L’Italia è il primo paese al mondo ad aver istituito uno screening del diabete di tipo 1 che come prima e importante conseguenza positiva consentirà di prevenire la chetoacidosi. Oggi infatti il 40% delle diagnosi di diabete di tipo 1 avviene in ritardo a seguito di un esordio drammatico, Senza contare che, quando la malattia ha un esordio precoce, prima dei 10 anni di età, si possono arrivare a perdere ben 16 anni di aspettativa di vita. Questi sono i messaggi lanciati da Valentino Cherubini, presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siedp) che lancia un appello in occasione della Giornata Mondiale del Diabete che si celebra domani
La pandemia è alle spalle ma l’emergenza diabete resta soprattutto tra bimbi e ragazzi, e l’Italia fa scuola di prevenzione. È infatti il primo paese al mondo ad aver istituito uno screening del diabete di tipo 1, grazie alla recente all’approvazione della legge 130/2023, che come prima e importante conseguenza positiva consentirà di prevenire la chetoacidosi. Oggi infatti il 40% delle diagnosi di diabete di tipo 1 avviene in ritardo a seguito di un esordio drammatico in cui la malattia si manifesta con uno squilibrio metabolico che può lasciare danni permanenti. Senza contare che, quando la malattia ha un esordio precoce, prima dei 10 anni di età, si possono arrivare a perdere ben 16 anni di aspettativa di vita. Questi sono i messaggi lanciati da Valentino Cherubini, presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siedp) che lancia un appello in occasione della Giornata Mondiale del Diabete che si celebra domani.
“E’ dunque urgente e necessario che vengano emanati al più presto i decreti attuativi della legge per individuare i bambini e i ragazzi ad alto rischio, prima che si arrivi a uno scompenso che può mettere in pericolo perfino la vita”, dichiara Cherubini. “Se la malattia ha un insorgenza precoce e compare nei bimbi al di sotto dei 10 anni d’età, causa una perdita di 16 anni di aspettativa di vita. Tuttavia, se diagnosticata in tempo, curata e ben controllata da adulti – continua – l’aspettativa di vita è la stessa della popolazione senza diabete. Una volta individuati i piccoli pazienti con un’elevata probabilità di sviluppare il diabete di tipo 1, i genitori dovranno essere informati dei sintomi a cui fare attenzione e prevedere monitoraggi ravvicinati della glicemia. Un ruolo fondamentale di educazione e prevenzione che dovrà essere svolto dagli endocrinologi pediatrici a cui spetterà di seguire non soltanto i bimbi e i ragazzi che ricevono la diagnosi, ma anche tutti coloro che dovranno essere seguiti e monitorati prima dello sviluppo del diabete”.
Lo screening, consentendo di identificare i soggetti a rischio, è anche l’unico modo per poter usare in futuro nuove terapie come teplizumab, che permette di ritardare di 2-3 anni la comparsa del diabete di tipo 1 proprio in questi soggetti e al momento è autorizzato solo negli USA. Tutto questo è ancora più importante tenendo conto che l’incidenza di diabete di tipo 1 è in crescita dopo la pandemia di Covid-19: prima del 2020 l’incremento nelle diagnosi era del 2-4% ogni due anni, fra il 2019 e il 2021 questo numero è decuplicato e arrivato al 27%.
“Si è dimostrato che è in crescita fra i giovanissimi anche il diabete di tipo 2, una malattia su base metabolica che fino a qualche tempo fa era tipica dell’età adulta o avanzata”, sottolinea Cherubini. “In questo caso a causa di sovrappeso, obesità, stili di vita scorretti si ha un aumento della resistenza all’insulina e quindi della glicemia: i dati del registro mondiale SWEET – prosegue – hanno dimostrato che negli ultimi 10 anni la frequenza di nuove diagnosi negli under 20 è aumentata del 9% ogni due anni. Stiamo perciò andando incontro a un’epidemia di diabete tipo 2 anche fra i giovanissimi ed è indispensabile che gli endocrinologi pediatri, in prima linea per fronteggiare una simile emergenza, facciano informazione, educazione e prevenzione per arginare questo fenomeno”, conclude l’esperto.
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