Sono oltre 530 milioni gli adulti che soffrono di diabete nel mondo. Un numero che ha subito un incremento ininterrotto negli ultimi anni, destinato ad aumentare ulteriormente: si stima, infatti, che nel 2030 i diabetici arriveranno a quota 640 milioni. In Europa la malattia colpisce circa 60 milioni di adulti. A crescere è soprattutto il diabete tipo 2: nove diabetici su 10 sono affetti da questa forma della patologia, fortemente legata a sovrappeso ed obesità, nonché a stili vita scorretti, primi fra tutti la sedentarietà e il consumo di cibi processati. Gli italiani affetti da diabete tipo 2 sono quasi quattro milioni, pari a circa il 6% della popolazione. Un valore che, con estrema probabilità, è del tutto sottostimato. Secondo gli esperti ci sarebbe un altro milione e mezzo di persone che, pur essendo già affetto dalla malattia, non lo sa, poiché non ha ancora ricevuto una diagnosi. Gli italiani affetti da diabete di tipo 1 sono, invece, circa 300mila, lo 0,5% della popolazione totale. La realtà è stata fotografata attraverso i dati sul diabete mellito disponibili a livello internazionale e nazionale ed a quelli dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) sul monitoraggio del consumo dei farmaci per il diabete, contenuti nella Relazione al Parlamento 2023 sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni sulla malattia, inviata al Parlamento il 17 settembre scorso e appena pubblicata sul sito del ministero della Salute.
“Il diabete mellito – si ricorda nella Relazione – è una patologia cronica ed evolutiva, caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia). Una patologia rilevante soprattutto per le numerose complicanze micro e macrovascolari a cui le persone vanno incontro. Fra le complicanze microvascolari, la retinopatia diabetica rappresenta la maggiore causa di cecità fra gli adulti e la nefropatia diabetica è la principale causa di insufficienza renale cronica e dialisi. Le persone affette da diabete presentano, inoltre, un rischio più elevato di complicanze macrovascolari (malattie cerebro e cardio-vascolari) rispetto alla popolazione non affetta. Gli obiettivi mondiali ‘Oms Diabete 2030 – si legge ancora nella Relazione – prevedono che l’80% delle persone che vivono con il diabete riceva la diagnosi, che l’80% ottenga un buon controllo della glicemia e abbia un buon controllo della pressione arteriosa e che il 60% delle persone con diabete di età pari o superiore a 40 anni riceva statine e che il 100% delle persone con diabete di tipo 1 abbia accesso a insulina e dispositivi per automonitoraggio del glucosio a prezzi accessibili. Per raggiungere questi obiettivi è necessaria la partecipazione attiva di tutti i governi con azioni che accelerino le politiche di intervento”.
Nel corso degli anni, l’Italia ha intrapreso numerose attività per prevenire e ridurre l’impatto del diabete, sia come patologia a sé stante, sia per le correlazioni con altre patologie croniche, con particolare riguardo a quelle derivanti da stili di vita non salutari. Già dal 1987, con la legge n. 115 sono stati istituiti i Servizi di Diabetologia (SD) rivolgendo particolare attenzione alle tematiche della prevenzione, della diagnosi precoce, della prevenzione delle complicanze e dell’inserimento nelle attività scolastiche, sportive e lavorative delle persone con diabete. Grazie a questa norma, in Italia è presente una rete di SD unica al mondo per organizzazione e capillarità di diffusione su tutto il territorio nazionale con 650 punti di erogazione specialistica (centri e ambulatori di diabetologia), 350 centri diabetologici con team multiprofessionale e 300 ambulatori con diabetologo singolo.
Ma, si suggerisce, “nonostante le numerose azioni messe in campo nel tempo, occorre continuare ad agire sia per la prevenzione, investendo ulteriormente in programmi e azioni di promozione della salute e agendo sui determinanti ambientali oltre che comportamentali della malattia, sia per un’adeguata gestione della malattia diabetica e delle sue complicanze. Nuove prospettive per una diagnosi precoce e nuove opzioni terapeutiche e aggiornate tecnologie di monitoraggio della malattia possono contribuire a migliorare e consolidare i risultati in termini di salute nel medio e lungo termine”. La Relazione punta, dunque, i riflettori in particolare sugli approcci terapeutici e alle azioni messe in atto sia nella prevenzione, sia nella gestione della patologia, anche per quanto concerne il diabete di tipo 1, una delle più comuni malattie infantili croniche.