Intervista al professor Stefano del Prato, presidente della European Association for the Study of Diabetes: «La vita dei pazienti diabetici e la gestione della patologia cambieranno in maniera drastica»
Tecnologia, telematica e intelligenza artificiale: sarebbero questi i pilastri che useremmo se dovessimo descrivere la strada tracciata per i pazienti che soffrono di diabete, sia di tipo 1 che di tipo 2. Ne è convinto Stefano del Prato, presidente della European Association for the Study of Diabetes e direttore dell’unità Operativa di Malattie del Metabolismo e Diabetologia dell’Università di Pisa, che commenta a Sanità Informazione le ultime prospettive nella cura e nella ricerca al termine della settimana che ha visto l’importante appuntamento dell’Italian Barometer Diabetes Forum.
«Ovviamente è cruciale distinguere il diabete 1 dal diabete 2 – spiega Del Prato -. Per i pazienti affetti dal primo tipo di patologia l’attesa principale è quella di un progressivo sganciamento dalla terapia insulinica. Le azioni che sono in discussione sul fronte della ricerca sono di diverso genere. Si va da terapie che somigliano alle vaccinazioni a soluzioni più tecnologiche, come i cosiddetti pancreas artificiali che vanno via via miniaturizzandosi e guadagnando in efficienza e precisione».
«Il diabete di tipo 2 – continua il docente – è una malattia molto più complessa ed è associata a rischi altrettanto più complessi. Le linee di ricerca si concentrano sui temi del controllo glicemico e a fianco ad essi sulle prospettive che potranno fornire una serie di altri vantaggi differenziali. In generale per tutti i pazienti, e i diabetici non fanno eccezione, la frontiera è quella della medicina di precisione: un sistema che individui i migliori interventi terapeutici declinati sul singolo, per capire quale possano essere la strategia di cura e i tempi migliori per intervenire. Un ragionamento in questi termini si può applicare sia alla cura del diabete di tipo 2 sia, anche e soprattutto, alla prevenzione di questa patologia».
Sono ormai in tanti a sottolinearlo: la sanità all’indomani dell’emergenza coronavirus cambierà. Probabilmente saranno dati per acquisiti quei cambiamenti che erano già possibili in potenza da qualche anno, ma che la fase emergenziale ha visto introdurre a ritmi d’urgenza, spesso disordinati e che ora vanno messi a sistema. La presa in carico del paziente diabetico, spiega del Prato, non sfuggirà a questa tendenza: «I sistemi di telemedicina erano da anni noti, a disposizione, ma certamente li avevamo sottovalutati, forse per inerzia. L’uso della telematica permette di seguire un paziente al meglio nel tempo, di parametrarsi sulle sue esigenze, di inserire il percorso di cura all’interno di un sistema di profilazione e di intelligenza artificiale: questo consente sia di valutare la progressione della patologia a posteriori, sia di intervenire con proattività e in anticipo. Grazie alle tecnologie possiamo verificare quel che sta avvenendo nel cammino di cura del paziente e, attraverso un sistema di flagging, ovvero di allerta automatica, capire se e quanto la sua condizione sta peggiorando»
In breve, conclude il professor del Prato, «la vita del paziente con diabete cambierà in maniera drastica così come cambierà la gestione della sua patologia. La medicina di precisione ci porterà a raccogliere una quantità enorme di informazioni sul paziente e sulla sua vita quotidiana: potremo ridisegnare da capo la mappatura della patologia diabetica, migliorare le nostre capacità diagnostiche e quelle terapeutiche. Lo sbarco in medicina dei big data cambierà tutto il sistema del nostro approccio alle cure e certo non si può pensare che questa rivoluzione venga gestita nel piccolo ambulatorio sotto casa. Servirà una riflessione di sistema che dovrà coinvolgere necessariamente anche il sistema delle strutture sanitarie».
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