Analizzati i dati di oltre 215mila persone tra i 30 e i 70 anni inseriti nella Uk Biobank: incrociati i valori di sodio nelle urine e le diagnosi di dermatite atopica. I risultati
Continua ad allungarsi la lista delle controindicazioni per l’utilizzo di quantità eccessive di sale. Non è sconsigliato solo a chi soffre di patologie cardiache, pressione alta o ritenzione idrica, ma anche a chi è a rischio eczema. Eliminare il sale dalla tavola di chi è affetto da questa patologia della pelle, conosciuta anche come dermatite atopica, infatti, riduce la possibilità che si manifesti. A dimostrarlo uno studio pubblicato sulla rivista Jama Dermatology e condotto dai ricercatori l’Università di San Francisco su due ampi campioni di individui.
Solo in Italia la dermatite atopica, un’infiammazione cronica pruriginosa dello strato superficiale della cute, affligge milioni di persone, sia adulti che bambini. Negli Stati Uniti riguarda un individuo su 10, ovvero oltre 31 milioni di persone. Stime che, secondo gli esperti, sono destinate ad aumentate, poiché come dimostrato da un altro recente studio, pubblicato su ‘Allergy’, anche l’inquinamento e i cambiamenti climatici hanno delle conseguenze sulla salute delle nostra pelle. Ora, ai fattori ambientali, la ricerca condotta all’Università di San Francisco aggiunge anche gli scorretti stili di vita, tra cui una dieta poco bilanciata, come lo è, appunto, un’alimentazione eccessivamente ricca di sale.
Per condurre la propria ricerca, gli esperti statunitensi hanno analizzato i dati di oltre 215mila persone tra i 30 e i 70 anni inseriti nella Uk Biobank, che include campioni di urina e cartelle cliniche elettroniche. Dagli esami delle urine gli scienziati hanno potuto appurare il consumo di sodio di ogni persona e dalle cartelle cliniche individuare tutti i soggetti affetti da dermatite atopica. Incrociando questi due dati gli studiosi hanno tratto una conclusione molto accurata: ad ogni grammo in più di sodio escreto nelle urine nell’arco di 24 ore si associa un aumento dell’11% di probabilità di una diagnosi di eczema, ad un 16% di probabilità in più di avere una forma attiva ed a un +11% di possibilità di soffrirne in forma grave. “Questi risultati – evidenziano gli autori della ricerca – suggeriscono che la restrizione dell’assunzione di sodio nella dieta può essere un intervento conveniente e a basso rischio per la dermatite atopica”.
I risultati di questa ricerca, così come quelli di molti altri studi scientifici, se arrivano fin nelle case dei pazienti è spesso merito dei social media, che possono diventare un mezzo per promuovere la salute e la prevenzione. A dimostrarlo un’analisi pubblicata sulla rivista Acta Dermato-Venereologica da un team della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell’Università di Padova diretta da Anna Belloni Fortina. La ricerca è stata condotta sottoponendo a un questionario online 852 persone tra i 19 e i 64 anni, con una età media di circa 27 anni, e per gran parte di sesso femminile (79%). La maggior parte dei partecipanti (quasi il 99%) risiedeva in Italia ed era equamente distribuita tra le regioni del Nord e del Sud. Circa un terzo del campione era affetto da problemi dermatologici.
Nove partecipanti su dieci hanno ritenuto utile la diffusione di contenuti dermatologici relativi alla salute a scopo preventivo attraverso i social media. Il 13% degli intervistati ha dichiarato di essersi sottoposto a una visita dermatologica dopo essere stato esposto a contenuti di prevenzione dermatologica sui social media. In questo sottogruppo, 25 soggetti hanno ammesso di aver ricevuto una diagnosi di patologia dermatologica e due in particolare hanno specificato di aver ricevuto una diagnosi di cancro della pelle. Inoltre, il 14% dei soggetti ha detto di volersi sottoporre a una visita dermatologica dopo essere stato esposto a contenuti di prevenzione sulle piattaforme sociali. La piattaforma più utilizzata è Instagram, seguita da Facebook e TikTok. In particolare, Instagram appare come il social più ricco di contenuti relativi alla prevenzione delle malattie della pelle. “Dai nostri dati – conclude Anna Belloni Fortina – si conferma l’importanza dell’uso consapevole e informato dei social media per promuovere la salute, evidenziando il potenziale di queste piattaforme per educare il pubblico sull’importanza della prevenzione”.
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