Salute 9 Luglio 2024 11:01

Dieta, in un microrganismo intestinale la chiave del buon esito

Se una dieta dimagrante su un individuo ha l'effetto desiderato e su un altro no, dipende anche da Blastocysti, un non-batterio che gioca un ruolo chiave nel rapporto fra dieta e salute
di I.F.
Dieta, in un microrganismo intestinale la chiave del buon esito

Si chiama Blastocystis ed abita nell’intestino. Se in passato veniva considerato un “parassita indesiderato”, ora viene definito un non-batterio che gioca un ruolo chiave nel rapporto fra dieta e salute. In altre parole, se una dieta dimagrante su un individuo ha l’effetto desiderato e su un altro no, dipende anche da lui, Blastocystis. Dalla sua presenza dipende pure quanto un soggetto risulti più o meno predisposto a sviluppare malattie intestinali e cardiometaboliche. Queste sono le principali conclusioni descritte in uno studio pubblicato su ‘Cell‘, condotto da un gruppo di ricerca dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e dell’università di Trento. Al lavoro, coordinato da Nicola Segata, professore ordinario del Dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata (Cibio) dell’università di Trento e principal investigator presso il Laboratorio di metagenomica computazionale dell’Ieo, e da Francesco Asnicar, ricercatore del Cibio, hanno collaborato altri team italiani dell’università di Napoli Federico II e dell’università degli Studi di Sassari, e diversi gruppi internazionali, in particolare del King’s College di Londra in Gb e di Harvard a Boston, Usa.

Il ruolo di Blastocystis

Gli autori hanno raccolto e analizzato 56.989 campioni di microbiota intestinale di persone di 32 nazioni, per analizzare come la presenza di Blastocystis è associata a dieta e salute. Blastocystis, microrganismo eucariote del microbiota intestinale, era già noto al team di Segata. In una ricerca precedente su circa mille persone, l’équipe aveva infatti notato che i soggetti con Blastocystis mostravano risposte glicemiche più favorevoli, cioè un minor rialzo dell’indice glicemico a fronte dell’assunzione di zuccheri. Il nuovo studio è andato oltre, mostrando che la prevalenza di Blastocystis è legata alla geografia, allo stile di vita e alle abitudini alimentari, e che la sua presenza corrisponde a un minore indice di massa corporea e a una minore probabilità di malattie cardiometaboliche.

Blastocystis è più prevalente e abbondante in persone normopeso

“Con questo lavoro – afferma Elisa Piperni, dottoranda Semm (Scuola europea di medicina molecolare), ricercatrice presso il gruppo di Segata in Ieo e prima firma dell’articolo – abbiamo mostrato che Blastocystis è più prevalente e abbondante in persone normopeso rispetto a persone obese, in soggetti sani rispetto a soggetti con malattie intestinali o sistemiche, in chi consuma più frequentemente cibi ricchi di fibre e poco processati, e in soggetti con parametri del sangue indicativi di salute cardiometabolica, rispetto a valori associati a stati di infiammazione, alta colesterolemia e glicemia o ipertensione. Oggi sappiamo che il microbiota svolge un ruolo fondamentale nella nostra salute e che la sua composizione è legata alla dieta, tuttavia i microrganismi e meccanismi responsabili di questo legame sono solo parzialmente conosciuti. In particolare, il ruolo della componente non-batterica del microbiota, e più specificamente di eucarioti unicellulari di cui Blastocystis fa parte, è stato trascurato in passato. Blastocystis si considerava un parassita indesiderato. Invece noi mostriamo che è un indicatore di salute che contribuisce a spiegare perché ognuno di noi ha una risposta individuale alla dieta”.

Il supporto dell’Intelligenza Artificiale

“Con questo studio – commentano Segata e Asnicar – abbiamo aperto un nuovo promettente filone di ricerca sugli eucarioti presenti nel microbiota umano, che abbiamo solo iniziato a scalfire in superficie investigando il ruolo di Blastocystis. Ora dobbiamo scoprire come questo microrganismo svolga una funzione positiva. La nostra ricerca si è avvalsa della metagenomica, strumento biotecnologico ad alta risoluzione che permette di studiare tutto il Dna di una comunità microbica, e di metodi computazionali e di intelligenza artificiale che consentono di individuare associazioni tra caratteristiche del microbiota e caratteristiche degli individui. Tuttavia saranno necessari esperimenti specifici in vitro per capire come Blastocystis agisce sul nostro corpo. L’indicazione importante che emerge è che se vogliamo davvero attingere all’enorme tesoro di informazioni del microbiota, e soprattutto capirne l’impatto sulla nostra salute, le analisi future dovranno concentrarsi non solo sui batteri, ma anche su eucarioti, funghi e virus. Una maggior comprensione di tutti i componenti del microbiota – conclude – ci permetterà in futuro di sfruttarli per sviluppare terapie di medicina e nutrizione di precisione”.

 

 

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