Convegno a Roma per fare il punto sull’articolo 32 della Costituzione. Tra i relatori Filippo Anelli (FNOMCeO) e l’ex ministro Beatrice Lorenzin. Il leader Cisl medici: «Sarà occasione per ribadire che il finanziamento alla sanità è sottostimato. Mancato rinnovo contratto è una vergogna»
Il Servizio sanitario nazionale è considerato in modo unanime una delle grandi conquiste del nostro Paese. Una diretta conseguenza di quanto stabilito dall’Articolo 32 della Costituzione che stabilisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Ma oggi, dopo 40 anni dalla legge 833 del 1978, l’universalismo della sanità italiana è sempre più in pericolo. Di questo e di altri temi si parlerà mercoledì 8 maggio a Roma a Palazzo San Macuto a un convegno dal titolo “Articolo 32” organizzato dalla Simedet, Società italiana di Medicina Diagnostica e terapeutica, e dalla Cisl medici.
«Parleremo dell’universalismo della sanità e della nostra idea di sanità pubblica che dev’essere una difesa del cittadino, gratuita per tutti – sottolinea a Sanità Informazione il segretario Cisl Medici Biagio Papotto – Il convegno sarà un’occasione per ribadire che il finanziamento alla sanità è sottostimato, portarlo al 6,4% del nostro PIL significa arrivare a un punto di non ritorno della sanità pubblica. L’OMS ci dice che scendendo al di sotto di 6,5% diventa pericoloso per la gestione della sanità e quindi noi abbiamo serie preoccupazioni da questo punto di vista».
Tra i relatori ci sarà il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Filippo Anelli, Marialucia Lorefice Presidente Commissione Affari Sociali della Camera, l’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin e l’igienista di fama mondiale Gaetano Maria Fara che effettuerà una panoramica completa dello status quo del nostro Sistema Sanitario. Insieme a Papotto, a presiedere l’evento ci sarà il presidente della Simedet Fernando Capuano.
Segretario, uno dei temi del convegno sarà anche il regionalismo differenziato. Qual è la vostra posizione in merito?
«Noi siamo contro il regionalismo differenziato perché questo tende ad acuire le differenze tra regione e regione: l’autonomia totale sulla sanità, sulla gestione del personale, sui contratti diventa una cosa molto pericolosa. Già siamo con 21 sistemi sanitari regionali autonomi dove c’è enorme discrasia, enorme differenza nell’utilizzazione dei Lea. Alcuni cittadini non hanno certezza di Lea».
Cosa ne pensa delle regioni che assumono medici dall’estero e richiamano quelli in pensione?
«La pezza è peggiore del buco. Noi sosteniamo che si deve fare una programmazione seria per quel che riguarda le borse di specializzazioni. Pensiamo che siano necessarie non meno di 11mila borse annue per poter garantire la certezza di avere specialisti e poi siamo contro le assunzioni dei pensionati perché i pensionati si debbono godere la propria pensione. Ma lo stesso criterio di incompatibilità deve valere anche per il privato accreditato perché non gestisce soldi propri ma soldi pubblici: il rischio è che diventi concorrenza sleale. Se tutto il privato accreditato lavora con i pensionati a partita IVA diventa una concorrenza sleale e mi meraviglia come Cantone non abbia preso posizione chiare e limpide. O le leggi valgono per tutti o non valgono. Quindi le incompatibilità che ci sono nel pubblico devono valere anche per il privato accreditato. I pensionati si godano la propria pensione, dobbiamo dare spazio a tanti giovani che sono disoccupati. Bisogna rivedere l’accesso alla facoltà di Medicina e perché no ampliarlo, tutti quelli che si laureano devono avere la possibilità in quell’anno di entrare in un corso di formazione e di specializzazione ma non per fare specializzazioni che non servono a nulla ma quelle che servono al fabbisogno reale dei territori».
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Intanto però il contratto della dirigenza medica non si riesce ancora a rinnovare…
«Questa è la vergogna dei governi precedenti e di quello attuale. Dopo 10 anni il contratto è fermo perché giocano al rimpallo MEF e regioni: nessuno si assume la responsabilità ma le leggi sono chiare. Il finanziamento del 3,48% di aumento c’è: come lo hanno dato a tutti gli altri dipendenti pubblici lo dovrebbero dare anche ai dirigenti medici e sanitari. Ma ancora una volta non riusciamo a capire perché è bloccato. È un gioco per smantellare il Sistema sanitario pubblico: la gente si stanca, se ne va e cominciano a chiudere gli ospedali pubblici trasferendo prestazioni sul privato. Secondo me è un progetto che è partito, e alla fine anche questo governo giallo-verde lo sta attuando nel migliore dei modi facendo sì che tanti medici se ne vadano. I medici se ne vanno perché non sono messi nelle condizioni di poter lavorare nel migliore dei modi».