«La difficoltà di accesso all’ospedale non è un problema solo del paziente ma anche del medico» spiega il Direttore dell’Unità Spinale dell’Ospedale romano Andrea Alesini. «Si tratta innanzitutto di un problema culturale, istituzioni e politica lavorino per risolverlo» così Giuseppe Trieste, Presidente Fiaba Onlus
Strutture ospedaliere fuori dalla portata di disabile. È questa la denuncia della rete di associazioni che tutelano le persone vulnerabili per richiamare l’attenzione delle istituzioni. «È innegabile che il problema delle barriere architettoniche in ospedale indisponga il paziente con mobilità ridotta. Questo crea sin dall’inizio una frattura nel rapporto con il professionista sanitario» dichiara ai nostri microfoni Claudio Pilati, Direttore del reparto di Unità Spinale Unipolare dell’Ospedale CTO “Alesini” di Roma, intervenuto all’incontro sulla disabilità al Ministero della Salute ‘Rapporto tra medico e persona con lesione midollare’.
«La difficoltà di accesso all’ospedale non è un problema solo del paziente ma anche del medico e dell’operatore sanitario che dovranno cercare di colmare la difficoltà che la persona disabile incontrerà lungo il percorso – prosegue il dottor Pilati -. Questo crea un malessere nel paziente che si ripercuote inevitabilmente su chi lo prende in cura».
LEGGI ANCHE: LINGUAGGIO E DISABILITÀ, SPADARI (PRESIDENTE ODG LAZIO): «NECESSARIO SFORZO COMUNE PER COMBATTERE PREGIUDIZI»
La situazione descritta dal Dottor Pilati purtroppo coinvolge 2/3 degli ospedali italiani, una percentuale allarmante che dà la misura di quanto l’Italia sia, per molti aspetti, un Paese ostile per chi vive in una situazione di fragilità. «Quando una persona con disabilità si reca dal medico si crea, molto spesso, una situazione di ansia soprattutto da parte del professionista che, purtroppo, può succedere non sappia gestire la situazione». Poche ma incisive le parole di Giuseppe Trieste, Presidente di Fiaba Onlus, associazione senza scopo di lucro che da anni promuove l’eliminazione di tutte le barriere fisiche, culturali e psicologiche.
«Il problema è culturale – prosegue Triste -, basti pensare che nei bagni degli ospedali, come in altri ambienti aperti al pubblico, ci sono solo specchi ad altezza di persone normodotate. Chi si muove su una sedia a rotelle deve poter godere di una visibilità ampia e deve poter usufruire dei servizi igienici nel pieno delle possibilità. Dunque occorre che ci sia un dialogo fra le istituzioni per consentire alle persone disabili di vivere una vita normale. In questo senso è fondamentale anche la formazione del professionista sanitario».
«Occorre che medici e paramedici siano al passo con il cambiamento dei tempi – conclude il Presidente di Fiaba – e possano accogliere tutte le persone nella loro diversità perché deve essere la normalità poter godere tutti di una buona accoglienza quando ci si rivolge ad una struttura sanitaria».