Salute 19 Aprile 2023 13:32

Diritto all’oblio per ex pazienti oncologici: «Ecco come funzionerà la legge per banche, assicurazioni e lavoro»

INTERVISTA | Beretta (Fondazione AIOM): «Discriminazioni ingiuste e irragionevoli, anche su adozioni. Fare presto con approvazione ddl. Sul cancro serve cambio di paradigma culturale»
Diritto all’oblio per ex pazienti oncologici: «Ecco come funzionerà la legge per banche, assicurazioni e lavoro»

Discriminati, stigmatizzati, considerati “dead man/woman walking”: condannati a morte. Per gli ex pazienti oncologici, ormai guariti, una volta lasciatisi alle spalle l’incubo del cancro inizia un nuovo calvario: quello della burocrazia. Chi ha avuto il cancro è visto ancora come una scommessa a perdere per le banche, per le assicurazioni, per il mercato del lavoro. Nonostante la scienza (e le cartelle cliniche) dicano ben altro, l’ex paziente oncologico porta un marchio che gli rende difficile, quando non impossibile, investire concretamente sul proprio futuro.

Il diritto all’oblio in oncologia

Il diritto all’oblio in ambito oncologico è una conquista di civiltà che l’Italia, ad oggi, non ha ancora all’attivo. Ma l’auspicio è che sia solo questione di (poco) tempo: nei giorni scorsi il CNEL ha presentato una proposta di legge in materia, su impulso della Fondazione AIOM, costola di AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica) nata nel 2005 per avvicinare il mondo dell’oncologia ai pazienti e ai loro familiari. Proprio al presidente di Fondazione AIOM, Giordano Beretta, Sanità Informazione ha chiesto i dettagli di questa importante iniziativa.

La guarigione in ambito oncologico

«Innanzitutto – spiega Beretta – va affrontato il concetto di guarigione in ambito oncologico: in generale, è considerato guarito il paziente con una sopravvivenza a oltre 10 anni dal termine del trattamento senza segni di ripresa di malattia. Questo vale per il paziente che si è ammalato di cancro in età adulta. Chi invece si è ammalato prima dei 21 anni, è considerato guarito dopo i 5 anni dalla fine del trattamento senza ripresa di malattia. È una situazione che riguarda più di un milione di persone in Italia».

Le difficoltà burocratiche degli ex pazienti oncologici

«Succede che l’ex paziente oncologico – prosegue Beretta – magari anche molto giovane, si trovi ostacolato a compiere una serie di atti da cui dipende la costruzione della sua vita, del suo futuro: chiedere un finanziamento, un mutuo, stipulare un’assicurazione sulla vita. Per legge infatti, ad oggi, per concludere contratti di questo tipo bisogna dichiarare le proprie patologie pregresse. E dal momento che il pensiero dominante reputa l’ex paziente oncologico una persona destinata comunque a morire prima degli altri, questi si trova in difficoltà ad ottenere questi servizi, se non pagando premi e prezzi aggiuntivi e subendo, di fatto, una discriminazione. Il che – sottolinea – oltre che ingiusto, è profondamente irragionevole, dal momento che l’ex paziente oncologico, ormai guarito, ha un’aspettativa di vita in linea con quella di chi non si è mai imbattuto nel cancro».

Discriminazioni di fatto

«Ci sono poi altri due aspetti – osserva il presidente di Fondazione AIOM – anche più subdoli dal momento che, almeno sulla carta, non presentano reali impedimenti: l’inserimento al lavoro e l’adozione di figli. In questi ambiti non esiste nessuna norma che vieti all’ex paziente o al paziente oncologico di continuare la sua attività lavorativa, di avere promozioni di carriera, o di adottare un bambino. Tuttavia questi fattori entrano spesso nelle griglie di valutazione che assegnano una serie di punteggi, e che possono di fatto svantaggiare una persona che ha avuto il cancro rispetto a chi non l’ha mai avuto».

La proposta di legge sul diritto all’oblio

«La proposta di legge per cui ci siamo impegnati – spiega Beretta – e che è poi stata delineata dal CNEL, prevede il divieto di richiedere dati di questo tipo qualora siano trascorsi 10 anni dalla fine dei trattamenti in assenza di ripresa di malattia, oltre ad una modifica sulla legge che regola le adozioni, che consenta di non dover dichiarare, ferme restando le medesime condizioni, questa situazione pregressa. Oggi ci sono sei Stati che hanno già una norma di questo tipo sul diritto all’oblio in ambito oncologico: Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Portogallo e, dall’anno scorso, anche la Romania. La Commissione europea ha richiesto che tutti gli Stati membri adottino provvedimenti in tal senso entro il 2025: un altro buon motivo per fare presto».

Dal cancro si può guarire e la società deve prenderne atto

«Il concetto fondamentale – continua Beretta – è che l’ex paziente che ha ormai superato questo intervallo di tempo libero da malattia, e che quindi per la scienza è guarito, per la burocrazia è invece un “guarito malato”. E questo non è giusto. Ma è necessario un cambio di paradigma culturale: il cancro è sempre stato visto come la malattia inguaribile e incurabile per eccellenza. Oggi invece sappiamo che dal tumore si può guarire, se diagnosticato precocemente e trattato con terapie di comprovata efficacia e basate sull’evidenza scientifica, e questo cambia radicalmente la prospettiva delle cose». Una prospettiva che apre a considerazioni di più ampio respiro che, allo stato attuale, non possono essere ignorate: «Oltre alla guarigione, esistono casi di cronicizzazione della patologia oncologica, in cui i trattamenti danno sopravvivenze superiori ai 10 anni in presenza di malattia. Ebbene – conclude Beretta – chi di noi è certo di essere ancora vivo da qui a 10 anni, indipendentemente dal cancro?»

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