I dati della relazione annuale: le persone diabetiche aumentate di oltre un milione dal 2000, mortalità quadruplicata per i ‘diabesi’. Due terzi dei diabetici risiede nelle grandi città, più colpiti gruppi sociali con scarse risorse economiche e basso titolo di studio
In Italia, secondo i dati Istat del 2016, le persone con diabete sono circa 3 milioni e duecentomila, ben il 5,6% della popolazione, oltre un milione in più dal 2000 ad oggi. Tra le persone affette da questa patologia, due milioni sono obesi. Un’associazione, quella tra obesità e diabete, che è molto più alta nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del Nord. Sul diabete valori più alti della media Italiana si registrano in Calabria, Basilicata, Sicilia, Campania, Puglia, Abruzzo, ma anche in alcune regioni del centro come il Lazio; quelli più bassi nelle province autonome di Trento e Bolzano e Liguria. Anche per la mortalità la geografia resta simile, con una maggiore penalizzazione del Mezzogiorno, soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia. Le persone obese e con diabete hanno un rischio di mortalità a 10 anni quadruplicato rispetto a una persona che ha la patologia ma è di peso normale. I dati sono quelli dell’undicesima edizione dell’Italian Diabetes & Obesity Barometer Report, realizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, presieduta dal rettore emerito di Tor Vergata Renato Lauro. Tra i relatori Roberto Pella, deputato e vicepresidente vicario Anci, Giorgio Alleva, Presidente Istat, Paola Pisanti, Presidente Comitato Nazionale Diabete del Ministero della Salute, Giuseppe Novelli, Rettore dell’Università di Tor Vergata, Domenico Cucinotta, Coordinatore dell’Italian Diabetes & Obesity Barometer Report, Domenico Mannino, Presidente Associazione Medici Diabetologi.
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«È una pandemia – sottolinea Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. È dappertutto. In tutto il mondo, persino nei paesi in via di sviluppo che un tempo noi pensavamo in ritardo in senso positivo rispetto a questa patologia, anche loro oggi soffrono un carico di malattia che è contemporaneamente cronico e acuto per le malattie infettive. Noi abbiamo delle regioni del Sud che hanno dei carichi di malattia veramente importanti. Sappiamo che c’è una correlazione forte tra diabete e obesità e le patologie future. Sappiamo anche un’altra cosa, che è possibile prevenirla. Le persone non possono essere lasciate da sole. Spesso le persone che sanno che mangiare troppo e male e non fare attività fisica è qualcosa di negativo per la propria salute non cambiano i propri stili di vita. Dobbiamo cercare di mettere in moto un meccanismo virtuoso per rendere loro queste scelte quanto più facili possibili».
Dal Rapporto emerge che l’obesità è uno dei fattori di rischio principali per il diabete, motivo per cui si parla anche di lotta alla diabesità. Si stima infatti che il 44% dei casi di diabete tipo 2 siano attribuibili all’obesità/sovrappeso e in particolare tra i 45-64enni la percentuale di persone obese che soffrono di diabete è del 28,9 % per gli uomini e del 32,8 % per le donne. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la diffusione del diabete di tipo 2 è quasi raddoppiata negli ultimi trent’anni, così come la mortalità legata alla malattia o alle complicazioni. Le previsioni dicono che, entro il 2030, rappresenterà in Europa la quarta causa di morte, contribuendo così alla mortalità della popolazione più di quanto non facciano collettivamente Aids, malaria e tubercolosi.
Tanti i dati emersi al convegno ce ne sono molti su cui riflettere. Uno è quello sull’associazione tra vita nelle grandi città e insorgenza del diabete: nel mondo due terzi delle persone affette da diabete vivono nelle grandi città. «L’urban diabetes è un problema emergente di sanità pubblica – spiega Andrea Lenzi, Presidente del Comitato per la Biosicurezza, le Biotecnologie e la Qualità di Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute – In Italia il 36% della popolazione, di cui circa 1,2 milioni con diabete, risiede nelle 14 città metropolitane. I cambiamenti demografici in corso, che includono l’urbanizzazione, il peggioramento degli stili di vita, l’invecchiamento della popolazione e l’isolamento sociale si riflettono in una crescita costante della prevalenza di diabete». Un altro dato molto interessante è quello secondo cui i gruppi sociali più colpiti dal diabete sono quelli con basso titolo di studio o risorse economiche scarse e insufficienti. Ad esempio le donne diabetiche con 65 anni o oltre con la laurea sono il 3,4%, mentre per le coetanee con al massimo la licenza media la prevalenza raggiunge il 17,3%. Positivo invece il dato sulla deospedalizzazione: negli ultimi quindici anni i ricoveri per diabete sono diminuiti di quasi due terzi
«Le istituzioni possono fare molto, in primis devono andare incontro ai cittadini – afferma ancora Ricciardi – Oggi non è più sufficiente aspettare la persona malata. Bisogna cercare di intervenire per evitare che si ammali o per evitare che si aggravi la propria malattia. Questo lo si fa attraverso strategie di comunicazione, educazione e coinvolgimento dei cittadini che non sono facili perché le istituzioni non sono abituate a comunicare con un linguaggio comprensibile e attivare delle azioni nei confronti dei cittadini. L’Istituto Superiore di Sanità sta facendo un grosso sforzo da questo punto di vista con il portale dedicato ai cittadini che si chiama www.issalute.it e devo dire che sta avendo migliaia di contatti al giorno. Ma non è sufficiente, questo è solo l’inizio, si deve fare di più. Oggi ci sono cinque condizioni che assorbono il 60% delle risorse del nostro Servizio sanitario nazionale e tra queste c’è il diabete. Oltre ai costi umani c’è un costo economico. Le medicine, i ricoveri, le terapie sono tutte cose che costano e che possono essere evitate».