«Serve approccio globale. È importante la conoscenza e la condivisione con il medico curante e il coinvolgimento con le associazioni di pazienti» così la diabetologa e presidente IBDO Foundation, Simona Frontoni, in occasione del 12° Italian Diabets Barometer Forum
Definito dall’Oms ‘epidemia globale’, il diabete, in particolare quello di tipo 2, colpisce 425 milioni di persone nel mondo, circa 1 abitante su 10, con una previsione di crescita del +45% entro il 2045.
Sono necessari adeguati approcci terapeutici e giusta gestione della patologia, che includa l’adozione di un corretto stile di vita. Ma come è cambiato nel tempo l’approccio alla cura diabetica? Risponde ai nostri microfoni Simona Frontoni, diabetologa e presidente IBDO Foundation, in occasione del 12° Italian Diabets Barometer Forum.
«L’approccio al diabete non può più essere solo appannaggio del diabetologo ma deve essere invece un approccio globale, che tenga conto di diverse cose, prima di tutto delle caratteristiche di fondo del paziente, del suo stile di vita, facendo però attenzione a una serie di attività che sono importanti: alimentazione corretta, attività fisica e un’adeguata gestione della terapia, che oggi può avvalersi anche della tecnologia a suo supporto».
Fondamentale il rapporto con il medico curante, che deve saper informare e seguire il paziente nel tempo. “Occorrono conoscenza e condivisione della terapia e degli obiettivi con il medico curante – ha specificato Frontoni – e poi è importante il coinvolgimento di tanti altri attori come, ad esempio, le associazioni di pazienti. Anche le autorità e le istituzioni possono fare molto per il sostegno al paziente”.
Un ostacolo all’adozione di stili di vita corretti è però rappresentato dalle città, e in particolare alcune, che non offrono le condizioni ideali per far sì che tutte le importanti raccomandazioni e indicazioni possano essere seguite al meglio. Ma come potrebbero migliorare le città? “Il problema – ha commentato Frontoni – è che nelle città molto spesso è indispensabile muoversi in auto, i mezzi di trasporto sono scarsi e non c’è abbastanza cura del verde. Io credo che si dovrebbe prima di tutto valorizzare l’esistente, ci sono ad esempio una serie di percorsi raccolti da Health City dove si può praticare attività fisica, poi si dovrebbe lavorare per altri obiettivi, come avere piste ciclabili che consentano l’uso della bicicletta per gli spostamenti ma anche avere posti sicuri per camminare a piedi senza essere investiti. Sono obiettivi difficili, in particolare per alcune città, ma che si può certamente migliorare”.