La gestione del diabete in ambito oncologico è complessa. È necessaria un’educazione del paziente e dei caregiver e una presa in carico multidisciplinare. L’intervista al Presidente dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME) Franco Grimaldi
Diabete e cancro si influenzano reciprocamente: il diabete mellito, infatti, è uno dei fattori di rischio per alcuni tipi di tumore, mentre le terapie oncologiche possono provocare o peggiorare i valori glicemici. Nell’intervista a Sanità Informazione il presidente dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME) Franco Grimaldi ha evidenziato qual è la gestione corretta del paziente diabetico in oncologia; nell’ambito delle terapie oncologiche per i pazienti con cancro che hanno il diabete, infatti, bisogna considerare l’impatto dei farmaci sulla malattia. È per questo motivo che l’autocontrollo glicemico è essenziale; un grande aiuto in questo senso arriva dalla tecnologia che permette un monitoraggio continuo.
«Il diabete – spiega il presidente Ame a Sanità Informazione – è responsabile di un aumentato rischio di insorgenza di neoplasie e ha un effetto sfavorevole sulla loro prognosi. Sono diversi i fattori di rischio che condividono diabete e cancro: età avanzata, dieta, obesità, sedentarietà, stile di vita, fumo di sigaretta. Anche l’obesità e l’insulino-resistenza si associano a un incremento del rischio neoplastico».
È importante precisare che le persone con diabete «non solo si ammalano di più di cancro, ma che la malattia spesso ha un’evoluzione più sfavorevole. La prognosi più infausta, infatti, è legata al fatto che questi pazienti possono presentare complicanze della malattia» aggiunge il presidente. Grimaldi approfondisce anche un altro aspetto importante, quello nutrizionale. «Spesso le terapie oncologiche causano calo ponderale – continua – debilitano il paziente fino all’incapacità di alimentarsi a sufficienza e in presenza di diabete il rischio maggiore riguarda l’ipoglicemia».
«Un problema di non poco conto è poi causato dagli scompensi glicemici in corso di terapia steroidea – sottolinea Grimaldi – tra i farmaci maggiormente utilizzati in oncologia ci sono i cortisonici, impiegati nella preparazione all’infusione dei chemioterapici». Tra gli effetti collaterali c’è l’iperglicemia: spesso causa di diabete di nuova insorgenza o di un peggioramento glicemico nel diabete già noto. «Queste iperglicemie riguardano soprattutto il periodo post-prandiale e sono difficilmente controllabili con antidiabetici orali, è necessario perciò ricorrere all’insulina «il farmaco più maneggevole con proprietà anabolizzanti, adattabile a seconda della capacità di alimentarsi del paziente» evidenzia Grimaldi.
L’inizio di una terapia insulinica richiede impegno e collaborazione da parte del paziente e genera paura, frustrazione, ansia. Per questo, è fondamentale «la presenza di un team e di infermieri dedicati – chiarisce il presidente – una corretta presa in carico da parte di tutte le figure professionali e la collaborazione con l’oncologo ed il lavoro in team multi disciplinare».
Un altro aspetto di grande importanza per il paziente diabetico in trattamento oncologico è l’aspetto dell’autocontrollo glicemico; deve poter controllare le glicemie, particolarmente nelle giornate della chemioterapia e nelle successive per ridurre al minimo il rischio di iper ed ipoglicemie. La tecnologia viene in aiuto «grazie all’utilizzo del monitoraggio glicemico continuo – spiega Grimaldi – si tratta di piccoli sensori e apparecchietti minimamente invasivi che consentono di misurare e visualizzare la glicemia ad intervalli fissi, settimanali o mensili, di giorno e di notte, fornendo informazioni sui livelli glicemici attuali e pregressi. Questi strumenti – prosegue – mostrano la tendenza dei valori della glicemia e a volte forniscono allarmi in caso di superamento di soglia per ipo o per iperglicemia. C’è anche la possibilità di utilizzare i microinfusori, dispositivi che permettono di somministrare in continuazione un livello basale di glicemia anche durante i pasti, in modo che ci sia un incremento della dose. Questi sistemi, però – conclude il presidente Grimaldi – hanno importanti costi e non sono sempre rimborsabili per tutti i pazienti, dipende dalla regione di residenza che segue le normative locali».
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