Sono i risultati di una ricerca innovativa frutto della collaborazione tra dermatologi e oculisti del Gemelli, pubblicata su Experimental Dermatology. Una visita oculista prima del trattamento con anticorpo monoclonale anti-interleuchina 4 e 13 può individuare i pazienti a rischio di eventi avversi e indirizzarli verso altri trattamenti
Usare le lacrime come una sfera di cristallo per prevedere la comparsa di eventi indesiderati al trattamento della dermatite atopica (malattia infiammatoria cronica della pelle che si presenta con prurito e diverse manifestazioni cutanee).
È l’ipotesi sperimentale, confermata dai risultati di un gruppo collaborativo di dermatologi e oculisti di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Università Cattolica, campus di Roma. Lo studio, pubblicato su Experimental Dermatology (primo nome Andrea Chiricozzi, senior author Ketty Peris), ha analizzato la presenza di citochine e chemochine (molecole infiammatorie) nelle lacrime dei pazienti affetti da dermatite atopica di grado moderato-severo, trattati con dupilumab, un anticorpo monoclonale anti-interleuchina 4 e 13, utilizzato in patologie allergiche quali la dermatite atopica, l’asma e la poliposi nasale.
Nei pazienti con dermatite atopica moderato-severa il trattamento con dupilumab migliora in maniera significativa il quadro clinico e la qualità di vita dei pazienti, ma può dare effetti indesiderati nel 20% circa dei casi.
Obiettivo della ricerca era l’identificazione di biomarcatori e di fattori clinici in grado di predire la comparsa di eventi indesiderati oculari – congiuntivite, blefarite, cheratite puntata superficiale e ‘occhio secco’ – nei soggetti trattati con questa terapia biologica. A questo scopo, i 39 pazienti arruolati nello studio, sono stati sottoposti a valutazione oculistica e dermatologica prima della somministrazione del farmaco (T0), dopo 16 settimane (T16) e al momento della comparsa di un evento oculare indesiderato (T1). Tra i test funzionali utilizzati nella valutazione oculistica, il break-up time, che valuta la stabilità del film lacrimale, si è rivelato un valido test, predittivo per lo sviluppo di disturbi oculari.
«Abbiamo infatti rilevato – spiega il professor Andrea Chiricozzi, UOC di Dermatologia di Policlinico Gemelli IRCCS e Associato di Dermatologia all’Università Cattolica – bassi valori di break-up time al basale nei pazienti che sviluppavano in corso di trattamento i disturbi oculari. Questo test si è quindi dimostrato un valido supporto nel predire gli eventi avversi oculari che possono eventualmente insorgere in corso di terapia con dupilumab».
Un’approfondita analisi del contenuto di citochine e chemochine nelle lacrime è stata effettuata ai tempi T0 e T1. L’analisi effettuata prima della somministrazione del farmaco ha rivelato una concentrazione significativamente più elevata di molecole dell’infiammazione rispetto ai soggetti normali, mentre la comparsa di eventi indesiderati oculari in corso di terapia con dupilumab è risultata associata a un significativo aumento dell’interleuchina 33 nelle lacrime e a una riduzione importante del tempo di rottura del film lacrimale (una misura della produzione delle lacrime da parte delle ghiandole lacrimali e della distribuzione delle stesse sulla superficie dell’occhio).
«L’insorgenza degli eventi avversi oculari in corso di trattamento con dupilumab – afferma la professoressa Ketty Peris, Direttore UOC di Dermatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e Ordinario di Dermatologia all’Università Cattolica, campus di Roma – sono di grande interesse scientifico e questo studio descrive un aspetto, quello dei livelli lacrimali di mediatori infiammatori, finora inesplorato».
In particolare, un basso tempo di rottura del film lacrimale e un’elevata concentrazione di IL-33 nelle lacrime sono in grado di predire la comparsa di eventi indesiderati. I risultati di questo studio suggeriscono dunque che una valutazione oculistica pre-trattamento potrebbe aiutare a individuare i pazienti predisposti allo sviluppo di eventi indesiderati oculari e che potrebbero dunque beneficiare di altre tipologie di trattamento per la dermatite atopica.
«Questo lavoro – conclude la professoressa Peris – sottolinea l’importanza di un approccio multidisciplinare da considerare nei pazienti affetti da dermatite atopica, per un’ottimizzazione della gestione sia della malattia che delle terapie».