che incrementano l’incidenza dell’insonnia nella donna. Valutare e trattare l’insonnia nel sesso femminile è quindi di particolare importanza”.

Il cinema gioca un ruolo cruciale nel rappresentare le esperienze di donne con sofferenze mentali

La depressione e molti altri temi legati alla salute mentale si trasformano in soggetti per il grande schermo, con spesso risultati straordinari. Non a caso a questo rapporto strettissimo è dedicata la sessione finale dell’incontro. “Il cinema, con la sua capacità unica di catturare e trasmettere storie umane, gioca infatti un ruolo cruciale nel rappresentare le esperienze di donne afflitte da sofferenze mentali”, spiega Matteo Balestrieri, co-presidente Sinpf e direttore della clinica psichiatrica dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Udine. “Qui le storie di donne con sofferenze mentali trovano una voce potente, rendendo visibili le sfide invisibili che affrontano quotidianamente. Il cinema d’altra parte ha il potere di umanizzare le esperienze di disturbi mentali, spostando la percezione da semplici diagnosi cliniche a storie complesse di individui in lotta. Inoltre, il cinema – continua – può contribuire a sfatare gli stereotipi e i pregiudizi legati alla malattia mentale, offrendo spesso un’esplorazione intima delle motivazioni, dei sogni infranti e delle speranze di queste donne, fornendo una narrazione che va oltre la loro condizione di sofferenza”.

 

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